Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13183 del 30/06/2020
Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 30/06/2020), n.13183
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 948-2019 proposto da:
S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
ANTONIO FASCIA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO
DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il
30/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 05/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. NAZZICONE
LOREDANA.
Fatto
RILEVATO
– che viene proposto ricorso avverso il decreto del Tribunale di Brescia del 30 novembre 2018, che ha respinto il ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;
– che non svolge difese il Ministero intimato;
– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO
– che, giustapponendo norme in tre alinea e, tuttavia, mancando di illustrare specificamente ciascuna violazione – posto che il ricorso contiene un unico e fattuale argomentare a sostegno delle allegate violazioni – il ricorso si palesa del tutto inammissibile, per violazione dell’art. 366 c.p.c.;
– che invero, il ricorrente si limita a dolersi del fatto che il tribunale non abbia creduto al suo racconto, come già prima la commissione territoriale, e a ribadire che in Gambia i diritti umani “sono ben lungi dall’essere tutelati”, che il suo racconto è “assolutamente verosimile” e che egli si trovava nelle condizioni di avere diritto alla protezione umanitaria “non avendo legami” nel suo paese e perchè “la riduzione in schiavitù (in Libia, come in Gambia) costituisca violazione grave dei diritti umani”;
– che, pertanto, il ricorso si palesa inammissibile anche per la pretesa di ripetere il giudizio di fatto;
– che, avendo il giudice del merito compiutamente approfondito l’esame in fatto della situazione nel rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia ed esponendo le ragioni per le quali ha reputato il richiedente privo dei requisiti idonei al riconoscimento dello status, nessuna censura può essere promossa in questa sede, trattandosi, per l’appunto, di valutazioni fattuali non sindacabili dinanzi al giudice di legittimità;
– che non è necessario provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020