Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13190 del 17/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 17/05/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 17/05/2021), n.13190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 784/2020 proposto da:

S.A.R., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARIO NOVELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER I RIFUGIATI DI

ANCONA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ope legis in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso ordinanza n. 13656/2019 del TRIBUNALE di ANCONA, depositata

il 12/11/2019 R.G.N. 1023/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con decreto n. 13656/2019 il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso di S.R.A., proveniente dalla Costa d’Avorio, avverso il provvedimento con il quale la Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale aveva rigettato la sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e di forme complementari di protezione;

1.1. dal decreto impugnato si evince che il S., di professione sarto, di etnia more e religione musulmana, ha motivato l’allontanamento dal paese di origine con il fatto di avere assistito ad un omicidio da parte di criminali che si erano accorti della sua presenza, i quali lo avevano rintracciato qualche giorno dopo in un bar e lo avevano aggredito; rimasta senza esito la denuncia dell’accaduto alla polizia, su pressione della madre era stato indotto a partire;

1.2. il Tribunale ha escluso la credibilità del racconto del ricorrente in quanto non circostanziato e poco plausibile, ed evidenziato come da tale narrazione, secondo la quale l’aggressione si sarebbe verificata nell’anno (OMISSIS) mentre il richiedente avrebbe denunziato il fatto alla polizia e sarebbe stato indotto a partire solo nell’anno 2013, era da escludere la sussistenza di un serio pericolo in caso di rientro in patria; ha ritenuto poco convincente il narrato anche con riferimento al primo periodo in Nigeria ed al successivo rientro nell’anno 2015 nel paese di origine con nuovo incontro con l’aggressore che avrebbe determinato la seconda fuga; erano inoltre emerse contraddittorietà anche in relazione alla provenienza, avendo il richiedente dichiarato di essere cittadino del Burkina Faso, circostanza incoerente con l’affermazione di essere ritornato in Costa d’avorio nel 2015, proprio per poter lavorare in Nigeria;

1.3. sulla scorta di tale valutazione il Tribunale ha escluso i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato in quanto il ricorrente non aveva fornito elementi attendibili della situazione individuale e delle circostanze personali ed evidenziato che nessuno dei fatti allegati integrava le condizioni per la configurazione di una situazione di persecuzione; in merito alla protezione sussidiaria non veniva in rilievo alcuna delle situazioni considerate dall’art. 14, lett. a) e b) e neppure era configurabile alla luce delle informazioni acquisite una situazione riconducibile all’ambito della violenza generalizzata nella regione di origine quale frutto di conflitto armato interno;

l’acquisizione di informazioni relative al paese di transito prevista

dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, doveva essere comunque ricollegata alla vicenda personale del richiedente nel senso che il fondato timore di persecuzione o danno grave non poteva prescindere dal vissuto nel proprio Paese; la persecuzione o il danno generati esclusivamente nel Paese di transito, come nel caso specifico, in assenza di nesso con il Paese di origine non rilevavano ai fini del riconoscimento della protezione; infine, non ricorrevano le condizioni per la protezione umanitaria in quanto nel Paese di provenienza sussistevano strumenti istituzionali i quali ancorchè privati avevano comunque una forma aggregativa ed una funzione di protezione dei propri membri; l’ambiente socio culturale del Paese di origine consentiva comunque di esercitare il nucleo essenziale dei diritti inalienabili; inoltre, dai documenti in atti non era dato evincere alcun serio sforzo di integrazione nel tessuto socio economico nazionale, la partecipazione a corsi di volontariato di formazione e di apprendimento della lingua non configurando condizione sufficiente per il permesso di soggiorno;

2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso S.R.A. sulla base di cinque motivi; il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente denunzia omessa pronunzia sui motivi di ricorso, mancanza di motivazione e motivazione apparente nonchè violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5; assume che non è stato effettuato alcun riferimento al contenuto della narrazione del ricorrente nè alle ragioni per le quali doveva essere condivisa la valutazione della Commissione territoriale; le dichiarazioni risultavano lineari e coerenti e, quanto all’aggressione, avevano trovato riscontro nella relazione medico legale circa gli esiti cicatriziali compatibili con evento traumatico; era stata omessa o comunque era risultata insufficiente ogni valutazione sulla situazione generale del paese di provenienza caratterizzata da instabilità politica e da una diffusa violazione dei diritti umani a scapito della popolazione; il giudice era venuto meno ai poteri di cooperazione istruttoria;

2. con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3; la domanda del ricorrente non era stata esaminata alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale del Paese di origine, in particolare per quanto riguardava la esistenza di una situazione di violenza diffusa;

3. con il terzo motivo deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; il corretto inquadramento della condizione di insicurezza della Costa d’avorio avrebbe dovuto indurre quanto meno alla concessione della protezione umanitaria; in particolare in relazione ai motivi oggettivi di vulnerabilità doveva essere considerata l’attuale situazione della Costa d’Avorio aggravatasi in modo preoccupante; sotto il profilo soggettivo il ricorrente aveva cercato la integrazione nel contesto sociale del Paese di accoglienza frequentando proficuamente i corsi di italiano e raggiungendo un buon livello di conoscenza della lingua; non era stata presa in considerazione la natura del percorso migratorio da inquadrarsi alla luce della relazione medico legale che fa riferimento ad un trauma premigratorio con importante deformità alla gamba;

4. con il quarto motivo deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, denunziando che la domanda del richiedente non era stata esaminata alla luce di informazioni aggiornate e precise del Paese di origine;

5. con il quinto motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, censurando il mancato riconoscimento della protezione umanitaria alla luce degli evidenziati profili di vulnerabilità, oggettiva e soggettiva;

6. il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono meritevoli di accoglimento e tanto assorbe la necessità di esame degli altri motivi.

6.1. in base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere affidata alla mera opinione del giudice ma deve essere il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiere non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e tenendo conto “della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente” (di cui all’art. 5, comma 3, lett. c), del D.Lgs. cit.), senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto (Cass. n. 2956/2020, n. 19716/2018n. 26921/2017); solo all’esito di un esame effettuato nel modo anzidetto, le dichiarazioni del richiedente possono essere considerate inattendibili e come tali non meritevoli di approfondimento istruttorio officioso, salvo restando che ciò vale soltanto per il racconto che concerne la vicenda personale dei richiedente, che può rilevare ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ma non per l’accertamento dei presupposti per la protezione sussidiaria di cui dell’art. 14 cit., lett. c) – la quale non è subordinata alla condizione che l’istante fornisca la prova di essere interessato in modo specifico nella violenza indiscriminata ivi contemplata, a motivo di elementi che riguardino la sua situazione personale – neppure può valere ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria in quanto il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente relativo alla specifica situazione dedotta a sostegno della domanda di protezione internazionale, non può precludere la valutazione, da parte del giudice, delle diverse circostanze che rilevano ai fini del riconoscimento della protezione 4 umanitaria (cfr. tra le altre, Cass. n. 2960/2020, n. 2956/2020, n. 10922/2019); solo a condizione che la suddetta valutazione – sulla sussistenza o meno della credibilità soggettiva – risulti essere stata effettuata con il metodo indicato dalla specifica normativa attuativa di quella di origine UE e, quindi, in conformità della legge, essa può dare luogo ad un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, come tale censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 – come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (tra le tante: n. 3340/2019);

6.2. nel caso di specie, le dichiarazioni del ricorrente, ai fini del vaglio di credibilità, avrebbero dovuto essere verificate alla luce di informazioni aggiornate e specifiche, coerenti con l’allegazione del richiedente di avere fatto denunzia alla polizia dell’aggressione subita da parte degli autori dell’omicidio del quale era stato testimone e che tale denunzia era rimasta senza esito. In altri termini, il giudice di merito non avrebbe dovuto, come invece avvenuto, incentrare esclusivamente il proprio accertamento su aspetti connessi all’evoluzione politica del paese in conseguenza della destituzione del Presidente G. (v. decreto, pag. 3) ma avrebbe dovuto approfondire lo specifica tema della possibilità per i cittadini ivoriani di ricevere protezione dall’autorità statuale, acquisendo informazioni attraverso COI aggiornate sulla idoneità dell’apparato di polizia del Paese ad assicurare un’effettività di tutela ai cittadini;

7. in base alle considerazioni che precedono, assorbita ogni ulteriore censura, si impone l’accoglimento, per quanto di ragione del secondo e del terzo motivo di ricorso con rinvio al giudice di merito per un riesame della vicenda alla luce del principio richiamato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Ancona, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2021

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