Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13190 del 28/05/2010

Cassazione civile sez. I, 28/05/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 28/05/2010), n.13190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 26572/2007 proposto da:

D.K., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MUGGIA 45,

presso lo studio dell’avvocato D’ADDABBO MARIA, rappresentato e

difeso dall’avvocato CARANZANO Roberto, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il provvedimento N. R.G. 296/06 del GIUDICE DI PACE di UDINE

del 29/01/07, depositato il 30/01/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- Il relatore nominato ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha depositato la relazione il cui tenore è il seguente: “RILEVA:

D.K. proponeva opposizione avverso il decreto di espulsione emesso in suo danno dal Prefetto di Udine in data 18.8.2006.

Il Giudice di pace di Udine, con decreto del 30 gennaio 2007 rigettava l’opposizione, in quanto era risultato che l’opponente era entrato sprovvisto di visto di ingresso e non aveva chiesto il permesso di soggiorno; inoltre, la domanda di regolarizzazione secondo i flussi lavorativi, era stata presentata dopo la pronuncia del decreto di espulsione.

Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso D. K. affidato a tre motivi (il mezzo indicato come quarto, non si configura quale motivo di ricorso per cassazione); non ha svolto attività difensiva il Ministero dell’interno.

Osserva:

1.- Con il primo motivo, è denunciata “violazione e/o falsa applicazione di legge”, esponendo che il Giudice di pace avrebbe potuto dichiarare illegittimo il decreto di espulsione, in quanto una società italiana, “con domanda in data 4.09.06”, aveva chiesto l’assunzione del ricorrente.

L’istante sostiene, quindi, che era titolare di un diritto all’assunzione e non poteva essere espulso. Con il secondo motivo, è denunciata “nullità del procedimento”, svolgendo argomenti per sostenere che il decreto di espulsione deve essere motivato e, nella specie, il provvedimento sarebbe carente di motivazione in ordine a circostanze asseritamente rilevanti, quali l’indicazione della possibilità di sanare la situazione, mentre egli, entrato in (OMISSIS) il (OMISSIS), era ancora nei termini per chiedere il permesso di soggiorno.

Il terzo motivo denuncia insufficiente e/o contraddittoria motivazione, nella parte in cui il decreto ha ritenuto che la società italiana ha chiesto l’assunzione del ricorrente dopo la pronuncia del decreto di espulsione ed ha escluso una causa di forza maggiore, che gli aveva impedito di chiedere la regolarizzazione.

L’istante sostiene che sarebbe entrato in (OMISSIS) lo stesso giorno in cui è stato adottato il decreto di espulsione, mentre il Giudice di pace non ha considerato che, per disporre l’espulsione, non è sufficiente la mera scadenza del termine per la presentazione dell’istanza diretta ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno.

Infine sono riportate contestazioni circa rilievi fatti in ordine alla completezza delle indicazioni riportate nel decreto.

Il quarto motivo non svolge censure avverso il decreto impugnato, ma chiede che questa Corte disponga “la sospensione del provvedimento impugnato”.

Infine, l’istante “si riserva di proporre motivi aggiunti di ricorso” e chiede che sia ridotto “il divieto di rientro nel territorio nazionale”.

2.- Il ricorso è manifestamente inammissibile.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel procedimento di opposizione avverso il decreto di espulsione dello straniero il ricorso è inammissibile, qualora sia notificato al Ministero degli Interni, che non è legittimato sostanziale nel procedimento di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, artt. 13 e 13 bis, dovendo essere evocata in causa per resistere all’opposizione “l’autorità che ha emesso il decreto di espulsione” (art. 13 bis, comma 2, cit.).

Inoltre, è stata affermata l’insussistenza dei presupposti per disporne la rinnovazione, quando, come nella specie, sia stato notificato a soggetto che non ha titolo per partecipare al giudizio ovvero quando siano evocati in causa siano organi periferici di pubbliche amministrazioni privi di soggettività (Cass. n. 14293 del 2006, n. 10991 del 2004 anche per ulteriori richiami).

In applicazione di detto principio, il ricorso, siccome è stato notificato esclusivamente al Ministero dell’interno, non al Prefetto di Udine, è manifestamente inammissibile (siffatto profilo non rende possibile dare conto degli ulteriori profili di manifesta inammissibilità, conseguenti alla mancata formulazione dei quesiti di diritto).

Pertanto, il ricorso, stante la manifesta inammissibilità, può essere trattato in Camera di consiglio, ricorrendone i presupposti di legge”.

3.- Il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione, condividendo le argomentazioni che le fondano e che conducono alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per la mancata formulazione dei quesiti ex art. 366 bis c.p.c..

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2010

 

 

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