Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13172 del 28/05/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13172 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: ACIERNO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 27510-2012 proposto da:
SAMBU MALICK MOHAMED, elettivamente domiciliato in
ROMA, PIAZZA MAZZINI 8, presso lo studio dell’avvocato
PRECENZANO FRANCESCO, che lo rappresenta e difende,
giusta procura a margine del ricorso;
ricorrente
contro

COMMISSIONE TERRIRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLO
thAsTe. (2,0 ‘Un
STATUS DI RIFUGIATO POLITICO in persona del Ministro
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente nonchè contro

Data pubblicazione: 28/05/2013

PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI ROMA;

– intimataavverso la sentenza n. 4576/2012 della CORTE D’APPELLO
di ROMA del 19.4.2012, depositata il 24/09/2012;

consiglio del 26/02/2013 dal Consigliere Relatore Dott.
MARIA ACIERNO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Francesco Precenzano
che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. SERGIO DEL CORE che si riporta alla relazione
scritta.

udita la relazione della causa svolta nella camera di

R.g. 27510/2012
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Roma, confermando
la pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di protezione
internazionale proposta da Sambu Malick Mohamed, cittadino

decisione assunta è stato affermato che :
– le preoccupazioni riferite dal cittadino straniero, circa la
possibilità di subire persecuzioni nel caso di ritorno in
Sudan, non hanno carattere di specificità ed attualità perché
ricollegate dallo stesso esponente ad avvenimenti occorsi a
suoi congiunti o a fatti personali ma remoti, collocati negli
anni 2003-2004;
– le informazioni richieste al Ministero degli Affari Esteri
evidenziano un clima di persistente tensione in Sudan dovuto
però a criticità relative al Sud Sudan e al Darfur, mentre la
situazione nel resto del Paese ed in particolare nella
capitale presenta caratteri di stabilità. Ne consegue che il
rientro in zone più sicure del proprio paese non
presenterebbe problemi;
– per le ragioni sopraesposte non sussistono le condizioni per
il riconoscimento di alcuna delle misure di protezione
internazionale previste dalla legge.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il
cittadino straniero affidandosi ad un unico complesso motivo.

sudanese proveniente dalla regione del Darfur. A sostegno della

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno che deposita
altresì memoria.
Nel motivo di ricorso vengono evidenziate, ai sensi dell’art. 360
n. 3 cod. proc. civ. le seguenti censure relative alla violazione
di norme di legge :

2004/83/CE secondo il quale il giudice può accertare la
possibilità del richiedente asilo di trasferirsi in sicurezza
in altre parti del territorio del suo paese d’origine, non è
stato recepito dal d.lgs n. 251 del 2007, con conseguente
inapplicabilità, ribadita da Cass. 2294 del 2012, del
principio nel nostro ordinamento interno;
b) in secondo luogo viene osservato che la situazione attuale
nella zona del Darfur è caratterizzata dalla perpetrazione
del genocidio di alcuni gruppi etnici, ed in particolare
della popolazione nera, tanto che il presidente del Sudan
Omar Hassan Bashir è stato condannato dalla Corte Penale
Internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità nel
marzo 2009.

Da tali premesse,

accertate mediante la

documentazione richiesta dalla Corte d’Appello al Ministero
degli Affari Esteri, consegue l’applicabilità dell’art. 8 del
.d.lgs n. 251 del 2007ed il diritto al riconoscimento dello
status di rifugiato politico;
c) in terzo luogo viene evidenziata la sussistenza quanto meno
del diritto alla protezione sussidiaria, in quanto la
situazione attuale del Darfur integra quella minaccia grave

a) in primo luogo viene osservato che l’art. 8 della Direttiva

ed individuale alla vita o alla persona di un civile
derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di
conflitto armato interno od internazionale.
Il ricorso è manifestamente fondato.
Preliminarmente occorre richiamare l’attenzione sulla necessità

oggettive per ottenere una misura tipica od atipica di
protezione internazionale deve essere fondato sull’accertamento
della situazione attuale ed aggiornata, riferita al momento
della decisione. L’art. 4 del d.lgs n. 251 del 2007 costituisce
la prova indiretta della portata generale del principio
sopraesposto, nella parte in cui consente che la domanda di
protezione internazionale possa essere motivata anche da
avvenimenti verificatisi dopo la partenza del richiedente quando
sia accertato che le attività addotte costituiscano
l’espressione e la continuazione di convinzioni od orientamenti
già manifestati nel Pese d’origine. L’esame ex art. 3 deve
essere condotto alla luce della situazione attuale e le
informazioni da richiedersi al Ministero degli Esteri ex art. 8
secondo comma d.lgs n. 25 del 2008 devono essere aggiornate. Ne
consegue un primo rilevante profilo di violazione delle norme e
dei principi che regolano il diritto alla protezione
internazionale risiede nell’affermazione, contenuta nella
sentenza impugnata, secondo la quale le “preoccupazioni” del
ricorrente sono prive di specificità ed attualità perché
riferite a fatti del 2003 – 2004. Il giudizio di genericità ed

che l’esame sulla sussistenza delle condizioni soggettive ed

inattualità dei rischi di persecuzione e dei pericoli per la
propria incolumità segnalati dal ricorrente avrebbe dovuto
correttamente fondarsi sull’esame “aggiornato” del paese
d’origine, fondato sulle informazioni assunte da porre a
confronto con le dichiarazioni del ricorrente medesimo. Al

vi è traccia dei motivi di persecuzione e pericolo dedotti dal
richiedente, qualificati genericamente “preoccupazioni”, né
risulta adeguatamente rappresentata la oggettiva situazione
socio-politica del Sudan. Oltre a tale preliminare profilo si
deve rilevare che, come correttamente evidenziato dal
ricorrente, il d.lgs n. 251 del 2007 non ha recepito l’art. 8
della Direttiva 2004/83/CE con la conseguenza che non può essere
escluso il riconoscimento di una misura di protezione
internazionale in virtù dell’applicazione del principio non
recepito. Tale peraltro è il fermo orientamento di questa Corte
che si trascrive :

“In tema di protezione internazionale dello

straniero, il riconoscimento del diritto ad ottenere lo “status”
di rifugiato politico, o la misura più gradata della protezione
sussidiaria, non può essere escluso, nel nostro ordinamento, in
virtù della ragionevole possibilità del richiedente di
trasferirsi in altra zona del territorio del Paese d’origine,
ove egli non abbia fondati motivi di temere di essere
perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi,
atteso che tale condizione, contenuta nell’art. 8 della
Direttiva 2004/83/CE, non è stata trasposta nel d.lgs. n. 251

contrario nella scarna motivazione della sentenza impugnata non

del 2007, essendo una facoltà rimessa agli Stati membri
inserirla nell’atto normativo di attuazione della Direttiva”.
Risulta pertanto necessario un nuovo esame dei motivi di
persecuzione ai fini dell’accertamento dei requisiti per il
rifugio politico e di pericolo idonei a giustificare il

situazione oggettiva ed aggiornata del Darfur, desumibile
dall’istruzione officiosa correttamente svolta secondo i criteri
stabiliti dall’art. 8, secondo comma, del d.lgs n. 25 del 2008
dalla Corte d’Appello di Roma, da porre in correlazione con le
dichiarazioni del richiedente, da ritenersi, in mancanza
d’indicazioni contrarie provenienti dal provvedimento impugnato,
non più attaccabili sotto il profilo della credibilità, alla
luce dei criteri di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 251 del 2007.
Ai

fini

dell’eventuale

riconoscimento

della

protezione

sussidiaria occorre, infine, tenere conto anche dei criteri
vincolanti indicati dalla sentenza della Corte di Giustizia n.
465/071 alla luce dei quali nel caso di minaccia grave ed
individuale alla vita e alla persona del richiedente asilo,
quest’ultimo non deve fornire la prova di esserne interessato in
modo specifico quando il grado di violenza indiscriminata che
caratterizza la situazione del paese sia così elevato da far
ritenere che un civile rientrato nel paese in questione o nella
regione in questione correrebbe, un rischio effettivo per la
propria incolumità.

riconoscimento della protezione sussidiaria alla luce della

Gli altri profili di censura sono assorbiti dalla manifesta
fondatezza di quelli accolti.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche

Così deciso nella camera di consiglio del 26 febbraio 2013
Il Presidente

per le spese alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

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