Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13189 del 28/05/2010

Cassazione civile sez. I, 28/05/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 28/05/2010), n.13189

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 30817/2006 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato SPINOSO ANTONINO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ZOCCALI Pasquale, giusta delega

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto n. 391/05 R.E.R. della CORTE D’APPELLO di

CATANZARO del 17/03/06, depositato il 21/03/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p.1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: “La Corte di appello di Catanzaro, pronunziando sul ricorso per equa riparazione proposto da F.A. nei confronti del Ministero della Giustizia, pur ritenendo irragionevole nella misura di cinque anni e otto mesi la durata del procedimento promosso dal ricorrente davanti al giudice del lavoro di Reggio Calabria per il riconoscimento di un profilo professionale superiore, con decreto del 24.3.2006 ha rigettato la domanda in considerazione dell’omessa indicazione degli elementi esenziali (ansia, patema d’animo, etc.) riconducibili al pregiudizievole ritardo.

Contro tale decreto F.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.

Il Ministero intimato – pur dopo la rinnovazione della notifica ordinata dalla Corte e tempestivamente eseguita – non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.2.- L’unico motivo di ricorso – con il quale il ricorrente denuncia la violazione della L. n. 89 del 2001 e dell’art. 6 CEDU – sembra manifestamente fondato alla luce del principio, peraltro richiamato dalla Corte di merito, secondo il quale il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorchè non automatica, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e va ritenuto sussistente, senza bisogno di specifica prova (diretta o presuntiva), in ragione dell’obiettivo riscontro di detta violazione, sempre che non ricorrano circostanze particolari che ne evidenzino l’assenza nel caso concreto (Cass. S.U. n. 1338 e n. 1339 del 2004;

successivamente, per tutte, Cass. n. 3515 del 2009; n. 6898 del 2008;

n. 23844 del 2007).

Poichè, peraltro, il giudice del merito ha determinato nella misura di cinque anni e otto mesi la durata del procedimento eccedente quella ragionevole, la Corte, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, potrà decidere nel merito ex art. 384 c.p.c., applicando la più recente giurisprudenza della Corte di Strasburgo, secondo la quale, ferma la presunzione di sussistenza del danno non patrimoniale – salvo che non ricorrano circostanze che permettano di escluderlo-, qualora la parte non abbia allegato, comunque non emergano, elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza di detto danno (costituiti, tra gli altri, dal valore della controversia, dalla natura della medesima, da apprezzare in riferimento alla situazione economico-patrimoniale dell’istante, dalla durata del ritardo, dalle aspettative desumibili anche dalla probabilità di accoglimento della domanda), l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa, alla luce delle quantificazioni operate dal giudice nazionale nel caso di lesione di diritti diversi da quello in esame, impone una quantificazione che, nell’osservanza della giurisprudenza della Corte EDU, deve essere, di regola, non inferiore ad Euro 750,00, per anno di ritardo, per i primi tre anni e, per i successivi anni di ritardo, non inferiore a Euro 1.000,00. Nella concreta fattispecie, dunque, l’indennizzo potrà essere determinato in Euro 4.730,00.

Ove i rilievi sopra enunciati siano condivisi, il ricorso potrà essere deciso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”.

p.3.- Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni che la sorreggono e che conducono all’accoglimento del ricorso.

Le spese processuali del giudizio di legittimità – in considerazione del parziale accoglimento della domanda (Euro 8.000,00) – possono essere compensate per la metà.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 4.730,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 378,00 per diritti e Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge;

che compensa in misura di 1/2 per il giudizio di legittimità, gravando l’Amministrazione del residuo « e che determina per l’intero in Euro 665,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2010

 

 

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