Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13187 del 24/06/2016
Cassazione civile sez. II, 24/06/2016, (ud. 05/05/2016, dep. 24/06/2016), n.13187
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –
Dott. MATERA Lina – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 604-2012 proposto da:
M.A., (OMISSIS), M.M.
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DEI
COLLI PORTUENSI 536, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA LUISA
REVELLI, rappresentati e difesi dagli avvocati CARLO MANESCALCHI,
GREGORIO CATRAMBONE;
– ricorrenti –
contro
MA.MA., (OMISSIS), elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA FEDERICO CONEALONIERI 5, presso lo studio
dell’avvocato LUIGI MANZI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato CESARE FEDERICO GLENDI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 472/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,
depositata il 06/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/05/2016 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;
udito l’Avvocato FRANCESCA LUISA REVELLI, con delega dell’Avvocato
CARLO MANESCALCHI difensore dei ricorrenti, che si riporta agli
atti depositati e chiede l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato EMANUELE COGLIETORE, con delega dell’Avvocato
LUIGI MANZI difensore della controricorrente, che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Con citazione in opposizione a d.i. per l’importo di Lire 123.960.630 Ma.Ma. conveniva i fratelli M. e M. A. per vedere riconosciuta infondata la pretesa.
Il Tribunale di Genova revocava il d.i. e su appello dei soccombenti la Corte di appello di Genova, con sentenza 6.5.2011, respingeva l’appello rilevando che la domanda creditoria, fondata su sentenza della Corte di appello di Genova n. 424/2000, passata in giudicato, era inesistente nei confronti di Ma.Ma.. Ricorrono M. e M.A. con due motivi, resiste M. M., che eccepisce l’inammissibilità del ricorso.
Le parti hanno presentato memorie.
Col primo motivo si lamentano violazione del giudicato esterno contenuto nella sentenza della Corte di appello n. 424/2000, dell’art. 12 preleggi, art. 2909 c.c., art. 324 c.p.c., art. 1302 c.c., vizi di motivazione.
Col secondo motivo si denunzia violazione degli artt. 1292, 197, 1302, art. 12 preleggi. Ciò premesso, si osserva:
Come dedotto la sentenza ha statuito che la domanda creditoria, fondata su sentenza della Corte di appello di Genova n. 424/2000, passala in giudicato era inesistente nei confronti di Ma.
M..
Va preliminarmente valutata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sotto il profilo del difetto di autosufficienza, del prolisso confronto parametrico tra due sentenze della Corte di appello di Genova e della conformità della decisione impugnata alla giurisprudenza di legittimità.
Al riguardo si osserva che il ricorso, pur ammissibile, è infondato.
L’opera dell’interprete è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi; pertanto, onde far valere una violazione sotto entrambi i due cenati profili, il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, animi, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti.
Di conseguenza, ai tini dell’ammissibilità del motivo di ricorso sotto tale profilo prospettato, non può essere considerata idonea –
anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente – la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operala, come nella specie, mediante la mera ed apodittica contrapposizione d’una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d’argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentilo in sede di legittimità (e pluribus Cass. 9 804 n. 15381, 23304 n. 13839, 21304 n. 13579, 16.3.04 n. 5359, 19.1.04 n. 753).
La sentenza impugnala, richiamando la sentenza della Corte di appello n. 424/2000, ha statuito che “al di là della formulazione del dispositivo, corretto, ma che, per la sintesi che gli compete, può prestarsi a capziosa interpretazione. quel che appare decisivo nella controversia è la sintesi del decisum contenuta nel provvedimento impugnato, che non si presta a dubbio alcuno. E’ corretto infatti nell’interpretazione del dispositivo fare riferimento anche alla corrispondente pane motiva della decisione (tra le più recenti vedi Cass. 16152/2010; n. 12084/2007).
Ebbene in quella sede era stato esplicitamente ritenuto che “nei confronti della Ma.Ma., conseguentemente, non sussiste alcuna posizione creditoria degli appellanti””.
Trattasi di interpretazione corretta non ponendosi alcun problema di contrasto tra motivazione e dispositivo, che invece, si integrano, nè le censure, pur nel riferimento a plurimi vizi, consentono di ribaltare l’attività ermeneutica posta in essere dalla sentenza impugnata.
Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.
PQM
La Cotte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alle spese liquidate in Euro 3700 di cui 3500 per compensi, oltre accessori.
Così deciso in Roma, il 5 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2016