Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13198 del 17/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 17/05/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 17/05/2021), n.13198

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1233/2020 proposto da:

D.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

BRIGANTI;dall’avvocato GIUSEPPE BRIGANTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ope legis in

ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso l’ordinanza n. 13869/2019 del TRIBUNALE di ANCONA, depositata

il 18/11/2019 R.G.N. 1102/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

che

1. con Decreto n. 13869/2019 il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso di D.M., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale aveva rigettato la sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e di forme complementari di protezione;

2. dal decreto impugnato si evince che il richiedente ha motivato l’allontanamento dal paese di origine con il timore di essere arrestato per avere investito in auto un guidatore di moto-taxi e narrato che nell’immediato si era rifugiato da una vicina per sfuggire alla furia dei colleghi della vittima;

2.1. il Tribunale ha ritenuto non attendibili le dichiarazioni del richiedente sia per la loro genericità (non erano stati circostanziati nomi, tempi e luogo dell’incidente), sia per non avere il ricorrente fatto alcuno sforzo per documentare la denunzia a suo carico o l’eventuale mandato di arresto nei suoi confronti, come pure possibile essendo egli rimasto in contatto con la madre residente nel paese di origine; relativamente al rischio di diniego di giustizia per il paventato pericolo di subire un periodo considerevole di detenzione dopo essere stato condannato sulla base di un processo asseritamente iniquo, il giudice di merito ha osservato che D.M. non aveva fornito alcuna giustificazioni onde dimostrare la fondatezza del rischio di un flagrante diniego di giustizia; non sussistevano inoltre i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato non appartenendo il D.M. ad uno specifico gruppo sociale che avrebbe potuto esporlo al rischio di persecuzioni per motivi di razza, credo politico, religioso ecc. e non essendo dato registrare in Senegal un deterioramento irreversibile degli strumenti

istituzionali di protezione delle minoranze; parimenti era da escludere il ricorrere di una delle ipotesi delineate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14; in particolare, con riferimento all’ipotesi di cui alla lett. c) dell’articolo citato, le fonti esaminate escludevano una situazione di violenza diffusa derivante da conflitto armato interno; la mera allegazione di condizioni di vita migliori nel paese di accoglienza non configurava una situazione di vulnerabilità effettiva sotto il profilo specifico della violazione o dell’impedimento all’esercizio dei diritti umani inalienabili; l’espletamento in Italia di attività lavorativa non deponeva per una situazione di integrazione che giustificava il rilascio del permesso di soggiorno;

3. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso J.A. sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria;

4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente, deducendo nullità del decreto per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 1, comma 11, lett. a) e comma 13, artt. 737,135 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, nonchè dell’art. 106 Cost., comma 2, art. 111 Cost., comma 6 e L. n. 46 del 2007, art. 2, censura il provvedimento impugnato in quanto affetto da lacune motivazionali e non coerente con il canone di chiarezza e sinteticità; in particolare denunzia apparenza di motivazione in relazione alla valutazione di non credibilità del ricorrente ed incongruità del ragionamento con riferimento alla valorizzazione della mancata documentazione di atti relativi al processo a carico per l’omicidio del guidatore del moto taxi; assume che la verifica di credibilità non era stata condotta nel rispetto dei criteri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e che vi era stata violazione del potere di cooperazione istruttoria avendo il giudice di merito omesso di approfondire, tra l’altro, la situazione della Casamance ed il relativo sistema giudiziario, la possibilità di vendetta privata ecc.; quanto alla protezione umanitaria non era stato tenuto conto del percorso migratorio del richiedente;

2. con il secondo motivo denunzia omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, rappresentato dalla vicenda narrata dal richiedente, dalle dichiarazioni rese in sede amministrativa e giudiziale, dalla situazione socio-economica e politica del Senegal e della situazione di conflitto della Casamance in rapporto alla vicenda narrata, dalla omessa valutazione degli aspetti verbali e non verbali della dichiarazione del richiedente;

3. con il terzo motivo deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 Cost., art. 10 Cost., comma 3, art. 32 Cost., L. n. 881 del 1977, art. 11,D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9, 19, 13, 27, 32, 35 bis, 9 e art. 11, lett. a), art. 16 Direttiva 2013/32, artt. 2 e 3, anche in relazione all’art. 115 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5, 6, 7, e 14 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2;

3.1. censura la affermazione del Tribunale in ordine alla irrilevanza dei fatti narrati dal ricorrente al fine dell’accoglimento delle domande spiegate e alla sostanziale non credibilità del narrato che assume essere frutto della non corretta applicazione dei parametri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5,; in questa prospettiva lamenta il mancato approfondimento istruttorio di elementi tratti dalle dichiarazioni del richiedente; si duole inoltre dell’assenza di attualità delle fonti utilizzate per la ricostruzione della situazione in Senegal;

4. con il quarto motivo di ricorso deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in riferimento agli artt. 6 e 13 Convenzione EDU, all’art. 47 Carta diritti fondamentali dell’Unione Europea e all’art. 46 Direttiva Europea n. 2013/32; richiama i principi di diritto evocati nel motivo precedente in relazione all’esigenza di assicurare un effettività del rimedio in presenza di domanda di protezione internazionale o sussidiaria;

5. il primo motivo di ricorso, con il quale parte ricorrente deduce nullità del decreto per omessa motivazione, è da respingere;

5.1. la motivazione meramente apparente – che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico-giuridico alla base del decisum. E’ stato, in particolare, precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. 22232/2016), oppure allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 9105/2017) oppure, ancora, nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. 20112/2012);

5.2. tali carenze, che l’odierna parte ricorrente assume sulla base di considerazioni del tutto generiche ed assertive, non sono riscontrabili nel provvedimento impugnato del quale sono agevolmente ricostruibili i percorsi logico giuridici e l’accertamento fattuale che hanno condotto al rigetto della domanda del ricorrente; in particolare, la valutazione di non credibilità del ricorrente è coerente con i parametri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5;

5.3. secondo la giurisprudenza di questa Corte, il giudice del merito, nel valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, secondo i parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), deve attenersi anche a comuni canoni di ragionevolezza e a criteri generali di ordine presuntivo, non essendo di per sè solo sufficiente a fondare il giudizio di credibilità il fatto che la vicenda narrata sia circostanziata; l’art. 3 citato, infatti, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (cfr. Cass. n. 21142/2019) e la suddetta verifica è sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, in quanto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito;

5.4. nel caso di specie, il Tribunale ha vagliato la credibilità del racconto del ricorrente, ed evidenziato la genericità del narrato con riferimento a circostanze di tempo, luogo e persone nonchè l’assenza di sforzo da parte del richiedente nell’offrire un riscontro documentale, come pure possibile, alla vicenda narrata; le argomentazione a giustificazione della non credibilità del narrato, oltre ad essere coerenti con i parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), non presentano alcun profilo di incongruità o illogicità tale da ridondare in apparenza di motivazione (decreto, pag. 2); il giudice di merito ha inoltre ampiamente argomentato sulla situazione del Senegal e della specifica regione di provenienza, facendo riferimento alle fonti internazionali (decreto, pagg. 3 e 4) sulla base delle quali ha escluso l’esistenza di situazioni di guerra civile nell’area di Casamance, dove sussiste, piuttosto, una situazione di tregua tra le forze statali e quelle indipendenti, con la ricerca di una soluzione diplomatica tuttora in atto; è stato pertanto escluso che la zona di provenienza dell’immigrato (Casamance) risultasse interessata da una situazione di violenza diffusa riconducibile a quella di cui all’art. 14, lett. c), non potendo valere gli episodi di violenza, per la loro episodicità, ad integrare quella situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, richiesta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)); una volta esclusa dai Giudici di merito, con apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede e con motivazione idonea ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e lett. b), in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (Cass. n. 16275/2018), poichè non vi è ragione di attivare i poteri di istruzione officiosa se questi sono finalizzati alla verifica di fatti o situazioni di carattere generale che, in ragione della non credibilità della narrazione del richiedente, non è possibile poi rapportare alla vicenda personale di questo;

5.5. analogamente, le ragioni del rigetto della domanda di protezione umanitaria, che si fondano sull’assenza di specifici profili di vulnerabilità, risultano compiutamente argomentate (v. decreto, pagg. 6 e 7) dai giudici di merito mentre la doglianza della mancata considerazione del percorso migratorio del ricorrente, propriamente veicolabile con il mezzo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, neppure formalmente dedotto in rubrica, è inammissibile in quanto non sorretta dalla esposizione del fatto processuale idonea a dare contezza della allegazione di specifiche situazioni che ove considerate avrebbero imposto il riconoscimento della protezione umanitaria;

5.6. inammissibile, per difetto di autosufficienza,la doglianza relativa alla delega al GOT ed alla conseguente mancata audizione del richiedente da parte del collegio decidente, in assenza dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, destinati a sostanziarla; il requisito di ammissibilità prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è, infatti, funzionale alla completa e regolare instaurazione del contraddittorio, nonchè alla comprensione dei motivi di ricorso ed alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte; esso è soddisfatto laddove il contenuto dell’atto consenta di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti, sicchè impone alla parte ricorrente, sempre che la sentenza gravata non impinga proprio per questa ragione in un’apparenza di motivazione, di sopperire ad eventuali manchevolezze della stessa decisione nell’individuare il fatto sostanziale e soprattutto processuale (Cass. n. 10072/2018, Cass. n. 16103/2016);

5.7. infine, la esclusiva violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il contrasto tra la decisione impugnata ed i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante la eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (Cass. Sez. Un. 25573/2020 n. 15879/2018),

6. il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto articolato con modalità non coerenti all’attuale formulazione dell'”art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

6.1. la denunzia di vizio di motivazione alla stregua del riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134), applicabile ratione temporis, ha, infatti, introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo; – l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; – neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma; – nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, risolvendosi nella violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cass. Sez. Un. 33679/2018, Sez. Un. 8053/2014);

6.2. parte ricorrente si è discostata dalla corretta modalità di deduzione del vizio motivazionale laddove ha prospettato l’omesso esame non con riferimento ad uno specifico fatto storico-fenomenico risultante dalla sentenza o dagli atti di causa, ma in relazione ad elementi la cui valutazione implica necessariamente un apprezzamento discrezionale da parte del giudice di merito (es. in tema di fonti relative alla situazione del paese di origine) e laddove ha fatto riferimento ad elementi non evocati nel rispetto delle prescrizioni imposte dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 (ad es. in tema di percorso migratorio del richiedente);

7. il terzo motivo è inammissibile in quanto, ferme le considerazioni formulate ai paragrafi 5.3. e 5.4. in ordine alla conformità alle prescrizioni di legge della verifica di credibilità del racconto del ricorrente, alle quali si rinvia, chi ricorre si limita a prospettare una diversa valutazione della situazione del Paese di provenienza, con una censura che attiene chiaramente ad una quaestio facti che non può essere riesaminata innanzi alla Corte di legittimità, perchè esprime un mero dissenso valutativo delle risultanze di causa e invoca, nella sostanza, un diverso apprezzamento di merito delle stesse (da ultimo Cass. n. 2563 del 2020); quale concorrente profilo di inammissibilità è ancora da rilevare la evocazione non autosufficiente, in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, delle dichiarazioni del richiedente e dei documenti allegati agli atti (neppure compiutamente indicati) che sono alla base delle censure formulate;

8. il quarto motivo di ricorso è inidoneo alla valida censura della decisione, in quanto le censure articolate si sostanziano nella enunciazione di principi di ordine generale, tratti dalle fonti internazionali e sovranazionali, senza chiarire se ed in che modo il giudice di merito se ne sia discostato, risultando pertanto del tutto generiche;

9. non si fa luogo al regolamento delle spese di lite stante la tardiva costituzione del Ministero dell’Interno.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2021

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