Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13197 del 16/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 16/06/2011, (ud. 19/05/2011, dep. 16/06/2011), n.13197

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 12995/2010 proposto da:

D.N.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA G. PALUMBO 12, presso lo studio dell’avvocato DI MAGGIO

ANTONIA, rappresentata e difesa dall’avvocato DI NAUTA Matteo, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

UCI – UFFICIO CENTRALE ITALIANO (OMISSIS), in persona del suo

Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA MICHELE MERCATI 38, presso lo studio dell’avvocato MANDARA

GIUSEPPE, rappresentato e difeso dagli avvocati VERNOLA Massimo,

LUIGI MIRANDA, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

SOCIETA’ DI ASSICURAZIONE DIE MOBILIAR, B.F.

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 336/2009 del TRIBUNALE DI LUCERA, SEZIONE

DISTACCATA DI RODI GARGANICO del 3/11/09, depositata il 03/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARMELO SGROI.

La Corte, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Il fatto che ha originato la controversia è il seguente:

sinistro stradale in cui sono rimarsi coinvolti D.N.M. e B.F..

Con sentenza depositata in data 3 novembre 2009 il Tribunale di Lucera ha riformato la sentenza del Giudice di Pace di Rodi Garganico attribuendo alla D.N. una colpa concorsuale.

2 – Il relatore propone la trattazione del ricorso in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c..

3. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c., nonchè omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Si assume che la sentenza impugnata confligge con altra emessa dal medesimo Giudice di Pace, passata in giudicato a seguito del rigetto da parte della Corte di Cassazione del ricorso dell’UCI. La censura non è autosufficiente poichè non riproduce le pertinenti parti della sentenza citata, adempimento tanto più necessario considerato che la stessa ricorrente afferma che quel giudizio si svolse tra soggetti parzialmente diversi dalle parti nel giudizio de quo e, quindi, non consente alla Corte di valutarne la decisività.

Il secondo motivo lamenta nullità della sentenza; violazione dell’art. 112 c.p.c.. La censura attiene alla omessa pronuncia da parte del Tribunale sull’eccezione di giudicato esterno.

Ma essa, prospettata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, anzichè del successivo n. 4, tratta, sotto diverso profilo, lo stesso argomento della precedente ed è, quindi, inammissibile per le medesime ragioni.

Il terzo motivo ipotizza omessa motivazione e comunque erronea valutazione delle prove testimoniali, in relazione alle dichiarazioni rese da L.A. e S.D., e conseguente erronea valutazione dell’an debeatur.

La censura attiene al merito della controversia poichè implica esame e valutazione delle risultanze processuali, attività inibite al giudice di legittimità.

Il quarto motivo eccepisce la nullità della procura conferita, al nuovo difensore (a seguito del decesso del primo) della controparte con conseguente improcedibilità dell’appello.

La censura, che non risulta essere stata prospettata avanti al Tribunale, riguarda il mandato posto a margine della comparsa di costituzione del nuovo difensore, privo di qualsiasi riferimento al giudizio di appello, e la omessa produzione della procura speciale conferita dal rappresentante legale dell’UCI al Direttore Generale che ha conferito al mandato.

Sul primo punto è agevole rilevare che la costituzione con comparsa nel giudizio di appello recante a margine la procura conferita ad altro difensore a seguito della scomparsa di quello originario è sufficiente a dimostrarne la riferibilità al medesimo giudizio.

Sul secondo punto, è orientamento consolidato che la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non ha l’onere di dimostrare tale sua qualità, neppure nel caso in cui l’ente si sia costituito in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante e l’organo che ha conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall’atto costitutivo o dallo statuto, poichè i terzi hanno la possibilità di verificare il potere rappresentativo consultando gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la prova negativa. Solo nel caso in cui il potere rappresentativo abbia origine da un atto della persona giuridica non soggetto a pubblicità legale, incombe a chi agisce l’onere di riscontrare l’esistenza di tale potere a condizione, però, che la contestazione della relativa qualità ad opera della controparte sia tempestiva, non essendo il giudice tenuto a svolgere di sua iniziativa accertamenti in ordine all’effettiva esistenza della qualità spesa dal rappresentante, dovendo egli solo verificare se il soggetto che ha dichiarato di agire in nome e per conto della persona giuridica abbia anche asserito di farlo in una veste astrattamente idonea ad abilitarlo alla rappresentanza processuale della persona giuridica (confronta Cass. Sez. 3^, n. 9908 del 2010).

4. – La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie nè alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.900,00, di cui Euro 1.700,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 19 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2011

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