Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13195 del 24/06/2016
Cassazione civile sez. VI, 24/06/2016, (ud. 22/04/2016, dep. 24/06/2016), n.13195
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17504-2014 proposto da:
ALFA CAR SRL, in persona del suo amministratore unico, legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DI TRASONE 8, presso lo studio dell’avvocato CIRIACO FORGIONE, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ERCOLE FORGIONE,
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AZIENDA AGRICOLA DECIMA TRIGORIA SRL, in persona del Consigliere
Delegato e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEI BANCHI NUOVI 39, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE JANNETTI DEL GRANDE, che la rappresenta e
difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
S.P., C.L.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 933/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA del
16/01/2014, depositata il 12/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22/04/2016 dal Consigliere Relatore. Dott. VINCENZO CORRENTI;
udito l’Avvocato ERCOLE NORD IONI difensore del ricorrente, che
chiede l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato GIUSEPPE JANNETTI DEL GRANDE, difensore del
controricorrente, che si riporta ai motivi del controricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Alfa Car srl, propone ricorso per cassazione contro Azienda Agricola Decima Trigoria srl, che resiste con controricorso, nonchè S.P. e C.L. avverso la sentenza della Corte di appello di Roma 12.2.2014 che ha respinto l’appello alla sentenza del Tribunale di Roma che l’aveva condannata al rilascio della particella 461 ed, unitamente al C., al risarcimento dei danni, argomentando che non era stato accertato il presunto maturalo possesso ad usucapionem e non era opponibile alla società attrice la successiva alienazione dell’immobile.
La Corte di appello ribadiva che la presunta maturazione dell’usucapione in favore di C. era mera unilaterale allegazione nel rogito 8.5.2003.
Parte ricorrente denunzia A) Error in procedendo perchè, essendo stata ritenuta inammissibile la tardiva domanda di annullamento del rogito 8.5.2003. la condanna al rilascio era priva di giustificazioni; 13) violazione dell’art. 92 c.p.c. sulla soccombenza.
La prima censura è infondata perchè la domanda originaria è stata proposta contro Alfa Car quale occupante abusiva.
Quest’ultima ha eccepito di aver acquistato da C.L. (peraltro suo rappresentante legale) con atto 8.5.2003 in cui lo stesso allegava di aver posseduto da oltre venti anni.
Nelle memorie ex art. 185 c.p.c., comma 5 era stata chiesta dall’attrice l’inefficacia dell’atto ed il tribunale aveva dedotto la non opponibilità del rogito all’attrice ma, stante la tardività della domanda, occupante abusiva era solo Alfa Car.
Non viene impugnata la ratio decidendi della mancata maturazione del possesso “ad usucapionem”, per la configurabilità del quale è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all’uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno “ius in re aliena” (“ex plurimis” Cass. 9 agosto 2001 n. 11000), un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all’inerzia del titolare del diritto (Cass. 11 maggio 1996 n. 4436, Cass. 13 dicembre 1994 n. 10652).
Nè può essere rilevante una mera dichiarazione unilaterale.
Il motivo sulle spese è infondato attesa la soccombenza e la inverosimiglianza della buona fede rispetto ad un atto in cui l’alienante è lo stesso rappresentante legale della acquirente.
In definitiva, il ricorso va interamente rigettato, con la conseguente condanna alle spese.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 3500 di cui 3300 per compensi, oltre accessori, dando atto della sussistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016.
Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2016