Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13196 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. I, 30/06/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 30/06/2020), n.13196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29482/2018 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo

Gilardoni, giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

22/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/12/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 3358/2018 depositato il 22-08-2018 il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso di S.S., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito dal Gambia nel novembre 2015 in seguito al colpo di stato avvenuto nel suddetto Paese, non avendo perciò potuto proseguire gli studi necessari per conseguire il diploma di insegnante, e di aver paura di rientrare in Gambia a causa della instabilità della situazione politica ivi esistente. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del Gambia, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente formula, in via preliminare, richiesta di sollevare le seguenti questioni di legittimità costituzionale: (i) del D.L. n. 13 del 2017, art. 21, comma 1, così come convertito nella L. n. 46 del 2017, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1 e art. 77 Cost., comma 2, per mancanza dei presupposti di necessità ed urgenza nell’emanazione dello stesso Decreto legge, per quanto concerne il differimento dell’efficacia temporale e, quindi, dell’entrata in vigore del nuovo rito in materia di protezione internazionale; (ii) D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1; art. 24 Cost., commi 1 e 2; art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il termine per proporre ricorso per Cassazione è di giorni trenta a decorrere dalla comunicazione a cura della cancelleria del Decreto di primo grado; (iii) del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, n. 3 septies, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1; art. 24 Cost., commi 1 e 2; art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il procedimento è definito, con decreto non reclamabile, entro sessanta giorni dalla presentazione del ricorso.

2. Con le ordinanze n. 17717/2018 e n. 28119/2018 questa Corte ha ritenuto manifestamente infondate tutte le questioni di illegittimità costituzionale che il ricorrente ripropone. Le argomentazioni di cui alle citate ordinanze, da intendersi, per brevità, richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.

3. Con unico articolato motivo il ricorrente lamenta “violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2”. Nel dolersi del diniego della protezione umanitaria, deduce che il Tribunale ha omesso di considerare, nella valutazione di vulnerabilità, la sua adeguata integrazione sociale in comparazione con la condizione di provenienza, avuto riguardo al diritto di condurre una vita dignitosa. Lamenta inoltre la mancata valutazione della situazione del Paese di origine sulla tutela dei diritti umani fondamentali, in violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria.

4. In via preliminare occorre precisare che, con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito che “In tema di successione delle leggi nel tempo in materia di protezione umanitaria, il diritto alla protezione, espressione di quello costituzionale di asilo, sorge al momento dell’ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità per rischio di compromissione dei diritti umani fondamentali e la domanda volta a ottenere il relativo permesso attrae il regime normativo applicabile; ne consegue che la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito con L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina contemplata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e dalle altre disposizioni consequenziali, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge; tali domande saranno, pertanto, scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione, ma, in tale ipotesi, l’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base delle norme esistenti prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, comporterà il rilascio del permesso di soggiorno per “casi speciali” previsto dall’art. 1, comma 9, del suddetto D.L.” (Cass. S.U. n. 29459/2019).

Nel caso di specie, dunque, non trova applicazione la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e delle altre disposizioni consequenziali, sostituendola con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno. La domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari è stata presentata dal ricorrente prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della nuova legge e deve essere, pertanto, scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione.

5. Passando ora all’esame della censura, il motivo è inammissibile.

5.1. Il ricorrente, senza neppure confrontarsi con il percorso argomentativo di cui al decreto impugnato, deduce genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto alla dedotta sua situazione di vulnerabilità, inammissibilmente difforme da quella accertata nel giudizio di merito.

Il Tribunale ha, motivatamente, escluso ogni profilo di vulnerabilità del richiedente, affermando che egli è un giovane uomo con specifica professionalità – insegnante elementare -, che in Gambia ha un gruppo familiare in grado di aiutarlo e che le problematiche di salute emerse al suo arrivo in Italia sono state superate.

Il Tribunale ha altresì escluso la sussistenza di fattori oggettivi di vulnerabilità, richiamando le informazioni tratte dalle fonti di conoscenza indicate nel decreto e così compiutamente esercitando anche il dovere di cooperazione istruttoria.

Il fattore di integrazione lavorativa e sociale in Italia non può essere isolatamente considerato (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata) e diventa recessivo se difetta la vulnerabilità, come nella specie.

6. Nulla deve disporsi circa le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata costituzione del Ministero.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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