Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13182 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, (ud. 27/09/2019, dep. 30/06/2020), n.13182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30348-2018 proposto da:

O.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO, 38,

presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e

difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA;

– intimati –

avverso il decreto n. 13051/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositato

l’11/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VELLA

PAOLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il cittadino nigeriano O.D., esponendo di essere di religione cristiana e di aver lavorato a Benin City (Edo State) come guardia del corpo dei leader del partito APC, ha narrato di essere stato minacciato dal suo stesso partito – a causa del rifiuto di partecipare ad una spedizione punitiva contro gli aggressori che il 29/03/2016 avevano ucciso tre ragazzi della sicurezza – e di essere stato costretto a fuggire ad Abuja dopo che un amico lo aveva avvisato che un gruppo di giovani del partito APC si era recato a casa sua ed aveva sterminato la famiglia; era quindi espatriato il 14/04/2016, andando dapprima in Libia e poi in Italia, con il timore di essere ucciso in caso di rientro in Patria;

2. il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso avverso il diniego di protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria della competente Commissione territoriale perchè, anche dopo il rinnovo dell’audizione del ricorrente dinanzi al giudice delegato, la vicenda narrata era continuata ad apparire contraddittoria, priva di contestualizzazione, inverosimile, nutrendo perciò seri e fondati dubbi sulla credibilità della motivazione del suo espatrio; ha evidenziato la mancata indicazione di specifiche ragioni di persecuzione ai fini dello status di rifugiato e l’insussistenza dei presupposti della protezione sussidiaria, in particolare non versando l’Edo State in una situazione di violenza generalizzata o di conflitto armato interno o internazionale, D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 14, lett. c), alla luce delle COI acquisite (rapporto Amnesty international 2016-2017; report Human Right Watch 2017; report FASO giugno 2017; Comm. nazionale diritto di asilo 11/7/2017); anche ai fini della protezione umanitaria non erano stati allegati seri motivi o fattori di particolare vulnerabilità, mentre sotto il profilo comparativo non risultava avviato un significativo percorso di stabilizzazione nel contesto sociale, culturale, relazionale e lavorativo nazionale (stante l’irrilevanza del corso per falegnameria e officina sociale seguito, grazie ai fondi per l’accoglienza dei migranti);

3. avverso la decisione il ricorrente ha proposto quattro motivi di ricorso per cassazione; il Ministero intimato non ha svolto difese;

4. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. il primo motivo, con cui si contesta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 8 e ss. – per mancata audizione in assenza di videoregistrazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4) è manifestamente infondato, poichè in realtà l’udienza si è regolarmente tenuta, come risulta dal decreto impugnato, mentre del tutto inammissibili sono le doglianze circa il tipo di domande poste dal giudice in sede di audizione, sia pure miranti alla conferma delle dichiarazioni rese in sede di audizione dinanzi alla competete Commissione territoriale;

6. il secondo mezzo, che censura la nullità della sentenza per omessa acquisizione d’ufficio di informazioni e documenti rilevanti e per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (art. 360 c.p.c., n. 4) presenta plurimi profili di inammissibilità, consistendo in doglianze eterogenee, generiche, afferenti il merito, difformi dai nuovi parametri del vizio motivazionale e tali da configurare un coacervo di rilievi mirati nuovamente sull’audizione oltre che su pretesi documenti da acquisire, quando invece il tribunale ha debitamente acquisito e discrezionalmente valutato COI aggiornate e qualificate, rendendo una motivazione coerente;

7. il terzo motivo, che censura la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14 (art. 360 c.p.c., n. 3) per mancata concessione della protezione sussidiaria “ex lege” in ragione delle condizioni sociopolitiche della Nigeria, è infondato, avendo il tribunale rilevato la mancanza di personalizzazione del rischio dedotto (minacce di morte del partito APC) e la non credibilità del racconto; inoltre il dovere di cooperazione istruttoria officiosa è stato assolto con l’acquisizione di COI sulla situazione generale esistente nell’Edo State.

8. il quarto mezzo, con cui si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, sulla protezione umanitaria, è inammissibile, risolvendosi in censure generiche e afferenti il merito, avendo il tribunale puntualmente escluso profili di vulnerabilità anche attraverso una valutazione comparativa con l’integrazione raggiunta in Italia, ritenendo a tal fine insufficiente la dedotta giovanissima età;

9. l’assenza di difese degli intimati esclude la pronuncia sulle spese.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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