Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13181 del 28/05/2013
Civile Ord. Sez. U Num. 13181 Anno 2013
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: CAPPABIANCA AURELIO
ORDINANZA
sul ricorso 15823-2012 proposto da:
COMUNE DI LAGO, in persona del Sindaco pro-tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UGO OJETTI 114,
presso lo studio dell’avvocato CAPUTO FRANCESCO
2013
ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato BARBA
282
GREGORIO per delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
MAGLIOCCHI GIACOMINA, elettivamente domiciliata in
Data pubblicazione: 28/05/2013
ROMA,
PIAZZA DEI
GERANI
6,
presso lo studio
dell’avvocato DIEGO MARRA, rappresentata e difesa
dall’avvocato LARUSSA ADOLFO per delega in calce al
controricorso;
– controricorrente –
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il 22/06/2011;
uditi gli Avvocati BARBA GREGORIO, MARIO ETTORE VERINO
per delega dell’Avvocato ADOLFO LARUSSA;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 23/04/2013 dal Consigliere Dott. AURELIO
CAPPABIANCA.
per revocazione dell’ordinanza n. 13641/2011 della
R.G. 15.823/11
Premesso:
– che,
pronunziando su ricorso per regolamento
preventivo di giurisdizione proposto dal Comune di
Lago, queste Sezioni unite, con ord. 13641/11, hanno
affermato la giurisdizione del Giudice Ordinario, nella
davanti al Tribunale di Paola, per il risarcimento dei
danni alla salute patiti – in esito a provvedimento
sindacale d’immediato sgombro della propria abitazione
(adottato in considerazione dei rischi connessi al
distacco di un muretto di contenimento del costone
roccioso posto alle spalle del fabbricato) – a causa
della mancata tempestiva realizzazione dell’intervento
ovvero del mancato tempestivo reperimento
diversa
denunciate
di
sistemazione provvisoria, a fronte delle
pessime condizioni igienico-sanitarie
dell’immobile acquisito in locazione dal Comune e
concessole in uso, per undici anni, sino all’avvenuto
ripristino delle condizioni di sicurezza della sua
abitazione;
– che la decisione è fondata sulla qualificazione
dell’azione proposta dalla Magliocchi come tesa al
ristoro di lesione di diritti scaturente – non da un
comportamento materiale, espressione dell’esercizio di
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controversia instaurata da Giacomina Magliocchi,
R.G. 15.823/11
poteri autoritativi dell’ente pubblico di cui venga
denunciata l’illegittimità in materie riservate alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
(quale la gestione del territorio) – ma dalla cattiva
gestione ed omessa manutenzione da parte della p.a. di
legge e di regolamento, nonché delle generali norme di
prudenza e diligenza, imposte dal precetto del
laedere
neminem
a tutela dell’incolumità dei cittadini e
dell’integrità del loro patrimonio;
rilevato:
– che, contro l’indicata decisione,
il Comune di
Lago, illustrando le proprie ragioni anche con memoria,
propone ricorso per revocazione ex art. 391 bis e 395
n. 4 c.p.c., sostenendo che la contrastata decisione
sarebbe frutto di una svista o errore di percezione,
non essendo mai stato sostenuto in causa che il
costone di roccia o il muretto pericolante sono beni
pubblici;
– che, in subordine, il Comune solleva dubbio di
legittimità costituzionale e comunitaria degli artt.
391 bis e 395 n. 4 c.p.c., ove interpretati nel senso
dell’inammissibilità del rimedio della revocazione in
ipotesi di errore di giudizio o di valutazione;
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un proprio bene, in violazione delle disposizioni di
R.G. 15.823/11
– che l’intimata Giacomina Magliocchi resiste con
controricorso;
osservato:
– che, che la censura proposta in via principale
dal Comune non presenta carattere di vizio revocatorio;
della Corte di cassazione
la ricorrenza dell’errore
revocatorio presuppone, non un qualsiasi errore di
fatto, ma un errore di fatto (riguardante gli atti
interni al giudizio di legittimità) che si risolva
un’erronea percezione dei fatti di causa
in
non
ricorrendo, dunque, vizio revocatorio, quando la
decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa
errata valutazione o interpretazione di documenti e
risultanze processuali e non nella relativa inesatta
percezione – e che, inoltre, presenti (oltre che i
caratteri dell’essenzialità e decisività ai fini della
pronunzia) quelli dell’estraneità a punti controversi
su cui il giudice si sia pronunciato nonché
dell’assoluta evidenza e della semplice ed
incontrovertibile rilevabilità sulla base del mero
raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e i
documenti di causa (Cass. 22171/10, 16447/09, 26022/08,
17443/08, 5075/08, 14608/07, 24856/06 8295/05);
3
– che invero, in tema di revocazione delle sentenze
R.G. 15.823/11
considerato:
– che, alla luce degli indicati criteri, il vizio
enunciato non risulta rispondente allo statuto
revocatorio, giacché l’errore rappresentato dalla
società ricorrente, così come prospettato, investe
che le Sezioni unite hanno tratto dalla lettura degli
atti (v. pp. 3,4 della sentenza impugnata), e, dunque,
la valutazione (peraltro non circoscritta a profili
fattuali) operata in merito alla qualificazione degli
elementi della domanda; sicché è da escludere che esso
incida (e, tanto meno, incida in termini di assoluta
evidenza), sulla mera percezione di un dato fattuale
nella sua oggettiva consistenza;
che – diversamente da quanto prospettato dal
Comune ricorrente in memoria – la considerazione
esposta per nulla contraddice il criterio seguito da
Cass., ss.uu., 11926/12;
che invero, l’evocato precedente ha fatto
riferimento a travisamento di dato processuale, di mera
oggettiva consistenza, costituito dalla stampigliatura
della data di notificazione impressa sull’atto di
parte; dato, per sua natura, d’immediata (nel senso
di non mediata) percezione da parte del giudice;
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l’interpretazione della domanda oggetto del giudizio,
R.G. 15.823/11
– che, nella fattispecie, l’assunto travisamento
pubblica
o
dati
giuridico-fattuali (natura
privata
dei beni ingeneranti la
situazione di pericolo),
incidenti sul merito della
controversia, che la Corte
non ha potuto acquisire
che attraverso la mediazione
delle parti ed
un’interpretazione dei contenuti espositivi dei
relativi atti; e, dunque, nell’esercizio di attività
valutativa, che, quand’anche errata, è insuscettibile
di revocazione;
che,
impingendo
il
preteso
errore
qualificazione della controversia al fine
definizione
il
della
giurisdizione,
sulla
della
manca, comunque,
requisito dell’estraneità dell’errore medesimo a
punti controversi su cui il giudice si sia pronunciato;
considerato altresì:
– che manifestamente infondata si rivela, poi, la
(subordinatamente) dedotta questione di legittimità
costituzionale degli artt. 391 bis e 395 n. 4 c.p.c.,
nella parte in cui non prevedono come causa di
revocazione l’errore di giudizio o di valutazione,
giacché, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la
Costituzione non impone al legislatore ordinario altri
vincoli che quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della
5
riguarda, invece,
R.G. 15.823/11
ricorribilità in cassazione per violazione di legge di
tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà
personale pronunciati dagli organi giurisdizionali
ordinari e speciali, e che non appare irrazionale la
scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di
impugnatorio, una propria specifica funzione,
escludendone gli errore di giudizio o valutazione,
proponibili, invece, con l’appello e con il ricorso per
cassazione v. Cass. 30245/11, 18897/11, 862/11);
– che infondata si rivela anche la censura svolta
sul piano della normativa comunitaria;
– che
invero – rilevato che, nella fattispecie,
non è dato riscontrare alcun
vulnus
al principio
dell’effettività della tutela giurisdizionale – deve,
peraltro, osservarsi
che il diritto comunitario –
mentre, per un verso, riconosce la necessità che “le
decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo
l’esaurimento delle vie di ricorso disponibili o dopo
la scadenza dei termini previsti per questi ricorsi non
possano più essere rimesse in discussione” e ciò “al
fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei
rapporti giuridici, sia una buona amministrazione della
giustizia”
(cfr.
C.G.
3.9.2009,
6
in causa C-2/08,
impugnazione per revocazione, nel complessivo sistema
R.G. 15.823/11
Olimpiclub, intervenuta su questione pregiudiziale
proposta proprio da questa Corte, e, altresì, C.G.
30.9.2003, in causa 0-224/01, Kobler; C.G. 16.3.2006,
in causa C – 234/04, Kapferer) – per l’altro, s’ispira
al criterio dell’autonomia procedurale degli Stati
cosa giudicata e quelle di attuazione del relativo
principio alle disposizioni dell’ordinamento giuridico
interno di detti Stati (cfr. Cass. 25320/10);
ritenuto:
che
il
ricorso
si
rivela,
pertanto,
inammissibile e che, in quanto tale, va disatteso nelle
forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;
– che, per la soccombenza, il Comune ricorrente va
condannato al pagamento delle spese di causa, liquidate
in dispositivo in applicazione dei criteri stabiliti
dal d.m. 140/2012.
P. Q. M.
la Corte, a sezioni unite, dichiara inammissibile il
ricorso; condanna il Comune ricorrente al pagamento
delle spese di causa, liquidate in complessivi
e
4.200,00 (di cui C 200,00 per esborsi) oltre accessori
di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23
membri, così rimettendo le modalità di formazione della