Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13169 del 28/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 28/05/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 28/05/2010), n.13169

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. BALLETTI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26669-2006 proposto da:

D.P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 14 9, presso lo studio dell’avvocato FIDENZIO SERGIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALDO TONELLO, giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CORRERA

FABRIZIO, SGROI ANTONINO, CORETTI ANTONIETTA, giusta mandato in calce

al controricorso;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI

DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. CROCE IN

GERUSALEMME 55, presso lo studio dell’avvocato MORRONE MARIA e

dell’Avv. EDOARDO URSO, che lo rappresentano e difendono giusta

procura speciale Atto Notar ALFREDO MARIA BECCHETTI di ROMA del

21/10/2009 rep. n. 19839;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 807/2006 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 07/06/2006 R.G.N. 1161/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/03/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI CERBO;

uditi gli Avvocati CORETTI ANTONIETTA per INPS e Avv. URSO EDOARDO

per INPDAP;

udito il P.M, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.P.S., dipendente del Ministero delle attività produttive, ivi transitato a seguito della soppressione dell’Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, Agensud (già Cassa del Mezzogiorno) di cui era stato dipendente, conveniva in giudizio dinanzi al giudice del lavoro di Salerno l’INPS, l’INPDAP ed il Ministero delle attività produttive proponendo le seguenti domande:

a) accertare che il ricorrente aveva maturato una eccedenza di contributi rispetto alla riserva matematica necessaria ai fini pensionistici pari a Euro 73.946,24; b) condannare l’INPS, l’INPDAP ed il Ministero delle attività produttive, ciascuno per le rispettive competenze e responsabilità, a pagare al ricorrente il complesso della eccedenza contributiva versata e non computabile ai fini pensionistici nella misura sopra indicata o in quella diversa somma ritenuta di giustizia oltre accessori di legge.

La domanda veniva respinta sia in primo grado che dalla Corte d’appello di Salerno.

In particolare la Corte territoriale osservava che, a norma del D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14 bis, comma 4, (articolo aggiunto dal D.L. n. 32 del 1995, art. 9 convertito in L. n. 104 del 1995), solo il personale cessato dal servizio dopo la data del 13 ottobre 1993 e prima dell’entrata in vigore del presente decreto, che non abbia optato per il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza, può chiedere la restituzione dei contributi versati se non computati ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali.

In base a tale normativa, ritenuta legittima dalla Corte costituzionale (Corte cost. n. 219 del 1998), doveva escludersi il diritto del ricorrente alla restituzione dell’eccedenza contributiva richiesta avendo questi optato (circostanza pacifica fra le parti) per il passaggio nei ruoli del Ministero delle Attività Produttive con il ricongiungimento del servizio prestato presso l’AGENSUD. Ed infatti la norma suddetta, nella parte in cui dispone la restituzione dei contributi, doveva ritenersi di carattere eccezionale e come tale di stretta interpretazione (ex art. 14 preleggi). In definitiva, l’articolata e complessiva disciplina del trattamento economico del personale dell’Agensud, a seguito della soppressione dell’Ente, non era lesiva dei diritti del ricorrente, considerata anche la funzione assicurativo-solidaristica e non strettamente corrispettiva dei contributi previdenziali.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore con due motivi illustrati da memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

L’INPS ha resistito con controricorso. L’INPDAP ha depositato procura ed ha partecipato alla discussione orale. Il Ministero delle attività produttive è rimasto intimato.

La causa è stata rimessa alle Sezioni Unite per l’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario (in favore del giudice amministrativo) proposta dall’INPS, questione peraltro rilevabile d’ufficio.

Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema dichiaravano la giurisdizione del giudice ordinario e rimettevano gli atti alla Sezione lavoro per l’ulteriore corso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione de D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14 bis, comma 4, (così come introdotto dal D.L. n. 355 del 1994, e dai successivi D.L. fino al D.L. n. 32 dei 1995 convertito in L. n. 104 del 1995), art. 2033 cod. civ. e art. 12 preleggi, nonchè vizio di motivazione.

Deduce che la pretesa è fondata sull’applicazione del D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14 bis, comma 4, finalizzato alla sistemazione del personale della soppressa Agensud, che prevede la possibilità per l’ex dipendente dell’Agensud di chiedere la restituzione dei contributi non più utili a fini pensionistici. Ad avviso del ricorrente è vero che la norma sottopone la possibilità di richiedere la restituzione dei contributi versati e non computati ai fini pensionistici alla condizione che l’interessato, cessato dal servizio dopo il 13 ottobre 1993 e prima della data di entrata in vigore dello stesso D.Lgs., non abbia optato per il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza; tuttavia lo stesso, pur essendo transitato presso l’amministrazione statale e pur non avendo diritto, in base all’interpretazione letterale della norma citata, ritiene che il suo diritto trovi fondamento in una interpretazione costituzionalmente corretta della legge stessa.

Col secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost. e vizio di motivazione. Deduce che erroneamente la Corte di merito avrebbe rigettato l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma di cui all’art. 14 bis sopra citata invocando la sentenza della Corte costituzionale n. 219 del 1998, atteso che i profili invocati sono affatto differenti.

I suddetti motivi che, in quanto logicamente connessi, devono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Il ricorrente ammette che, in base all’interpretazione letterale della norma di cui al più volte citato D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14 bis, comma 4, non ricorrono i presupposti per l’accoglimento della sua domanda. Ed infatti è pacifico che lo stesso ha esercitato l’opzione di cui al citato art. 14 bis, lett. b), comma 1, – che prevede il ricongiungimento del servizio prestato presso l’agenzia e di quello prestato successivamente alla data del 12 ottobre 1993 con il servizio prestato presso l’amministrazione di assegnazione – esclusa dall’ambito di applicazione dello stesso art. 14 bis cit.

comma 4, che limita infatti la possibilità di chiedere la restituzione dei contributi versati se non computati ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali al solo personale cessato dal servizio dopo la data del 13 ottobre 1993 e prima dell’entrata in vigore del presente decreto, che non abbia optato per il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza.

Il ricorrente (cfr. pag. 6 del ricorso) ammette altresì che un’interpretazione estensiva e/o analogica della norma di cui al suddetto art. 14 bis, comma 4 non sarebbe consentita in base all’art. 14 preleggi, atteso il suo carattere di norma eccezionale.

Secondo la tesi sostenuta in ricorso la domanda doveva essere accolta sulla base di una interpretazione del suddetto comma 4 fondata, ai sensi dell’art. 12 preleggi, sul criterio teleologico; questo canone interpretativo deve infatti prevalere, ad avviso del ricorrente, sul criterio letterale quando quest’ultimo dia un effetto incompatibile con il sistema normativo; ed infatti, nel caso di specie, l’esclusione dalla ripetibilità della contribuzione versata in eccesso costituirebbe un risultato irragionevole, discriminatorio e comunque non conforme alla Costituzione. Limitare l’applicazione del beneficio della restituzione dei contributi versati in eccedenza al solo personale cessato dal servizio entro il 9 febbraio 1995 non trova infatti giustificazione atteso che la causa della restituzione dei contributi già versati, individuata nella loro non utilità ai fini pensionistici, sussiste anche per il personale che, come il ricorrente, è transitato nei ruoli del Ministero e che ha comunque maturato un’eccedenza di contributi rispetto alla riserva matematica utile alla pensione secondo il nuovo e diverso regime previdenziale del dipendente statale. La Corte costituzionale non aveva esaminato il suddetto profilo ed aveva pertanto errato la Corte territoriale nel rigettare l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma di cui all’art. 14 bis.

Le suddette argomentazioni sono prive di pregio.

L’irragionevolezza del risultato che deriverebbe dall’interpretazione letterale della norma in esame deve escludersi alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale (C. cost. n 219 del 1998) che, dopo aver esaminato il definitivo assetto dato agli ex dipendenti dell’Agensud con l’art. 14 bis cit., ha concluso che tale disciplina è immune dal vizio di irragionevolezza. In particolare la Corte, avendo preso in considerazione anche la disciplina della restituzione dei contributi versati in eccedenza, ha ritenuto la piena ragionevolezza della scelta del legislatore di limitare il meccanismo della suddetta restituzione al personale cessato dal servizio presso le amministrazioni di destinazione nel periodo compreso fra il 13.10.1993 e il 9.2.1995, ed ha escluso così la portata generale di tale meccanismo.

E’ del pari infondata la tesi della illegittimità costituzionale derivante dalla sussistenza di una disparità di trattamento in relazione alla limitazione, prevista dalla legge, dell’ambito di applicabilità del meccanismo di restituzione dei contributi versati in eccesso.

In primo luogo deve osservarsi che nel nostro ordinamento non esiste un principio generale di restituzione dei contributi legittimamente versati in relazione ai quali non si siano verificati, nè possano più verificarsi, i presupposti per la maturazione del diritto ad una prestazione previdenziale (cfr. Cass. 29 ottobre 2001 n. 13382; Cass. 20 maggio 2005 n. 10660 in motivazione). In tal senso si è espressa altresì la Corte costituzionale (C. cost. 9 dicembre 2000 n. 404) secondo la quale alla base della contribuzione non vi è necessariamente la corrispettività tra contributi e pensioni bensì il dovere di solidarietà (ex art. 38 Cost.) comunque posto a carico di tutti gli iscritti. Da ciò consegue che la norma che dispone la restituzione dei contributi deve ritenersi di carattere eccezionale e come tale di stretta interpretazione, ex art. 14 preleggi.

Nel caso di specie, poi, la violazione del principio di uguaglianza deve essere esclusa a causa della diversità della situazione dei dipendenti considerati dall’art. 14 bis, comma 4 rispetto a quella dei dipendenti transitati nei ruoli delle altre amministrazioni, diversità che consegue ad una scelta rimessa interamente alla volontà del dipendente dell’Agensud. Ed infatti, come ha osservato la Corte costituzionale nella sentenza n. 219 del 1998 prima citata, il legislatore ha offerto al personale di cui trattasi una serie di opzioni che vanno dalla cessazione del rapporto, con deroga all’allora vigente regime di sospensione dei pensionamenti, sino all’alternativa tra l’avvio, dal 13 ottobre 1993, di un rapporto d’impiego a livello iniziale della qualifica (con pagamento del trattamento di fine rapporto e computo della pregressa posizione assicurativa nella futura determinazione della pensione) e il ricongiungimento dei servizi (pregressi presso l’Agensud e presso l’amministrazione di destinazione) con un nuovo inquadramento (accompagnato dal riconoscimento, sia pure in dati limiti, dell’anzianità maturata).

La Corte territoriale ha quindi correttamente escluso la sussistenza di un profilo di incostituzionalità nella norma citata.

Il ricorso deve essere in definitiva rigettato.

In applicazione del criterio della soccombenza il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione nei confronti dell’INPS e nei confronti dell’INPDAP. Le suddette spese vengono liquidate in dispositivo tenendo conto che l’INPDAP ha depositato procura ed ha partecipato alla discussione orale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate, nei confronti dell’INPS, in Euro 22,00 oltre Euro 3000 per onorari e, nei confronti dell’INPDAP, in Euro 11,00 oltre Euro 1000 per onorari, oltre accessori di legge per entrambi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2010

 

 

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