Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13182 del 25/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 25/05/2017, (ud. 18/01/2017, dep.25/05/2017),  n. 13182

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25348-2015 proposto da:

D.T.V. C.F. (OMISSIS), domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato ORAZIO TOTARO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

G.C. C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE DI SABATO e ONORINO

CARMELO DI SABATO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1295/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 22/04/2015 r.g.n. 1378/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;

udito l’Avvocato ONORINO CARMELO DI SABATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA MARIO, che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Bari con sentenza del 22.4.2016 confermava il rigetto della domanda proposta da D.T.V. di dichiarazione di nullità del recesso intimato oralmente al lavoratore già rigettata in sede sommaria ed in sede di opposizione. La Corte territoriale osservava che il lavoratore si era dimesso e che aveva disconosciuto la sottoscrizione dell’atto di dimissioni tardivamente cioè solo in sede di opposizione; il disconoscimento doveva, trattandosi di norma di rilevanza anche sostanziale, intervenire tempestivamente in sede sommaria. Era anche nuova e quindi tardiva la doglianza per cui l’atto di dimissioni non sarebbe stato formulato precedentemente in forma scritta rispetto alla sua convalida. In ogni caso la convalida era stata apposta in calce all’espressa indicazione della clausola risolutoria e quindi incorporata ed assorbita nell’atto di formale di validazione.

Inoltre le dimissioni una volta convalidate non potevano essere revocate ad nutum dal comportamento del lavoratore che si era presentato due giorni dopo al lavoro.

2. Per la cassazione di tale e decisione il Di Tullio propone ricorso in cassazione con tre motivi; resiste controparte con controricorso. Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata della presente sentenza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 414 e 415 cod. civ. proc.. Il CCNL era stato allegato e quindi era possibile su tale base verificare la violazione delle disposizioni contrattuali in ordine alla forma necessaria per l’atto di dimissioni.

2. Il motivo appare inammissibile posto che correttamente la Corte di appello ha ritenuto tardivo l’argomento in ordine alla mancanza del requisito dell’atto scritto posto che ha osservato che in prime cure la linea difensiva svolta era attestata sul disconoscimento della convalida delle dimissioni. Questa ratio decidendi in realtà non viene ad essere contestata essendo palesemente ininfluente la mera produzione del CCNL senza l’allegazione in concreto della sua eventuale violazione in concreto.

3. Con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 2114, 215 e 216 cod. civ. proc. in relazione alla L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 47 e ss.. Nella fase sommaria non sussisteva alcun obbligo di contestazione dei documenti prodotti ex art. 215 cod. civ. proc., disconoscimento ritualmente intervenuto in sede di cognizione ordinaria.

4. Il motivo appare infondato posto che la norma di cui si discute, l’art. 215 cod. civ. proc. (per cui la scrittura privata prodotta si ha per riconosciuta se la parte non la disconosce nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione, come pacificamente non è avvenuto) appare chiaramente applicabile anche al rito sommario stante la sua univoca funzione di stabilizzazione probatoria di un documento prodotto da una parte contro l’altra (come si esprime efficacemente la Corte territoriale) e che sarebbe del tutto irrazionale stabilire che tale norma sia operativa solo in sede di opposizione in quanto porterebbe ad una attività processuale potenzialmente inutile o passibile di essere travolta per l’esercizio tardivo di una elementare attività difensiva di contestazione, in chiara violazione delle norme anche di natura costituzionale o Europea sul giusto processo. La dilazione di una tale attività difensiva alla fase di opposizione appare priva di ragioni di carattere sistematico e porta ad una contrapposizione, anche in termini di acquisizione del materiale probatorio documentale, del tutto irrazionale tra fase sommaria e fase di opposizione.

5. Con il terzo motivo si allega la violazione e falsa applicazione della L. n. 92 del 2012, art. 4, comma 18. Le dimissioni prive di garanzia di validazione presuppongono una non contestazione da parte del lavoratore che con la sua inerzia contribuisce a consolidarle.

6. Il motivo appare infondato apparendo del tutto eccentrica la tesi per cui l’atto di dimissioni convalidate (anche se senza le specifiche garanzie di validazione previste dalla legge n. 92/2012) presupporrebbe una mancata contestazione da parte del lavoratore che con la sua inerzia contribuirebbe a consolidarlo posto che se si accedesse a questa ricostruzione si renderebbe del tutto inutile l’istituto in parola; la novella del 2012 ha infatti attribuito significato ad una revoca della dimissioni solo nei casi specificati all’art. 4, commi 19 e 20 (e cioè nel caso di dimissioni sub condicione) ben diversi dalle ipotesi in cui la convalida delle dimissioni sia già avvenuta come nel caso in esame nel quale la risoluzione del rapporto (per effetto di dimissioni convalidate) ha chiaramente una efficacia ormai non più revocabile.

7. Si deve quindi rigettare il ricorso: le spese di lite – liquidate come al dispositivo – seguono la soccombenza.

8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, non ricorrendone i presupposti, essendo il ricorrente già stato ammesso al gratuito patrocinio, come da dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonchè in Euro 3.500,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2017

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