Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13185 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, (ud. 14/02/2020, dep. 30/06/2020), n.13185

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1728-2018 proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

L. CARO 62, presso lo studio dell’avvocato SIMONE CICCOTTI,

rappresentata e difesa dagli avvocati RICCARDO ZANOTTI, MICHELE

ZANOTTI;

– ricorrente –

contro

G.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EUSTACHIO

MANFREDI N. 5, presso lo studio dell’avvocato MAZZEO LUCA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAUL BENASSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1259/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata l’01/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA

MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Portoferraio, condannava Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. alla restituzione, in favore di G.C., della somma di Euro 33.306,61, oltre interessi: ciò sulla base dell’accertata applicazione, nel corso dell’esecuzione del contratto di conto corrente esistente tra le parti, di interessi ultralegali, di interessi anatocistici e di commissioni di massimo scoperto non dovute.

2. – La Banca proponeva gravame, che la Corte di appello di Firenze rigettava.

3. – Ricorre per cassazione, con tre motivi, Banca Monte dei Paschi di Siena. G.C. resiste con controricorso e si avvale di memoria.

Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 345 e 115 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c.. La ricorrente censura la decisione resa dalla Corte di merito nella parte in cui ha ritenuto che l’esistenza di un contratto di affidamento (rilevante ai fini della prescrizione del diritto azionato) potesse desumersi anche alla stregua della documentazione depositata nel giudizio di impugnazione. Contesta, in particolare, l’affermazione del giudice distrettuale per cui la produzione posta in atto aveva ad oggetto “documento ammissibile in quanto potuto richiedere solo dopo la contestazione tardiva” e rileva che la propria eccezione di prescrizione costituirebbe “allegazione fattuale contrapposta alla speculare affermazione fattuale di parte attrice di guisa che non si configura, in ossequio al disposto dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., alcun onere di ulteriore contestazione di quanto ex adverso allegato”.

Il motivo è infondato.

La Corte di appello ha conferito rilievo al fatto che la banca aveva contestato tardivamente il dato dell’esistenza dell’affidamento sul conto corrente (evenienza, questa dell’affidamento, atta ad escludere, quantomeno in parte, la prescrizione del diritto di ripetizione, stante la natura ripristinatoria delle rimesse operate per ripianare l’esposizione debitoria che fosse maturata nei limiti di esso). La banca eccepisce anzitutto che il documento non potesse avere ingresso nel giudizio, a norma dell’art. 345 c.p.c., comma 3, in ragione di tale tardiva contestazione (deduce, in altri termini, che questa non potesse giustificare la produzione del documento in appello). Tuttavia, l’intempestività della confutazione dei fatti oggetto di allegazione rileva ex se sul piano processuale (art. 115 c.p.c.): e ciò nel senso di esimere la controparte dal correlativo onere probatorio. In tal senso, i rilievi svolti circa l’inammissibilità della produzione documentale risultano privi di decisività e, sono, come tali, inammissibili: la tardività della contestazione esimeva infatti l’attrice dall’onere di provare la propria allegazione e tanto esclude che sulla ratio decidendi del tema del contendere qui in esame possa incidere l’attività di produzione documentale (tempestiva o tardiva che essa fosse). Nè appare ammissibile la doglianza fondata sull’insussistenza dell’onere, da parte della banca, di contestare l’eccepita esistenza del contratto di affidamento. Con la deduzione della conclusione del contratto di apertura di credito il correntista non si limita, infatti, a negare il fatto costitutivo dell’altrui eccezione di prescrizione (che è l’inerzia della parte), ma formula una vera e propria controeccezione, basata su fatti nuovi e diversi da quelli in precedenza fatti valere, e di cui deve dare, conseguentemente, la prova (a quest’ultimo riguardo: Cass. 30 gennaio 2019, n. 2660; Cass. 30 ottobre 2018, n. 27704). Rispetto alle allegazioni aventi ad oggetto tali fatti poste alla base della nominata controccezione non può non operare la regola generale posta dall’art. 115 c.p.c..

2. – Col secondo mezzo è lamentata la nullità della sentenza per omesso esame di un motivo di appello, in violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c.. Si assume che la Corte territoriale avrebbe mancato di pronunciarsi sulla censura dell’odierna ricorrente vertente sull’esistenza, nel contratto di conto corrente, di una clausola che programmava il pagamento degli interessi anatocistici: infatti la banca aveva dedotto, col proprio atto di appello, che nessun contratto di conto corrente e di apertura di credito era stato prodotto nel corso del giudizio di primo grado.

Il motivo è fondato.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla controricorrente, nella sentenza impugnata manca alcuna statuizione sull’indicata censura, che l’istante ha riprodotto all’interno del ricorso: prendendo in considerazione il secondo motivo di gravame (che pure riguardava l’anatocismo, come è ricordato nella parte della sentenza che ospita la narrazione della vicenda processuale), il giudice distrettuale si è limitato ad osservare che il consulente tecnico aveva calcolato la commissione di massimo scoperto sulla base delle risultanze degli estratti conto e che la banca non aveva offerto alcuna prova contraria. L’assunto di G.C., per cui la prova degli addebiti degli interessi capitalizzati emergerebbe dagli estratti conto prodotti, non vale ad escludere il vizio denunciato, ma semmai ne conferma l’esistenza, giacchè quel che la controricorrente fa valere è un accertamento del tutto estraneo alla decisione di appello, che pure era stata investita della questione relativa all’anatocismo.

3. – Il terzo motivo oppone, in rubrica, la “nullità della sentenza per omesso esame di un motivo di appello in violazione degli artt. 112,132 e 342 c.p.c.”; si deduce, altresì, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.. Rileva l’istante che la motivazione resa dalla Corte distrettuale sulla commissione di massimo scoperto era da considerarsi “meramente apparente”, non avendo alcuna attinenza alla censura da essa svolta: censura incentrata sul rilievo per cui la controparte, pur essendone onerata, non aveva prodotto il contratto di conto corrente (per il che, ad avviso della banca appellante, il Tribunale non avrebbe potuto assumere che l’applicazione al contratto della commissione di massimo scoperto era illegittima).

Il motivo è fondato.

Esso è anzitutto ammissibile. A dispetto della complessa intitolazione, in cui compaiono censure di diversa natura e contenuto, il motivo ha unicamente ad oggetto il vizio della motivazione apparente. Lo si desume agevolmente dalle argomentazioni svolte dal ricorrente con tale mezzo di ricorso. Come è noto, poi, l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non determina l’inammissibilità dell’impugnazione, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass. 7 novembre 2017, n. 26310; Cass. 27 ottobre 2017, n. 25557; Cass. 20 febbraio 2014, n. 4036): e ciò a maggior ragione quando la rubrica del motivo non sia del tutto errata, ma rechi pure l’indicazione della doglianza che il ricorrente mostra di voler effettivamente svolgere.

Per il resto, va condiviso quanto dedotto dalla ricorrente, giacchè la Corte di merito si è completamente disinteressata del tema relativo alla carenza documentale quanto al contratto di conto corrente (che, secondo l’istante, doveva ridondare in danno della correntista) e ha esaurito la trattazione del secondo motivo di appello nel rilievo per cui il consulente tecnico aveva “calcolato la commissione di massimo scoperto sulla base delle risultanze degli estratti conto”, senza che la banca avesse “offerto alcuna prova contraria”.

Premesso che nella circostanza il giudice del gravame era tenuto a spiegare per quale ragione, a fronte della mancata acquisizione di uno scritto che documentasse il contratto di conto corrente, potesse assumersi che la commissione di massimo scoperto non era dovuta, l’indicata motivazione risulta effettivamente apparente: per tale deve infatti intendersi quella motivazione che, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 3 novembre 2016, n. 22232).

4. – In accoglimento del secondo e del terzo motivo la sentenza è dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

accoglie il secondo e il terzo motivo; rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, cui demanda di statuire sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 14 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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