Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13186 del 28/05/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13186 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA
sul ricorso 1940-2008 proposto da:
ZERBINI

MARCO

ZRBMRC60B18H501N,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI QUATTRO VENTI 162, presso
lo studio dell’avvocato GERACI ANTONINO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAGRI
CARLO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

HAYKO RIEDINGER EVA MARIA o RIEDINGER EVA MARIA
RDNVMR54L42Z112S, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA GASPERINA 188, presso lo studio dell’avvocato

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Data pubblicazione: 28/05/2013

VERRECCHIA RENE’, che la rappresenta e difende giusta
delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 5273/2006 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 30/11/2006, R.G.N. 537/2000;

udienza del 27/03/2013 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;
udito l’Avvocato LAURA LUCIDI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per il rigetto del ricorso e condanna alle spese;

.,.

2

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo.

Eva Maria Hayco Riedinger convenne in giudizio dinanzi al
Tribunale di Roma, Marco Zerbini per ottenere la restituzione di
somme date in prestito a quest’ultimo per l’acquisto di una
villa e di una Ferrari, entrambe intestate allo stesso Zerbini.
Tribunale di

Roma

condannò

il

convenuto alla

restituzione, in favore della Riedinger, della somma di
298.592.000, oltre accessori, e della somma di £ 154.746.239,
oltre accessori.
Rigettò le domande riconvenzionali formulate dal medesimo
Zerbini.
Quest’ultimo ha proposto appello lamentando l’illegittimo
stralcio, operato dal Tribunale, della documentazione già
prodotta a riscontro dei pagamenti effettuati, per il mancato
rispetto delle forme imposte dall’art. 87 disp. att. c.p.c.
Ulteriori doglianze hanno riguardato la corrispondenza delle
rimesse effettuate alla complessiva esposizione debitoria e le
deposizioni testimoniali a riprova del relativo pagamento.
La Corte d’Appello ha respinto il gravame dello Zerbini.
Quest’ultimo propone ricorso per cassazione con cinque
motivi.
Resiste con controricorso Eva Maria Hayco Riedinger.
Motivi della decisione

Con il primo motivo parte ricorrente denuncia «Violazione e
falsa applicazione degli art. 342 e 112 c.p.c. Insufficiente e
3

Il

contraddittoria motivazione in merito a un fatto controverso e
decisivo per il giudizio.»
Evidenzia il ricorrente che la Corte d’Appello, dopo aver
rilevato che la decisione del Tribunale aveva violato l’art. 87
delle disposizioni di attuazione del codice di rito, conclude

deduzione in merito alla diversa soluzione che la disamina dei
documenti offerti in produzione avrebbe comportato. Detta
lacuna, secondo la Corte, integrerebbe la preclusione di cui
all’art. 342 c.p.c. per il quale l’appellante è tenuto ad
indicare specificamente i motivi addotti a sostegno del gravame.
Sostiene invece il ricorrente che l’atto di appello
precisava quali fossero le doglianze oggetto del gravame, tanto
che la Corte ha disposto una consulenza tecnica contabile la
quale ha evidenziato la principale eccezione dello Zerbini circa
il fatto che la Riedinger aveva ottenuto la restituzione di
tutte le somme da lui versate. Afferma inoltre che la sentenza
impugnata è illogica e contraddittoria.
Il motivo è inammissibile.
Nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la
revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del
processo ed alle questioni di diritto formulate, non sono
infatti proponibili nuove questioni di diritto o temi di
contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito,
a meno che si tratti di questioni rilevabili d’ufficio o,
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affermando che egli non aveva svolto, in sede di gravame, alcuna

nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di
diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi elementi
di fatto già dedotti (Cass., 26 marzo 2012, n. 4787).
Nel caso di specie la doglianza relativa alla violazione
dell’art. 87 disp. att. c.p.c., in merito alla irrituale

volta in cassazione, mentre era necessario che fosse fatta
valere come motivo di appello.
—Al di là della questione che viene prospettata per la prima
volta in questa sede e di cui non si allega l’antecedenza
processuale, il ricorrente prospetta comunque una valutazione di
fatto, in relazione alla quale il giudice di merito non ha
individuato un comportamento attuativo delle parti di una
volontà negoziale.
Con il secondo motivo si denuncia «Violazione e falsa
applicazione degli artt. 2697, 2702, 2712 e 2719 c.c. e
dell’art. 360 n.

3

c.p.c. Omessa, insufficiente e

contraddittoria motivazione della sentenza su un fatto decisivo,
ex art. 360 n. 5 c.p.c.»
Secondo parte ricorrente la Corte non ha correttamente
applicato i principi sull’onere della prova, quelli
sull’efficacia della scrittura privata e quelli relativi al
valore dei documenti non disconosciuti né contestati dalla
controparte. A suo avviso dalla documentazione prodotta risulta
che la Riedinger ha prelevato più di quanto ha versato. Inoltre
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produzione dei documenti, è stata fatta valere per la prima

la sentenza ha omesso di indicare per quale motivo la
documentazione offerta dallo Zerbini, ed esaminata anche dalla
ctu, non potesse essere considerata utile ai fini della prova
delle posizioni creditorie.
Con il terzo motivo si denuncia «Violazione e falsa

c.c., in riferimento all’art. 360 per omissione e
contraddittorietà della sentenza impugnata.»
Sostiene il ricorrente che tale sentenza ha errato nel
considerare raggiunta la prova circa la restituzione del mutuo
accordato dalla Riedinger; che egli, diversamente da quanto
affermato senza alcuna motivazione nella sentenza impugnata, ha
messo a disposizione della Riedinger le somme necessarie per
restituire quanto ricevuto, con il versamento sul conto comune;
che quest’ultima ha ripreso quanto era suo.
La mancata contestazione del meccanismo di versamento e di
prelevamento emerge dal complesso dei documenti depositati in
atti e dimostra che tale era la modalità con cui venivano
regolati i rapporti patrimoniali fra le parti.
Secondo il ricorrente, se la parte non disconosce i
documenti prodotti, il giudice è tenuto ad esaminarli ed
attribuire ad essi il valore probatorio considerando assolto
l’onere della prova.

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applicazione, sotto altro profilo, degli artt. 2697, 2702, 2719

Il secondo ed il terzo motivo, che per la stretta
connessione devono essere congiuntamente esaminati, sono
infondati.
Parte ricorrente, pur denunciando una violazione delle
regole sull’onere della prova, tende infatti ad un riesame in

che i vizi denunciati non possono consistere nella difformità
dell’apprezzamento dei fatti e delle prove effettuato dal
giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte,
spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio
convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e
la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle
ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare
prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi
tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è
assegnato alla prova (Cass., 6 marzo 2008, n. 6064).
Emerge dall’impugnata sentenza come il ricorrente non abbia
dimostrato che la somma derivata dai proventi della vendita di
un suo appartamento in Roma sia stata effettivamente percepita
dalla Riedinger e che anche la restante somma di £ 251.328.521,
versata nel conto corrente bancario cointestato ai due
contendenti, sia stata prelevata dalla stessa Riedinger.
La lacunosità dell’atto di appello non è stata colmata dalla
espletata ctu, sia perché le relative deduzioni non sono
riconducibili alla parte, sia soprattutto per l’esigenza che
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merito della vicenda per cui è causa. Si deve tuttavia rilevare

l’appellante prospetti tutte le proprie censure già con l’atto
di gravame, senza nulla aggiungere in prosieguo e ancor meno nel
precisare le conclusioni in quanto il diritto all’impugnazione
si consuma con l’atto di appello.
Pertanto Marco Zerbini non ha dato nessuna prova degli

eccezione, né ha dimostrato l’estinzione del debito da parte
sua. Piuttosto con la sua impugnazione tende a prospettare una
diversa valutazione delle prove, insindacabile in sede di
legittimità.
Con il quarto motivo si denuncia «Insufficiente motivazione
della sentenza ex art. 360 n. 5 c.p.c. Violazione e falsa
applicazione degli artt. 2726, 2727 c.c. e 115 primo comma
c.p.c.»
Secondo parte ricorrente la Corte ha errato nel rigettare la
prova testimoniale perché non idonea a dimostrare l’effettiva
appartenenza della Porsche allo Zerbini e l’irrilevanza del
dedotto acquisto delle vetture Mercedes e Chrysler da parte
della Riedinger. Tale prova, se articolata, avrebbe costituito
la dimostrazione che l’affermazione svolta dalla Riedinger in
primo grado, secondo la quale la Ferrari sarebbe stata
acquistata con i suoi soldi, non era vera perché tale auto venne
acquistata in cambio della Porsche. Pertanto tale prova doveva
essere considerata ammissibile e rilevante ai fini del giudizio.
Il motivo è infondato.
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avvenuti pagamenti, né ha tempestivamente dedotto alcuna

L’ammissione della prova testimoniale oltre i limiti di
valore stabiliti dall’art. 2721 c.c. costituisce infatti un
potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, o
mancato esercizio, è insindacabile in sede di legittimità ove
sia correttamente motivato (Cass., 22 maggio 2007, n. 11889).

potere discrezionale insindacabile in sede di legittimità,
sostiene che la prova dell’effettiva appartenenza della Porsche
allo Zerbini non dimostra nulla nel merito ed afferma l’assoluta
inconferenza del dedotto acquisto delle restanti vetture
Mercedes e Chrysler.
Con il quinto motivo si deduce «Omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione della sentenza su un punto decisivo
ex art. 360 n. 5 c.p.c.»
Secondo parte ricorrente la motivazione della sentenza
d’appello, nella parte in cui conferma quella di primo grado che
non aveva accolto la domanda riconvenzionale dello Zerbini, è
inadeguata.
Sostiene la Corte d’Appello che le istanze istruttorie
dell’appellante sono del tutto generiche, incidendo
negativamente sull’esigenza della specificità dei motivi di cui
all’art. 342 c.p.c.
La sentenza compie infatti un mero rinvio a quella di primo
grado, che a sua volta aveva rinviato per la valutazione del
mezzo di prova all’ordinanza istruttoria del 2 aprile 1997,
9

Nel caso in esame la Corte d’appello, avvalendosi del suo

senza dare alcuna motivazione della propria decisione in ordine
agli atti difensivi depositati dallo Zerbini in primo grado e in
appello.
Il ricorrente sottolinea che l’analitica confutazione
dell’ordinanza istruttoria del 2 aprile 1997 era contenuta nel

Secondo Zerbini le argomentazioni contenute in questo atto
non sono state tenute in alcun modo presenti nella sentenza di
primo grado né in quella di secondo grado.
La Corte d’Appello non ha considerato che le circostanze
indicate nei capitoli di prova dovevano essere valutate in
relazione al quadro generale dei rapporti intervenuti fra le
parti.
Il motivo è inammissibile.
La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza
impugnata con ricorso per Cassazione conferisce infatti al
giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito
della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì
la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza
giuridica e della coerenza logico formale, delle
• argomentazioni svolte dal giudice del merito, in quanto è del
tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni
possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo
giudizio di merito attraverso l’autonoma valutazione delle
risultanze degli atti di causa; ne consegue che il preteso vizio
10

reclamo depositato il 28 aprile 1997.

di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza,
contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi
sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito,
sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente
esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle

contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale
da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione; pertanto le censure
concernenti vizi di motivazione devono indicare quali siano i
vizi logici del ragionamento decisorio e non possono risolversi
nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa
da quella operata dal giudice di merito (Cass., 25 agosto 2003,
n. 12467).
Nel caso in esame l’impugnata sentenza ha rigettato la
domanda riconvenzionale dello Zerbini in quanto generica, senza
nessuna argomentazione rispetto all’iter concettuale seguito
dalla sentenza di primo grado. In tal senso la Corte ha rinviato
alle motivazioni date dal giudice nell’ordinanza istruttoria del
2 aprile 1997 che aveva ritenuto i mezzi istruttori irrilevanti.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con
condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di
cassazione che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

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parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle
spese del giudizio di cassazione che liquida in E 5.000,00 di
cui C 4.800,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Roma, 27 marzo 2013

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