Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13168 del 24/06/2016

Cassazione civile sez. I, 24/06/2016, (ud. 20/05/2016, dep. 24/06/2016), n.13168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29592-2015 proposto da:

P.C., nella qualità di elettore iscritto nella liste

elettorali di (OMISSIS) e candidato primo dei non eletti della

lista della “(OMISSIS)”, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PISTOIA 6, pressa l’avvocato ALESSANDRO BIAMONTE, che

lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G.T.V., nella qualità di

Consigliere Regionale nella lista della “(OMISSIS)” per

la circoscrizione elettorale di (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARESCIALLO PILSUDSKI 118,

presso l’avvocato GIUSEPPE MORBIDELLI, che lo rappresenta e

difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1506/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 25/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2016 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato BIAMONTE ALESSANDRO (deposita

n. 5 cartoline verdi) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udita, per il controricorrente, l’Avvocato RIGHI ROBERTO, con

delega, che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Dott. P.C. chiedeva al Tribunale di Catanzaro di accertare l’ineleggibilità del dott. M.G. ai sensi della L. n. 154 del 1981, art. 2, comma 10, n. 9, di dichiararne la decadenza dalla carica di consigliere regionale della Regione Calabria e di disporne la surroga in proprio favore, quale primo dei non eletti nella stessa circoscrizione elettorale e nella stessa lista.

Secondo il P., il M. era in situazione di ineleggibilità, per essere, alla data di presentazione delle liste elettorali (23/10/2011), direttore sanitario dell’Istituto Clinico Salus M., operante nel contesto dei servizi sanitari convenzionati con il sistema sanitario nazionale; detto istituto costituiva un’organizzazione unitaria composta da due società, Salus M. s.r.l. e Salus M. Diagnostica amministrate formalmente dalla madre del M., in realtà questi ne era il dominus assoluto, già amministratore unico della prima società per 15 anni ed unico proprietario e direttore sanitario della seconda sino al 4/12/04; che benchè solo la Salus M. erogasse prestazioni sanitarie in convenzione, era da ritenersi unico il soggetto economico rappresentato dalle due società.

Si costituiva il M., contestando la fondatezza del ricorso.

Il Tribunale ricettava la domanda.

La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 7-25 novembre 2015, ha respinto l’appello e condannato il P. alle spese.

Nello specifico, la Corte del merito ha ritenuto, conformemente al primo Giudice, l’inapplicabilità ai candidati alla carica di consigliere regionale della disposizione di cui alla L. n. 154 del 1981, art. 2, comma 1, n. 9, legga abrogata dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 274, lett. l) ma con espressa salvezza delle “disposizioni ivi previste per i consiglieri regionali”, come già affermato dal S.C. nelle pronunce, tra le altre, 13878/01, 17810/02, e 26532/2011 (caso relativo ad analoga vicenda, ma a parte invertite, coinvolgendo il dott. P., del quale il ricorrente, tale V.S., aveva chiesto la declaratoria di ineleggibilità);

ha ritenuto assorbito pertanto il secondo motivo, inteso a censurare la mancata valutazione nel merito;

ha ritenuto irrilevanti le due questioni di costituzionalità della L. n. 154 del 1981, art. 2, comma 1, n. 9, prospettate in gradato subordine in relazione agli artt. 3, 48, 51 e 97 Cost., nella parte in cui detta norma non contempla irragionevolmente l’ineleggibilità del legale rappresentante della struttura convenzionata alla carica di consigliere regionale a seguito delle modifiche nella disciplina dei rapporti tra regione, asl e strutture accreditate, e per la parte in cui non contempla l’ineleggibilità alla carica del legale rappresentante di struttura sanitaria convenzionata che abbia posto la propria candidatura nella circoscrizione elettorale che coincide in tutto o in parte con il territorio della unità sanitaria locale con cui sia convenzionata o la ricomprenda;

quanto alla prima questione di legittimità prospettata, pur ritenendone l’inammissibilità non potendosi denunciare il contrasto con disposizione normativa di pari rango, ha richiamato la pronuncia della Corte cost. 20/07.

Ricorre avverso detta pronuncia il P., con ricorso affidato a quattro motivi.

Si difende con controricorso il M..

Il controricorrente ha depositato la memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Col primo mezzo, il ricorrente denuncia la violazione della L. n. 154 del 1981, art. 2, comma 1, n. 9, D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 274, lett. l), L. n. 105 del 2004, art. 2, comma 1, e L.R. Calabria n. 1 del 2005; sostiene che anche nell’apparente silenzio della legge calabrese debba farsi riferimento alla normativa statale e dunque alla L. n. 154 del 1981; che non è vero che sia insuperabile il precedente che ha interessato il dott. P., che si era però dimesso, attesa la difforme pronuncia 19003/2011; che il rinvio della L.Reg alla legislazione statale consente di ritenere richiamata la normativa di riferimento di cui alla L. n. 154 del 1981, e non a caso il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 274 fa salve le disposizioni relative ai consiglieri regionali; che la tutela posta dall’ineleggibilità riguarda la libera formazione della volontà dell’elettore e quindi il luogo ove è posta la candidatura e non già l’ambito territoriale dell’ente; che il comma di chiusura della L. n. 154 del 1981, art. 2 deve interpretarsi nel senso di escludere dall’ineleggibilità di cui ai nn. 8-9 i soli consiglieri provinciali, ricomprendendo quelli regionali.

Ove non si ritenga il rinvio della legge regionale a quella nazionale in tema di ineleggibilità oppure ove si ritenga che la L. n. 154 del 1981, art. 2 sia stato abrogato dal D.Lgs. n. 267 del 2000, il ricorrente solleva questione di costituzionalità della L.R. n. 1 del 2005 per violazione degli artt. 3, 48, 51 e 97 Cost. in relazione alla norma interposta L. n. 165 del 2004.

1.2.- Col secondo, il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione della L. n. 154 del 1981, art. 2, comma 1, n. 9, attesa la ratio di detta disposizione: il legislatore ha considerato la coincidenza tra il luogo di elezione e l’ambito di operatività dell’azienda sanitaria quale fonte di potenziale inquinamento; la norma mira a tutelare la libertà di voto, e non si tratta di interpretazione estensiva ma evolutiva.

Il dott. P. evidenzia come siano intervenute modifiche al sistema sanitario con il D.Lgs. n. 502 del 1992, che ha configurato le unità sanitarie locali quali entità aziendali strumentali della regione, mentre prima era il comune ad esercitare poteri di controllo e indirizzo; che il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 274, lett. l, nell’abrogare la L. n. 154 del 1981, fa salve le disposizioni ivi previste per i consiglieri regionali e che la L. n. 154 del 1981, art. 2 è stato riprodotto nell’art. 60 TUEL per le cariche diverse da quelle regionali, così implicitamente confermandosi l’operatività dell’art. 2 nella sua interezza ai consiglieri regionali. E l’interpretazione offerta è rafforzata dall’intervenuto D.Lgs. n. 39 del 2013, che ha introdotto l’istituto della “inconferibilità”, con richiamo in particolare all’art. 1, punto 2, lett. g.

1.3.- Col terzo e col quarto motivo, il ricorrente si sofferma su profili di costituzionalità, e solleva questione di costituzionalità della L. n. 154 del 1981, art. 2, comma 1, n. 9, nella parte in cui non contempla l’estensione dell’ineleggibilità al legale rappresentante della struttura convenzionata alla carica di consigliere regionale, per violazione degli artt. 3, 48, 51 e 97 Cost., in relazione alla norma interposta della L. n. 165 del 2004, art. 2, comma 1, lett. a).

In subordine, prospetta questione di costituzionalità della L. n. 154 del 1981, art. 2, comma 1, n. 9, sempre in relazione agli artt. 3, 48, 51 e 97 Cost., nella parte in cui non contempla l’ineleagibilità alla carica di consigliere regionale del legale rappresentante o dirigente di struttura sanitaria convenzionata che abbia posto la sua candidatura nella circoscrizione elettorale coincidente in tutto o in parte con il territorio dell’unità sanitaria locale con cui essa sia convenzionata o lo ricomprenda.

2.1.- I quattro motivi di ricorso, strettamente collegati, possono essere valutati unitariamente e devono ritenersi infondate le doglianze e manifestamente infondate o inammissibili le questioni di costituzionalità sollevate. L’articolata pronuncia 26532/2011 (in cui peraltro il P. era controricorrente) ha affrontato tutte le questioni di fondo fatte valere nell’odierno ricorso dal P., esaminando anche le questioni di costituzionalità, ed ai rilievi e principi esposti in detta pronuncia, non scalfiti dai motivi fatti valere in ricorso, va data continuità.In particolare e nello specifico, la pronuncia citata, richiamando a sua volta principi già affermati, ha rilevato che: “in tema di elettorato passivo, l’incipit della L. 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, comma 1, non va interpretato nel senso di porre una regola di carattere generale ed assoluto che sancisca l’ineleggibilità, in ordine a tutte le cariche indicate (consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale), per tutte le categorie di soggetti di volta in volta elencati nei successivi punti da 1 a 12, dovendo, invece, la norma intendersi – sia in base a criteri di ordine logico – letterale, sia alla luce del precetto costituzionale di cui all’art. 51 Cost. – nel senso che essa si limita a porre l’enunciazione di carattere generale delle cause di ineleggibilità alle cariche indicate, il cui ambito soggettivo e territoriale è poi, però, specificamente individuata nei punti anzidetti”.

E così continua la pronuncia citata: “questa Corte (cfr. cass. n. 17810 del 2002, cit.) ha anche già argomentatamente e condivisibilmente sia rilevato che nessuna diversa interpretazione può essere suggerita dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 274, lett. e) che ha fatto salve le disposizioni della L. n. 154 del 1981 riferibili ai consiglieri regionali, sia escluso di poter desumere dal sopravvenuto D.Lgs. n. 502 del 1992 (riordino della disciplina in materia sanitaria) criteri o argomenti utilizzabili per l’interpretazione della norma della L. n. 154 del 1981, art. 2 o che si possa accedere, sempre con riferimento alla suindicata nuova normazione di cui al D.Lgs n. 502 del 1992, alla suggerita interpretazione “evolutiva”, e sia ancora ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata sul tema in discussione, in rapporto agli artt. 3, 51 e 97 Cost..

Va, dunque, ribadito che il D.Lgs n. 502 del 1992, art. 3, n. 9 nel prevedere l’ineleggibilità alla carica di consigliere regionale del direttore generale e dei direttori amministrativi e sanitari delle nuove aziende sanitarie locali, si è inserito nel preesistente sistema normativa di cui alla L. n. 154 del 1981, art. 2 (nn. 8 e 11) immettendovi le nuove figure dirigenziali delle strutture pubbliche, ma non ha ulteriormente inciso (nemmeno a seguito degli ulteriori sviluppi e modifiche della normativa di riforma sanitaria) sul complessivo preesistente assetto normativo e le connesse ragioni, ed in particolare influito sulla diversità del regime di eleggibilità a cariche per i consigli del Comune e a cariche regionali, per queste, a differenza delle prime, negata solo in caso di organi rappresentativi e funzioni apicali inerenti alle strutture sanitarie pubbliche, ma non anche in caso di strutture private convenzionate (o accreditate), che nella specie rilevano.

La sottolineata differenziazione ed il principio della non estensibilità all’elezione a consigliere regionale della causa d’ineleggibilità prevista dalla L. n. 154 del 1981, art. 2, n. 9 in funzione dell’operatività locale della struttura sanitaria convenzionata, hanno trovato nuova conferma nel Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, che ha operato un riordino delle ipotesi di ineleggibilità;

con riferimento all’ineleggibilità alle contemplate cariche di sindaco e consigliere comunale e circoscrizionale, ha, rispettivamente ai nn. 8 e 9 (di cui solo in parte, ossia con specifico riferimento ai direttori sanitari, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 27 del 2009, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale) dell’art. 60, ribadito, con distinta ed automa previsione, le cause d’ineleggibilità rinvenienti dal rivestimento di cariche apicali sia nelle aziende sanitarie ed ospedaliere pubbliche, per queste limitando l’ineleggibilità alle tre figure di vertice contemplate dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3, comma 9, e sia nelle strutture private convenzionate, rispetto alle quali ultime, dunque, non è stata abolita nonostante la vigenza del nuovo sistema sanitario, l’ostatività già prevista nell’abrogata L. n. 154 del 1981, in ragione del dato territoriale (in tema, cfr Corte Cost. sentenza n. 220 del 2003).

I precedenti rilievi, segnatamente inerenti alla nuova regolamentazione esaustiva della materia da parte dell’art. 60, n. 9 del citato TU, inducono, in base ai principi in tema di abrogazione delle leggi sanciti dall’art. 15 disp. gen., anche a ritenere che la norma di cui alla L. n. 154 del 1981, art. 2, comma 1, n. 9 sia stata abrogata dal D.Lgs n. 267 del 2000, art. 274, lett. j) e, quindi, irrilevante la questione di costituzionalità formulata dal V. in riferimento a tale disposizione.

I pregressi rilievi inducono, inoltre, a reiterare la valutazione di manifesta infondatezza dell’ulteriore questione di costituzionalità riferita al D.Lgs n. 502 del 1992, art. 3, n. 9 che, come detto, contempla come cause d’ineleggibilità alla carica di consigliere regionale solo le posizioni del direttore generale e dei direttori amministrativi e sanitari delle nuove aziende sanitarie locali, con previsione frutto di discrezionalità legislativa e, come detto, da ricondurre alla L. n. 154 del 1981, art. 2 ed al complessivo, coerente e perdurante sistema normativo inerente al diritto di elettorato passivo in ambito regionale, che non attribuisce pari ostatività alle posizioni di vertice rivestite nell’ambito delle strutture private convenzionate. Poichè, inoltre, l’esegesi del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3, comma 9 non può prescindere dal dato letterale e dal criterio sistematico, e poichè costituisce principio costantemente affermato quello secondo cui l’eleggibilità costituisce la regola, mentre la ineleggibilità (al pari dell’incompatibilità) rappresenta un’eccezione, sicchè le norme che disciplinano quest’ultima sono di stretta interpretazione, deve pure escludersi la ricorrenza dei presupposti atti a legittimare l’invocata interpretazione c.d. evolutiva di tale norma. D’altra parte, come già rilevato dalla Corte distrettuale, non offre elementi o spunti di ripensamento nemmeno la pronuncia della Corte Costituzionale n. 283 del 2010, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della L.R. autonoma Valle d’Aosta 7 agosto 2007, n. 20, art. 2, comma 1, lett. r, impugnato, in riferimento agli artt. 3 e 51 Cost., in quanto stabilisce che non sono eleggibili alla carica di consigliere regionale, tra gli altri, il legale rappresentante e i direttori di struttura sanitaria o socio – sanitaria privata che intrattenga rapporti contrattuali con l’Azienda regionale Usl della Valle d’Aosta.

La sentenza del giudice delle leggi si inserisce nel nuovo quadro normativo delineato dall’art. 122 Cost. e dalla Legge di attuazione 2 luglio 2034, n. 165 per il quale in materia di elettorato passivo in ambito regionale le Regioni hanno il potere di disciplinare con legge (anche) i casi di ineleggibilità e di incompatibilità nei limiti di prefissati principi fondamentali (potere, peraltro, di cui la Regione Calabria non si è avvalsa). Giova sottolineare che la citata L. del 2004, art. 2, comma 1, lett. a) ha stabilito che le Regioni possono prevedere i casi di ineleggibilità qualora le attività o le funzioni svolte dal candidato, anche in relazione a peculiari situazioni delle regioni, possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori ovvero possano violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati.

Tale pronuncia (al pari, logicamente ed implicitamente, dell’ordinanza di rimessione), appare anzi confortare le esposte conclusioni, laddove considera in diritto: – che sussiste un’esigenza di tendenziale uniformità sul piano nazionale della disciplina dell’elettorato passivo e che la costante giurisprudenza costituzionale ha subordinato la possibilità di introdurre discipline regionali differenziate, rispetta a quella nazionale, solo in presenza di particolari situazioni ambientali che giustifichino normative autonome;

– che la Regione Valle d’Aosta si è dotata di una normativa in materia (non conforme ma) coerente con quella statale, da un lato, soddisfacendo l’esigenza di una disciplina tendenzialmente unitaria a livello nazionale in materia di ineleggibilità dall’altro, superando il vaglio di ragionevolezza, tenuto conto delle peculiarità dell’azienda sanitaria regionale, avente competenza sull’intero territorio della Regione – che la scelta tra la previsione di una ipotesi di ineleggibilità o, in alternativa, di una ipotesi di incompatibilità appartiene a quella discrezionalità legislativa che, nella specie, non risulta esercitata in modo irragionevole.”.

Va infine rilevato che la pronuncia citata è successiva alla sentenza 19003/2011, che è stata resa in relazione alla regione Campania, e che, senza specifica motivazione, ha ritenuto richiamato da detta L.R., art. 2, comma 1, n. 9, interpretando detta disposizione come applicabile anche ai consiglieri regionali; resta pertanto confermata l’adesione alla ben più argomentata pronuncia 26532/2011.

Conclusivamente, va respinto il ricorso e va condannato il ricorrente alle spese, come liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 7200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge; dà atto che, rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2016

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