Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13170 del 28/05/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 13170 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: SCALDAFERRI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso 21951-2011 proposto da:
CINTI ENRICO, CLEMENTI MARIO, DE CIANNI SABATINO,
DELLA SALMA DOMENICO, GALLETTI MANUELA eredi di
Galletti Damilo, GEPPONI MARIO, LA ROCCA GIOV/ANNI,
MANNUCCI MARIA PIA vedova di Coppolino emanuele,
MARTINO GIUSEPPE, MASSARIELLO VINCENZO, MERLINO
DOMENICO, MIOLA MARTINO, MORROCCHI LEARCO,
MUSICCO GIUSEPPE, PASSARELLI ALCIBIADE, PEZZA IVO,
tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIULIA DI
COLLOREDO 46/48, presso lo studio dell’avvocato DE PAOLA
GABRIELE, che li rappresenta e difende, giusta procura alle liti in
calce al ricorso;

Data pubblicazione: 28/05/2013

- ricorrenti contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI in persona del
Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente avverso il decreto nel procedimento R.G. 65/2010 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE del 4.6.2010, depositato l’8/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/12/2012 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA
SCALDAFERRI.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. LUCIO
CAPASSO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

In fatto e in diritto
Rilevato che, con ricorso in riassunzione (a seguito di regolamento di
competenza) alla Corte d’appello di Firenze, Enrico Cinti e le altre
diciassette persone indicate in epigrafe proponevano, ai sensi della
legge n.89/2001, domande di equa riparazione per violazione dell’art.6
della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata di un giudizio
instaurato dinanzi al T.A.R. Toscana nel gennaio 1996 e definito con
snel maggio 2003;
che la Corte d’appello, con il decreto indicato in epigrafe, ha liquidato
in favore di ciascuno dei ricorrenti l’indennizzo per danno non
patrimoniale in € 2.600 (pari a circa € 600 per anno) per quattro anni e
sei mesi di irragionevole durata (tenuto conto del presumibile
affievolimento dell’ansia per la definizione della causa connesso con la
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DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE

natura seriale e collettiva della stessa, peraltro manifestamente
infondata), compensando tra le parti le spese dell’intero procedimento,
ivi compresa la articolata fase dinanzi alla Corte d’appello di Genova
ed escluso solo il procedimento per regolamento di competenza, le cui
spese erano già state regolate ex art.385 c.p.c.;

Corte basato su due motivi illustrati anche da memoria, cui resiste con
controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione
semplificata;
che con il primo motivo si censura, sotto il profilo della violazione di
norme di diritto (articoli 2 legge n.89/2001, 6 C.E.D.U.), la
liquidazione dell’indennizzo: ci si duole della violazione del parametro
minimo, individuato in € 750 per i primi tre anni e 1000 per i
successivi, o quantomeno di € 750 per anno, che peraltro questa Corte
di legittimità terrebbe fermo anche in casi di ridotta sofferenza desunta
dall’omessa presentazione di istanze sollecitatorie; che con il terzo
motivo si censura, sotto il profilo della violazione di norme di diritto
(arti. 91-92 cod.proc.civ., 3 Cost.), la disposta compensazione integrale
tra le parti delle spese del procedimento;
ritenuto che il primo motivo è privo di fondamento atteso che non
viola le norme di diritto richiamate —per come vivono nella
giurisprudenza della Corte E.D.U. e di questa Corte- la censurata
liquidazione del pregiudizio non patrimoniale; invero la misura media,
individuata dalla Corte di merito, di € 600 per anno, pur se inferiore
alla soglia tendenziale indicata dai ricorrenti, non può ritenersi
irragionevole o irrisoria -sì da rendere per ciò solo illegittimo lo
scostamento a prescindere dalla (non censurata) motivazioneconsiderando che questa Corte, in doverosa applicazione dei criteri che
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che avverso tale decreto i predetti hanno proposto ricorso a questa

la Corte di Strasburgo è venuta elaborando (cfr.decisioni Volta et
autres c.Italia 16 marzo 2010; Falco et autres c.Italia 6 aprile 2010), in
numerosi giudizi amministrativi di lunga durata nei quali si ha ragione
di ritenere in concreto scarsa la sofferenza delle parti per il ritardo nella
definizione è solita liquidare importi anche inferiori a quello qui in

n.21902/12; n.14974/12; n.12937/12; n.5914/12; n.3271/11;
n.14753 /10);
ritenuto invece, quanto al terzo motivo, che, anche nel vigore
dell’art.92 nel testo anteriore (qui da applicare,

ratione temporis)

alle

modifiche di cui alle leggi n.263/2005 e 69/2009, l’esercizio da parte
del giudice di merito della facoltà discrezionale di compensazione delle
spese per giusti motivi doveva trovare un adeguato supporto
motivazionale (cfr.S.U.n.20598/08), anche se il controllo sulla
motivazione in sede di legittimità poteva esercitarsi nei soli casi di
indicazione di ragioni inconsistenti o di evidente erroneità, tali da
inficiare lo stesso processo formativo della volontà decisionale
espressa sul punto dal giudice di merito (cfr.tra molte Sez.L
n.3218/08); che tale ipotesi si manifesta nella motivazione esposta
dalla Corte, che risulta basata, da un lato, su una non meglio precisata
condotta processuale della Amministrazione (peraltro inidonea a porre
nel nulla il fatto che è pur sempre da una colpa organizzativa della P.A.
che scaturisce il giudizio: cfr.Sez.1 n.1101/10; n.27728/09), dall’altro
sulla affermazione di una indefettibilità dell’accertamento giudiziale del
diritto all’equa riparazione, che non viene dimostrata -se non con un
riferimento ad altro procedimento previsto dalla legge sulla ingiusta
detenzione- con specifico riferimento alle disposizioni della legge
n.89/2001, o alle interpretazioni fornite al riguardo dalla
giurisprudenza di questa Corte, la quale piuttosto non ha mancato di
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discussione, sino alla soglia minima di € 500 per anno (cfr.tra le tante:

precisare come nulla impedisca alla P.A., al fine di evitare gli oneri delle
spese di giudizio, di predisporre i mezzi necessari per offrire
spontaneamente soddisfazione a chi abbia sofferto danno a cagione
dell’eccessiva durata del processo (cfr.Sez.1 n.3207/12);
ritenuto pertanto che la cassazione sul punto si impone, con rinvio alla

spese del procedimento uniformandosi ai principi sopra richiamati,
regolando anche le spese di questo giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa
il decreto impugnato con rinvio, anche per le spese di questo giudizio
di legittimità, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione 6/1 della
Corte di Cassazione, il 4 dicembre 2012
L’estensore

Il pres an e

Corte distrettuale perché provveda ad un nuovo regolamento delle

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