Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13165 del 28/05/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 13165 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BISOGNI GIACINTO

Ud. 17/10/12
Motivazione
semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Pietro Maria Zago, elett.te dom.to in Roma, Piazza del
Popolo 18, c/o studio dell’avv.to Pietro L. Frisani,
che lo rappresenta e difende per procura in calce al
ricorso (e dichiara di voler ricevere le comunicazioni
all’indirizzo p.frisani@studiofrisani.com );

– ricorrente contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del
Ministro, rapp.to e difeso dall’Avvocatura Generale

Q955

dello Stato e domiciliato presso i suoi uffici in via

201
/ dei Portoghesi 12, Roma;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 28/05/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Trieste
emesso il l dicembre 2009 e depositata il 27 aprile
2010, R.G. n.(351/132, .52A?g
sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Maurizio Velardi che ha concluso per

rilevato che la Corte ha deliberato di adottare la
motivazione semplificata della decisione;

Rilevato che:
1. Con ricorso del 4 agosto 2009, Pietro Maria Zago
ha chiesto alla Corte di appello di Trieste la
condanna del Ministero dell’Economia e delle
Finanze al risarcimento del danno ex legge
n.89/2001 subìto per la durata eccessiva e non
ragionevole del giudizio instaurato davanti al
T.A.R. del Lazio il 19 dicembre 1995 e ancora in
corso al momento della proposizione del ricorso
per equa riparazione.
2. La Corte di appello ha respinto il ricorso in
considerazione della palese infondatezza della
domanda fatta valere nel giudizio presupposto.
3. Ricorre per cassazione Pietro Maria Zago
affidandosi a due motivi di impugnazione con i
quali deduce la violazione dell’art. 2 comma 3
della legge n. 89/2001 in relazione all’art. 6 §
C.E.D.U. e la omessa motivazione in relazione
a un fatto decisivo della controversia e cioè la

2

l’accoglimento del ricorso;

consapevolezza della palese infondatezza della
domanda fatta valere nel giudizio presupposto e
del suo inevitabile esito negativo.
4. Si difende con controricorso il Ministero.
Ritenuto che
1. la giurisprudenza di questa Corte è costante nel

risarcibile ex legge n. 89/2001, derivante dalla
irragionevole durata del processo, non può essere
esclusa sulla base dell’esito sfavorevole del
giudizio a meno che dagli atti del giudizio non
risulti la prova per cui la parte che richiede il
risarcimento del danno abbia proposto una lite
al

temeraria,

solo

fine

di

perseguire

l’irragionevole durata del giudizio. Ne deriva
che la mera consapevolezza della scarsa
probabilità

di

successo

dell’iniziativa

giudiziaria è irrilevante al fine di escludere il
diritto

al

risarcimento

per

la

durata

irragionevole del processo potendo semmai
rilevare ai fini della quantificazione del danno.
2. Nella specie non è stata affatto fornita Ara
prova, che gravava sull’Amministrazione, della
volontà della parte privata di precostituire con
la sua iniziativa giudiziaria il presupposto per
un’azione ex legge n. 89/2001. Né può ritenersi
scontato l’esito del giudizio amministrativo
proposto dagli odierni ricorrenti.
3. Va pertanto accolto il ricorso con conseguente

3

ritenere che la configurabilità del danno

cassazione del decreto impugnato e decisione nel
merito della controversia che non necessita di
alcuna ulteriore istruzione relativa
all’esistenza del diritto al risarcimento e alla
quantificazione dell’indennizzo.
4. In conformità ai parametri applicati da questa

Europea si reputa adeguata la liquidazione di un
indennizzo pari a complessivi euro 6.500, in
relazione alla durata del giudizio amministrativo
presupposto di oltre tredici anni.
5. Vanno poste a carico del Ministero le spese
processuali del giudizio di merito e di
cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto
impugnato e, decidendo nel merito, condanna il
Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in
favore del ricorrente, a titolo di indennizzo ex legge
n. 89/2001, della somma di 6.500 euro con interessi
dalla domanda. Condanna il Ministero al pagamento delle
spese del giudizio di merito liquidate in euro 1.300,
di cui 100 euro per spese, 500 per diritti e 700 per
onorari e al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione liquidate in complessivi euro 550 oltre 200
euro per rimborsi.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
17 ottobre 2012.

Corte in armonia con le indicazioni della Corte

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