Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13176 del 17/05/2021

Cassazione civile sez. III, 17/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 17/05/2021), n.13176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 6413/2018 proposto da:

F.G., P.M.A., e A.E., domiciliati in

Roma, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione,

rappresentati e difesi dall’avvocato Vittorio D’Angelo;

– ricorrenti –

contro

Ag.Gi., e M.F., domiciliati Roma, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi

dall’avvocato Francesco Ciabattoni;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 826/2017 del Tribunale di Ascoli Piceno,

depositata il 22/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/01/2021 dal Consigliere relatore Dott. Cristiano Valle;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Vittorio D’Angelo per i ricorrenti, che ha concluso

per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Luigina Giansante, in delega dell’Avvocato Francesco

Ciabattoni, per i controricorrenti, che ha chiesto il rigetto del

ricorso, osserva.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1) F.G., P.M.A. e A.E. quali concreditori di Ag.Gi. intrapresero una procedura esecutiva nei confronti dell’ Ag. in forza della sentenza n. 568 del 2011 del Tribunale di Ascoli Piceno.

1.1) La detta sentenza di primo grado venne sospesa dalla Corte di Appello di Ancona, a seguito di prestazione di fideiussione da parte dell’ Ag..

1.2) I suddetti creditori dell’ Ag., dopo la notifica del precetto sulla base della sentenza n. 568/2011 del Tribunale di Ascoli Piceno, notificavano pignoramento presso terzi al Comune di Ascoli Piceno, che comunicava che l’ Ag. aveva ceduto alla moglie M.F. il credito vantato verso di esso.

Gli stessi F., P. e A. avevano, nelle more, ottenuto un sequestro conservativo prima dell’instaurazione della causa di merito (cd. ante causam) delle somme dovute dal Comune all’ Ag. (sequestro conservativo di crediti che veniva eseguito nelle forme di cui all’art. 678 c.p.c., mediante l’instaurazione della procedura esecutiva iscritta presso il Tribunale di Ascoli Piceno al R.G. n. 201/2012); il detto provvedimento di sequestro venne revocato a seguito di reclamo al collegio del tribunale, ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c., dell’ Ag. e della M..

1.3) A seguito di ciò la procedura esecutiva instaurata sulla base dell’originario provvedimento di sequestro venne dichiarata estinta con ordinanza del g.e. che provvide alla liquidazione delle spese, senza porle a carico di alcuno, ma a ciò sollecitato dai creditori procedenti F., P. e A., che avevano a tal fine depositato nota spese.

1.4) I detti creditori esecutanti notificarono, quindi, il precetto sulla base di detta ordinanza del giudice dell’esecuzione del sequestro (procedura dichiarata estinta).

1.5) Ag.Gi. e M.F. proposero opposizione a precetto dinanzi al Giudice di pace.

1.6) L’opposizione venne rigettata.

1.7) Il Tribunale di Ascoli Piceno, su appello degli Ag.- M., con la sentenza n. 826 del 22/09/2017, ha riformato la sentenza del primo giudice ed ha dichiarato la nullità del precetto e condannato F., P. e A. alle spese del doppio grado di giudizio.

1.8) Ricorrono, con atto affidato a tre motivi, i detti soccombenti in grado d’appello.

1.9) Resistono con controricorso Ag.Gi. e M.F..

1.10) Il ricorso, in origine destinato alla trattazione secondo il rito camerale non partecipato di cui all’art. 375 c.p.c., è stato rimesso alla trattazione in udienza pubblica con ordinanza interlocutoria della Sezione VI civile n. 19579 del 18/09/2020.

1.11) All’udienza pubblica del 14 gennaio 2021 il P.G. ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso ed ha ribadito dette conclusioni in sede di discussione.

I difensori delle parti hanno così concluso: per l’accoglimento del ricorso l’avvocato D’Angelo, e per il rigetto l’avvocato Giansante in delega dell’avvocato Ciabattoni, per i controricorrenti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) I motivi di ricorso censurano come segue la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno.

2.1) Il primo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 474 e 475 c.p.c. e omesso esame: il mezzo afferma che il tribunale ha errato nel non ritenere rilevante il riferimento fatto dall’ordinanza del g.e. alla nota spese e che la detta ordinanza aveva fatto, altresì, riferimento all’esito positivo del pignoramento. Con il primo motivo si deduce la violazione, da parte del tribunale, degli artt. 474 e 475 c.p.c., consistita nel non aver ritenuto che l’ordinanza del giudice dell’esecuzione del 18 giugno 2012 costituisse un valido titolo esecutivo.

2.2) Il secondo mezzo propone censura di violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 95 c.p.c., in quanto il pignoramento era stato positivo e pertanto tutte le spese dovevano essere poste a carico del debitore. Con il secondo motivo si afferma che, giacchè il pignoramento era stato positivo, le spese liquidate dal giudice dell’esecuzione devono considerarsi come senz’altro poste a carico del debitore.

2.3) Il terzo motivo deduce violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e art. 630 c.p.c., commi 2 e 3, in quanto la sentenza impugnata avrebbe erroneamente affermato la non impugnabilità della ordinanza di estinzione ai sensi delle richiamate norme. Con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’ordinanza del giudice dell’esecuzione pronunciata ai sensi dell’art. 630 c.p.c., non fosse autonomamente impugnabile ex art. 111 Cost., in quanto sprovvista di contenuto decisorio.

3) I tre motivi possono essere congiuntamente esaminati in quanto strettamente connessi.

3.1) L’ordinanza del giudice dell’esecuzione posta a base del precetto pacificamente non contiene alcuna statuizione che possa far ritenere che le spese fossero poste a carico dell’ Ag., non potendosi attribuire valenza dirimente al fatto che il provvedimento faccia riferimento alla nota spese, e ciò sulla base della giurisprudenza, alla quale in questa sede si intende dare continuità, secondo la quale l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che dichiari l’estinzione del processo esecutivo e che non ponga espressamente le spese a carico del debitore, pur liquidandole, non costituisce titolo esecutivo nei suoi (del debitore) confronti e comporta che le spese anticipate dal creditore restino a suo carico (Cass. n. 16711 del 17/07/2009 Rv. 609145-01): “In conformità alla regola generale dettata dall’art. 310 c.p.c., u.c., nel processo di esecuzione e, quindi, anche in quello di espropriazione forzata presso terzi, in mancanza di diverso accordo tra le parti, qualora il processo si estingua, le spese restano a carico delle parti che le hanno anticipate; pertanto, le spese sostenute dal creditore procedente restano a suo carico se, a seguito della dichiarazione negativa del terzo e in assenza di contestazioni, il processo è dichiarato estinto e, conseguentemente, l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione, dichiarata l’estinzione del processo, provvede alla loro liquidazione senza, però, porle a carico del debitore esecutato (come richiesto dal creditore procedente, nella specie), non avendo contenuto decisorio su diritti, non può considerarsi ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost.)”.

Detto orientamento è stato successivamente ribadito (Cass. n. 22509 del 28/10/2011 nonchè in precedenza n. 03465 del 11/02/2011, non massimata).

Come condivisibilmente affermato dal P.G. nel suo articolato intervento scritto: “la presente fattispecie deve, pertanto, ritenersi regolata dall’art. 310 c.p.c., a tenore del quale le spese del processo esecutivo debbono restare a carico di chi le ha anticipate, in tutti i casi di estinzione, tipica o atipica e vieppiù in quelli scaturiti dalla caducazione del titolo esecutivo che non può che gravare su coloro che lo hanno utilizzato.”.

4) Il difensore dei ricorrenti, nel corso della discussione orale, ha richiamato precedente difforme da quanto in questa sede opinato. L’ordinanza richiamata, compulsata d’ufficio, è la n. 15448 del 21/07/2020, resa a seguito di adunanza camerale non partecipata secondo il rito di cui all’art. 375 c.p.c., non può essere assunta ad utile parametro di comparazione, essendo del tutto diversi i presupposti di fatto in detta controversia, pur vertendo la stessa tra le stesse parti di quella in oggetto.

5) Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato.

6) Le spese di lite seguono la soccombenza dei ricorrenti e sono liquidate come da dispositivo.

7) Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 1.500,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2021

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