Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13169 del 16/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 16/06/2011, (ud. 17/05/2011, dep. 16/06/2011), n.13169

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALADIER

53, presso lo studio dell’avvocato ALLEGRA ROBERTO, rappresentato e

difeso dall’avvocato NAVACH MASSIMO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, BIONDI GIOVANNA, PULLI CLEMENTINA, VALENTE NICOLA, giusta

delega in calce alla copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 204/2007 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 28/02/2007, r.g.n. 392/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/05/2011 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1- La sentenza attualmente impugnata accoglie l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza del Tribunale di Trani del 19 aprile 2005 e, in parziale riforma di tale ultima sentenza, compensa tra le parti le spese del giudizio di primo grado, conferma per il resto la sentenza del Tribunale e compensa le spese del giudizio di appello.

La Corte d’appello di Bari precisa che:

a) la mancata compensazione delle spese da parte del Tribunale a ragione è contestata dall’INPS sul presupposto della maturazione soltanto in corso di causa del diritto all’indennità di accompagnamento riconosciuto ad D.P.A.;

b) nella suddetta situazione processuale, ai fini che interessano, si riscontra un legittimo diniego della prestazione in sede amministrativa e una opportuna resistenza da parte dell’INPS nel giudizio instaurato dalla parte privata prima della maturazione delle componenti del diritto azionato;

C) la circostanza che la norma speciale dell’art. 149 disp. att. cod. proc. civ., derogando al principio della domanda, consenta di tenere conto anche degli aggravamenti della malattia non può comportare la valutazione, in termini di soccombenza, dell’Istituto che in precedenza si sia opposto alla pretesa e all’azione dell’interessato;

d) è del tutto ininfluente, al riguardo, la circostanza che il giudizio di cui si tratta sia accertativo di un diritto nell’ambito di un rapporto giuridico e non demolitorio di un provvedimento amministrativo;

e) la suddetta natura della controversia consente, anzi, di proporre una domanda inizialmente infondata, che nel corso del giudizio può essere accolta proprio per effetto delle suddette eventuali sopravvenienze;

f) va, inoltre, rilevata nella specie l’opinabilità delle valutazioni medico-legali, che rappresenta un ulteriore ragione a sostegno della compensazione de qua;

g) infine, la compensazione in oggetto non comporta alcuna violazione dei principi fondamentali, nazionali e/o desumibili dalla legislazione e dalla giurisprudenza europea, visto che rappresenta esclusivamente l’applicazione delle regole stabilite dal codice di rito in materia di spese processuali;

h) ne consegue che devono essere interamente compensate le spese del giudizio di primo grado e che, per non squilibrare nuovamente il rapporto di dare e avere tra le parti, è giusto compensare per intero anche le spese del giudizio di appello.

2 – Il ricorso di P.A. domanda la cassazione della sentenza per un unico motivo.

L’INPS intimato si è limitato ad apporre procura al ricorso notificato, svolgendo la propria attività difensiva in udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1- Con l’unico motivo di ricorso, illustrato da quesito di diritto, si denuncia: a) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ.; b) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, rappresentato dalla disposta compensazione delle spese di lite.

Si sostiene che l’insignificante motivazione, resa dalla Corte d’appello, in modo superficiale ed equivoco, in ordine alla totale compensazione delle spese processuali è solo apparentemente giustificativa della relativa decisione.

Essa, inoltre, non è conforme alle regole giuridiche e logiche che governano i procedimenti giudiziari per prestazioni di natura assistenziale, per i quali l’eventuale differimento della decorrenza della prestazione può tutt’al più portare ad una compensazione parziale delle spese, ma sicuramente non ad una compensazione totale.

2.- Le esposte censure sono prive di fondamento.

2.1.- La contestata compensazione delle spese processuali nella sentenza impugnata è giustificata con il rilievo che la prestazione richiesta (indennità di accompagnamento) con ricorso del 6 giugno 2003 è stata riconosciuta con decorrenza dal 1 gennaio 2004.

In base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte, la parte che agisce in giudizio per far valere il diritto ad una prestazione previdenziale o assistenziale, assumendo che i relativi fatti costitutivi esistono fin dal momento della presentazione della domanda giudiziale o da epoca ad essa anteriore, rimane, rispetto a tale assunto, sicuramente soccombente quante volte sia accertato che l’esistenza stessa si è perfezionata soltanto in un momento successivo (Cass. 16 maggio 2003, n. 7716; Cass. 27 settembre 2004, n. 19343; Cass. 10 agosto 2005, n. 16821 Cass. 30 marzo 2011, n. 7307; Cass. 16 febbraio 2011, n. 3786).

Non rileva in contrario che le controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria si caratterizzino, anche quando richiedono lo svolgimento di un preventivo procedimento amministrativo, per la loro strumentalità ad un finale giudizio sul rapporto e non sull’atto.

E’ vero, infatti, che l’esclusione della funzione meramente impugnatoria impedisce che il giudice si limiti allo scrutinio di legittimità dell’atto amministrativo di diniego della prestazione, con riguardo alla situazione esistente al momento dell’atto stesso, e gli impone, invece, di tenere conto anche dei fatti costitutivi verificatisi in epoca successiva e perfino nel corso del giudizio; ma è ugualmente vero che la postulazione giudiziale di illegittimità del diniego della prestazione è espressione di un petitum avente ad oggetto un rapporto di durata maggiore (perchè implicitamente ne è allegato l’insorgere già al momento suddetto) di quello poi accertato dal giudice per effetto di tali sopravvenienze, ragion per cui è innegabile che il bene della vita effettivamente ottenuto si caratterizza in termini diversi e ridotti rispetto a quello postulato.

La situazione che ne segue è già stata esaminata, anche in precedenza, dalla giurisprudenza di questa Corte, che, nel medesimo ordine di idee, l’ha ricondotta ad un tipico fenomeno di soccombenza reciproca.

In particolare, si è stabilito che è censurabile in sede di legittimità il diniego di compensazione delle spese processuali, nel caso in cui la pronuncia di merito abbia pretermesso di valutare la reciproca parziale soccombenza, implicita ogniqualvolta l’aggravamento di cui all’art. 149 disp. att. cod. proc. Civ., per il diritto alla prestazione previdenziale, sia insorto nel corso del procedimento (Cass. 27 novembre 1997 n. 11997).

2.2.- Reputa il Collegio di dovere dare continuità a questo orientamento che affida le sue ragioni ultime ad una corretta nozione della “soccombenza”, nella quale ravvisa non una stereotipa ripetizione dell’obsoleto principio victus victori, ma un’applicazione di quello di causalità, che vuole non esente da onere delle spese la parte che col suo comportamento antigiuridico (per la trasgressione delle norme di diritto sostanziale) abbia provocato la necessità del processo.

Non è inopportuno ricordare che la stessa teoria tradizionale – secondo cui “il giudizio come mezzo di attuazione della volontà della legge che garantisce ad alcuno un bene, non può che condurre al riconoscimento di questo bene nella maggiore possibile integrità” – non si struttura affatto come dogma della gratuità del processo per chi vi consegue un risultato utile, ma viene temperata dall’affermazione che per aversi condanna nelle spese occorre “che si sia resa necessaria la lite per parte del vinto”, con un implicito, ma non per questo meno evidente, richiamo al profilo della causalità.

Orbene, al lume di queste considerazioni, è incontestabile che non è priva di responsabilità, rilevante sul piano causale, la parte privata la quale si determini a pretendere dal competente organismo erogatore una provvidenza assistenziale allorchè non sia ancora in possesso dei requisiti di legge e ad intraprendere, dopo essersi visto opporre un legittimo rifiuto nella sede amministrativa, la via giudiziale il cui inizio si caratterizzi, a sua volta, per la persistente mancanza dei requisiti stessi, sì da giustificare la resistenza almeno iniziale della controparte.

Ne consegue che questa responsabilità, non meno di quella gravante sulla controparte che abbia infondatamente perseverato nella sua resistenza pur dopo l’utile (per l’attore) sopravvenienza dei requisiti originariamente carenti, non esime da onere di spese giudiziali e determina la condizioni di reciprocità della soccombenza.

Del pari, alla stregua del suindicato principio di causalità, non è contestabile la parziale soccombenza della parte privata (idonea a giustificare la compensazione delle spese) nell’ipotesi in cui, sebbene il requisito sanitario sia risultato sussistente da epoca anteriore alla domanda giudiziale, questa abbia avuto ad oggetto il conseguimento della prestazione assistenziale con decorrenza correlata a data anteriore a quella in cui l’anzidetto requisito risulta essersi perfezionato (ai sensi dell’art. 149 disp. att. cod. proc. civ.) per effetto di aggravamenti successivi alla domanda amministrativa ma anteriori al procedimento giudiziario, in quanto, anche in tal caso, il riconoscimento della prestazione dal primo giorno del mese successivo a quello di accertata l’insorgenza del requisito sanitario equivale ad un accoglimento solo parziale della domanda.

3.- In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Nulla deve statuirsi in punto di spese, trattandosi di domanda avente ad oggetto prestazione assistenziale proposta prima del 2 ottobre 2003.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 17 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2011

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