Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13184 del 25/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 25/05/2017, (ud. 25/01/2017, dep.25/05/2017),  n. 13184

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22493-2014 proposto da:

F.P. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2, presso lo studio dell’avvocato CATERINA

GIUFFRE’, rappresentato e difeso dall’avvocato ALDO DE CARIDI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ENZO

MORRICO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 359/2013 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 21/03/2013 R.G.N. 327/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito l’Avvocato ALDO DE CARIDI;

udito l’Avvocato VALERIA COSENTINO per delega verbale Avvocato ENZO

MORRICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA che ha concluso per l’improcedibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 21 marzo 2014, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, confermava la decisione resa dal Tribunale di Reggio Calabria e rigettava la domanda proposta da F.P. nei confronti di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatogli dalla Società in relazione all’addebito consistito nell’installazione di una telecamera all’interno dei servizi igienici riservati alle signore.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata l’eccezione di decadenza dall’azione per mancata o intempestiva impugnazione del licenziamento proposta dalla Società allora appellata, infondata l’eccezione di genericità della contestazione e del provvedimento sanzionatorio proposta dall’odierno ricorrente, sussistente l’invocata giusta causa di licenziamento e proporzionata la sanzione espulsiva irrogata a fronte di un comportamento concretantesi in molestie sessuali, che, a prescindere dal realizzarsi dell’evento, affermato dal ricorrente insussistente per l’inidoneità dei mezzi impiegati a determinarne il verificarsi e, di contro, in considerazione del ruolo apicale e della posizione di sovra ordinazione gerarchica del ricorrente nei confronti delle potenziali vittime, attesta il difetto dei requisiti di integrità morale e professionale, risultando, pertanto idoneo a ledere in via definitiva il necessario vincolo fiduciario tra le parti.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il F., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Società, che ha poi presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. e dell’art. 59 del CCNL per il settore delle attività ferroviarie del 16.4.2003, lamenta l’incongruità logica e giuridica del giudizio di proporzionalità tra sanzione irrogata e condotta addebitata espresso dalla Corte territoriale.

Il secondo motivo prospetta il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata considerazione da parte della Corte territoriale, ai fini del giudizio circa la ricorrenza della giusta causa di recesso, delle risultanze, favorevoli al ricorrente, del procedimento penale avviato a carico del medesimo.

Si procede all’esame del ricorso autorizzati a definirlo con motivazione semplificata.

Al di là dei profili di improcedibilità/inammissibilità ricollegabili ad entrambi i motivi formulati, per essere il primo motivo riferito alla violazione di norme del contratto collettivo di settore qui neppure prodotto ed il secondo relativo ad un vizio di omesso esame degli atti del procedimento penale avviato a carico del ricorrente, vizio non riscontrabile per aver la Corte territoriale espressamente dichiarato l’irrilevanza delle circostanze di fatto emergenti da quegli atti, i due motivi, che in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono comunque ritenersi palesemente infondati anche se riguardati nella più generale prospettiva della contestazione del giudizio di proporzionalità della sanzione irrogata alla condotta addebitata espresso dalla Corte territoriale, per essere questo correttamente riferito alla condotta in sè, a prescindere dalla stessa verificabilità dell’evento lesivo, logicamente fondato sulla considerazione di essa come idonea a riflettere una personalità incline ad impulsi tali da invadere la sfera più intima della persona ed insuscettibili di trovare limite nel contesto professionale in cui il soggetto si inserisce, ed ineccepibilmente definito nel senso del venir meno dell’affidamento del soggetto datore, obbligato ex art. 2087 c.c. a salvaguardare la dignità morale dei propri lavoratori, sull’esatto adempimento delle prestazioni future.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. Considerata l’ammissione al gratuito patrocinio non sussistono allo stato i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della non sussistenza allo stato dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2017

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