Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13167 del 16/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 16/06/2011, (ud. 17/05/2011, dep. 16/06/2011), n.13167

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.V.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

STAZIONE DI MONTE MARIO 9, presso lo studio dell’avvocato GULLO

ALESSANDRA, rappresentata e difesa dall’avvocato MAGARAGGIA GIUSEPPE,

giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati VALENTE NICOLA,

GIANNICO GIUSEPPINA, RICCIO ALESSANDRO, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI CASARANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1755/2007 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 10/07/2007, r.g.n. 2973/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/05/2 011 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La sentenza attualmente impugnata, in parziale accoglimento dell’appello di D.V.G. avverso la sentenza del Tribunale di Lecce n. 3226 dell’11 novembre 2004, dichiara il diritto di quest’ultimo all’assegno di invalidità, con decorrenza dal 1 gennaio 2006, e condanna l’INPS al pagamento della prestazione, oltre che agli accessori di legge.

La Corte d’appello di Lecce precisa che:

a) il c.t.u. nominato in appello, in base alla documentazione sanitaria allegata e ad un’accurata visita personale della D.V., ha concluso nel senso del raggiungimento di un grado di invalidità pari all’80% con conseguente diritto all’assegno di invalidità con decorrenza dal 1 gennaio 2006;

b) le valutazioni e conclusioni del c.t.u. devono essere pienamente condivise, in quanto ineccepibili sul piano tecnico-scientifico e logico nonchè congruamente ed esaurientemente motivate;

c) le generiche osservazioni critiche alla c.t.u., formulate in ordine alla suddetta decorrenza del beneficio, non sembrano tenere nel dovuto conto la complessità del quadro patologico di insieme, come correttamente evidenziata dal c.t.u.;

d) viceversa, la decorrenza stessa risulta essere stata determinata con precisione, sulla base del l’evoluti vita delle accertate malattie;

e) risultano, inoltre, debitamente provati sia il requisito reddituale sia quello della “incollocazione al lavoro”.

2- Il ricorso di D.V.G. domanda la cassazione della sentenza per due motivi; resiste con controricorso l’INPS, mentre il Comune di Casarano non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si denuncia omessa e insufficiente, contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13.

Si rileva che la Corte d’appello di Lecce ha fatto proprie le conclusioni della c.t.u. di appello, nelle quali si riscontrerebbero carenze diagnostiche e affermazioni illogiche sia per quanto riguarda l’individuazione del momento di insorgenza del diritto all’assegno di invalidità civile (fissata al 1 gennaio 2006), sia con riferimento all’esclusione del diritto alla pensione di inabilità, derivante dalla ritenuta percentuale dell’80% per cento di invalidità.

2- Con il secondo motivo, illustrato da quesito di diritto, si denuncia violazione ed erronea applicazione della L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13 e contemporanea omessa e insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Si assume che la Corte d’appello, nello stabilire la decorrenza del diritto all’assegno di invalidità in un momento posteriore a quello della relativa domanda amministrativa sulla base della c.t.u. di secondo grado, non sì sia posta il problema della necessità di individuare la data dell’insorgenza del diritto stesso con la massima precisione.

Si aggiunge, inoltre, che la Corte stessa ha escluso il diritto della D.V. alla pensione di inabilità senza considerare che tale provvidenza non può essere negata nell’ipotesi in cui l’interessato abbia una residua capacità lavorativa che, però, non sia tale da assicurargli di svolgere un’attività che gli consenta di avere un’esistenza libera e dignitosa, ai sensi dell’art. 36 Cost.

3.- Il primo motivo è inammissibile perchè formulato in modo non conforme all’art. 366-bis cod. proc. civ. (applicabile nella specie ratione temporis).

Com’è noto, con orientamento consolidato e condiviso di questa Corte, si è precisato che l’art. 366-bis cod. proc. civ., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, dai nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal n. 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 cod. proc. civ., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a dicta giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (vedi, per tutte: Cass. 25 febbraio 2009, n. 4556).

Nella specie, la ricorrente, in riferimento al primo motivo, non si è attenuta al suddetto principio, tanto più che, avendo denunciato con un unico motivo d’impugnazione vizi di violazione di legge e di motivazione in fatto, a pena di inammissibilità avrebbe dovuto, nella parte conclusiva del motivo stesso, formulare una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali contenente un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un errore di qualificazione giuridica del fatto anche un difetto di motivazione, (vedi, per tutte: Cass. SU 31 marzo 2009, n. 7770), con l’ulteriore specifica individuazione sia della mancanza, sia dell’insufficienza, sia della contraddittorietà della motivazione stessa (Cass. 29 febbraio 2008, n. 5471).

4.- Il secondo motivo non è fondato.

4.1.- Per costante e condiviso orientamento di questa Corte nel giudizio in materia di invalidità, i lamentati errori e lacune della consulenza tecnica d’ufficio sono suscettibili di esame in sede di legittimità unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione della sentenza, quando siano riscontrabili carenze o deficienze diagnostiche o affermazioni scientificamente errate e non già quando si prospettino semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l’entità e l’incidenza del dato patologico e la valutazione della parte, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione (Cass. 12 gennaio 2011, n. 569; Cass. 22 maggio 2004, n. 9896; Cass. 11 gennaio 2000, n. 225).

Nè va omesso di rilevare che, nei casi in cui, in base all’art. 149 disp. att. cod. proc. civ. – che impone di valutare anche gli aggravamenti incidenti sul complesso invalidante verificatisi nel corso del procedimento amministrativo e giudiziario – si valutino gli aggravamenti coevi o successivi ai suddetti procedimenti, per verificare l’effettivo raggiungimento, anche in corso di causa, della soglia di invalidità e quindi la decorrenza del diritto alla prestazione, ciò tuttavia non comporta la retrodatazione della decorrenza della prestazione stessa all’atto della domanda, amministrativa o giudiziaria, ossia ad epoca anteriore al raggiungimento della soglia d’invalidità indennizzabile (Cass. 22 agosto 2003, n. 12369).

In ogni caso, nel ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che intende far valere in sede di legittimità un motivo di ricorso fondato sulle risultanze della consulenza tecnica espletata in grado di appello è tenuta – in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso – ad indicare se la relazione cui si fa riferimento sia presente nel fascicolo di ufficio del giudizio di merito (specificando, in tal caso, gli estremi di reperimento della stessa), ovvero a chiarire alla Corte il diverso modo in cui essa possa essere altrimenti individuata, non potendosi affidare al giudice di legittimità il compito di svolgere un’attività di ricerca della relazione, in sede decisoria, senza garanzia del contraddittorio ed in violazione del principio costituzionale di ragionevole durata del processo (Cass. 22 febbraio 2010, n. 4201;

Cass. 3 luglio 2010, n. 17915).

4.2. Nella specie la ricorrente non si è attenuta ai suddetti principi.

In primo luogo, a causa del mancato rispetto dell’indicato principio dell’autosufficienza, questa Corte non è stata posta in condizione di esaminare la doglianza di insufficiente valutazione del quadro patologico complessivo dell’interessato.

Comunque, le censure formulate si traducono in una inammissibile critica alla valutazione della Corte d’appello, la quale, con motivazione esente da vizi logici, ha ritenuto sussistere un grado di invalidità pari all’80% e conseguentemente ha fissato la decorrenza dell’assegno di invalidità dal 1 gennaio 2006 e non dalla data della domanda amministrativa del 3 marzo 2000, attenendosi alle valutazioni e conclusioni del c.t.u., del tutto condivise e considerate attendibili anche con riguardo alla determinazione della decorrenza provvidenza.

5.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto.

Nulla deve statuirsi in punto di spese, trattandosi di domanda avente ad oggetto prestazione assistenziale proposta prima del 2 ottobre 2003.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 17 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2011

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