Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13163 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. I, 30/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 30/06/2020), n.13163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4383/2016 proposto da:

(OMISSIS), Soc. Cooperativa sociale per azioni, in persona del legale

rappresentante pro tempore, e C.G., in qualità di

legale rappresentante di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

Roma, Via Antonio Bertoloni 44, presso lo studio dell’avvocato

Petitto Marco, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Rinaldi Romina; giusta procura in atti;

– ricorrenti –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.C.S.P.A., in persona del Curatore fallimentare

F.C., elettivamente domiciliato in Roma, Piazzale Clodio

56, presso lo studio dell’avvocato Vasta Alfredo, rappresentato e

difeso dall’avvocato Torcellan Fabrizio, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

Amag Spa, Azienda Multiservizi Acqua e Gas, in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato Massimo Grattarola, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

Alegas Srl;

– intimato –

avverso la sentenza n. 47/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 14/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/01/2020 da Dott. DI MARZIO MAURO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – (OMISSIS) Società cooperativa sociale per azioni ricorre per tre mezzi illustrati da memoria, nei confronti del Fallimento (OMISSIS) Società cooperativa sociale per azioni, di AMAG S.p.a. ed Alegas S.r.l., contro la sentenza del 14 gennaio 2016 con cui la Corte d’appello di Torino ha respinto il reclamo dell’odierna ricorrente avverso la sentenza del Tribunale di Alessandria dichiarativa del suo fallimento.

2. – Il Fallimento e le due società originarie creditrici istanti resistono con distinti controricorsi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia: “Violazione dell’art. 83 c.p.c., dell’art. 1362 c.c. e dell’art. 1367 c.c.. Nullità e/o inesistenza della procura speciale alle liti a margine del ricorso per dichiarazione di fallimento, con conseguente nullità della sentenza di primo grado e dell’intero procedimento”.

Secondo la ricorrente il vizio della procura alle liti discenderebbe da ciò, che essa recava un’unica sottoscrizione del sedicente legale rappresentante di AMAG S.p.a. ed Alegas S.r.l..

Il secondo motivo denuncia: “Violazione dell’art. 75 c.p.c., dell’art. 77 c.p.c., dell’art. 1362 c.c. e dell’art. 1367 c.c.. Difetto di legitimatio ad processum di B.M., sottoscrittore della procura alle liti per AMAG S.p.A., con travolgimento per Alegas S.r.l., stante che la sottoscrizione è unica ed indivisibile”.

Secondo la ricorrente, l’iniziativa della presentazione del ricorso per dichiarazione di fallimento competeva non al B., amministratore delegato di AMAG S.p.A., bensì al presidente del consiglio di amministrazione della società, il che, sempre secondo la ricorrente, avrebbe travolto anche la procura rilasciata dallo stesso B. per Alegas S.r.l..

Il terzo motivo denuncia: “Violazione del D.Lgs. n. 155 del 2006, artt. 15 e 17, sul carattere di impresa sociale di (OMISSIS), con conseguente assoggettamento al liquidazione coatta amministrativa, anzichè al fallimento”.

Il motivo è così formulato: “Con la sentenza impugnata la Corte di Appello esclude il carattere di impresa sociale di (OMISSIS). La normativa dettagliatamente descritta e riportata negli scritti difensivi dei ricorrenti e nella sentenza impugnata non impone affatto il rispetto delle condizioni poste nel D.Lgs. n. 155 del 2006, art. 10, comma 2 e art. 12, per un’impresa, come (OMISSIS) costituita nel 2005 anteriormente all’entrata in vigore nel 2006 della Disciplina dell’impresa sociale. La normativa transitoria di cui all’art. 17 presuppone che le cooperative sociali, tra cui è certamente da annoverare (OMISSIS), che sono ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale) di diritto, acquisiscono anche la qualifica di impresa sociale. La normativa statutaria interna di (OMISSIS) già rispettava le disposizioni, di cui all’art. 10, comma 2 e art. 12, sicchè gli adempimenti sono meramente attuativi e programmatici di obblighi legali osservati dalla ricorrente ed il mancato adempimento non esclude la configurazione di impresa sociale”.

2. – Il ricorso va respinto.

2.1. – Il primo motivo è infondato.

Il ricorso per dichiarazione di fallimento è stato simultaneamente proposto da AMAG S.p.a. ed Alegas S.r.l. e la relativa procura alle liti è stata sottoscritta dal B., in veste di legale rappresentante sia dell’una che dell’altra società, “per AMAG S.p.a. e per Alegas S.r.l.”. A fondamento della censura, già svolta in sede di reclamo fallimentare, la ricorrente ha sostenuto che la procura alle liti rilasciata da più conferenti debba essere sottoscritta necessariamente da ciascuno di essi, richiamando l’autorità di Cass. 27 febbraio 2009, n. 4831. Ma la decisione richiamata non ha assolutamente nulla a che vedere con il caso in esame: nella vicenda oggetto di quella decisione questa Corte (sulla scia di Cass. 11 dicembre 1999, n. 13881) ha confermato la pronuncia di merito secondo cui “essendo sottoscritta solo dal Banco di Napoli, la procura alle liti non potesse intendersi conferita anche dalla S.G.A. S.p.a., soggetto distinto dal Banco di Napoli”. In quel caso, dunque, risultava dalla procura che i conferenti fossero due, ma solo uno di essi, il Banco di Napoli, l’aveva firmata. Nel caso in esame non vi è una parte che non ha sottoscritto la procura, giacchè entrambe l’hanno conferita a mezzo del B., che ha sottoscritto per ciascuna di esse.

Detto questo, a parte il fatto che il precedente invocato non è pertinente, la tesi giuridica svolta dal ricorrente non merita condivisione.

Non dovrebbe aver bisogno di essere rammentato che la sottoscrizione della procura alle liti, come di ogni altra scrittura privata, secondo la previsione dell’art. 2702 c.c., ha lo scopo di ricondurre la manifestazione di volontà in essa contenuta al suo autore, di guisa che la dichiarazione viene giuridicamente imputata a quest’ultimo, secondo il tenore risultante dal documento stesso. Qualora più siano i conferenti, ma essi esprimano la loro volontà a mezzo della medesima persona fisica (il che può accadere per le persone giuridiche che siano legalmente rappresentate dalla stessa persona fisica, ma può accadere anche per le persone fisiche: si immagini il caso, tutt’altro che raro a vedersi (del genitore che sottoscriva un atto per sè e per il figlio del quale ha la rappresentanza), è ben possibile che questi sottoscriva una sola volta per tutti, purchè sia chiaro, appunto, che la sottoscrizione sia riferibile a ciascuno dei conferenti.

Nel caso di specie, dunque, è agevole osservare che, come poc’anzi osservato, il B., in veste di persona fisica dotata dei poteri di impegnare la volontà dell’una e dell’altra società, ha espressamente sottoscritto, e nulla gli impediva di farlo, per ciascuna delle due.

2.2. – Il secondo motivo è inammissibile.

La tesi della ricorrente si riassume in ciò, che lo statuto di AMAG S.p.a. attribuiva all’amministratore delegato, il B., il potere di rappresentare la società “nei fallimenti o altre procedure concorsuali compiendo tutti gli atti necessari”: e dunque l’amministratore delegato non poteva promuovere la fase prefallimentare.

Del tutto condivisibilmente, dunque, la Corte territoriale ha osservato che la formulazione letterale non solo non escludeva espressamente che l’amministratore delegato potesse proporre il ricorso per dichiarazione di fallimento, ma anzi, attraverso il riferimento a “tutti gli atti necessari”, faceva ritenere proprio il contrario.

Ora, la ricorrente sostiene che detta interpretazione sarebbe errata, ma in realtà non fa che contrapporre la propria interpretazione a quella adottata dal giudice di merito, in violazione del più che fermo principio secondo cui, in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465; Cass. 26 maggio 2016, n. 10891; Cass. 14 luglio 2016, n. 14355).

Nel caso in esame il motivo non indica comprensibilmente e specificamente i criteri legali di ermeneutica contrattuale che il giudice di merito avrebbe violato: la ricorrente afferma apoditticamente che “l’interpretazione letterale e la logica dell’espressione statutaria presuppone la dichiarazione di fallimento e i successivi atti necessari per essa derivanti e non ad essa propedeutici o strumentali”. Ma questa affermazione non rappresenta che una personale lettura della previsione statutaria, la quale non pone affatto in discussione l’applicazione dei parametri interpretativi dettati dall’art. 1362 c.c., cui anzi l’interpretazione patrocinata dalla Corte d’appello ben si attaglia non soltanto sul piano letterale, ma vieppiù su quello dello scrutinio dell’intenzione rappresentata nella previsione, giacchè non è dato comprendere quale senso potrebbe mai avere affidare al presidente del consiglio di amministrazione il promovimento della procedura fallimentare, destinata poi ad essere seguita, con spreco inutile di energie, da parte dell’amministratore delegato. Del tutto incomprensibile, poi, è il richiamo all’art. 1367 c.c., secondo cui la clausola va interpretata nel senso in cui può avere un qualche effetto, giacchè in questo caso l’effetto della lettura data dalla Corte d’appello alla clausola è ben chiaro, e risiede in ciò, che della gestione dell’intera procedura fallimentare si occupa l’amministratore delegato.

2.3. – Il terzo motivo, infine, è inammissibile.

A parte il totale difetto di autosufficienza, giacchè dalla lettura del motivo, il quale rinvia genericamente agli scritti difensivi, non riesce a comprendersi nè quale attività svolga la società fallita, nè per quale specifico motivo essa non sarebbe sottoposta al fallimento, ma alla liquidazione coatta amministrativa, sta di fatto che la sentenza impugnata, alle pagine 10-12, si è ampiamente soffermata sul tema, affermando: i) che l’impresa sociale deve redigere due bilanci, uno civilistico e uno “sociale”, secondo le Linee guida di cui al decreto ministeriale 24 gennaio 2008, mentre quest’ultimo bilancio non risulta nel caso di specie redatto; ii) che gli atti costitutivi delle imprese sociali devono prevedere forme di coinvolgimento dei lavoratori e dei destinatari delle attività, sotto forma di informazione, consultazione o partecipazione, tale da realizzare un’influenza sulle decisioni concernenti l’impresa, forme di coinvolgimento assenti nello statuto di (OMISSIS) Società cooperativa sociale.

E’ dunque palese che il motivo, così come spiegato, non si cimenta con la motivazione addotta dal giudice di merito, ed anzi neppure la sfiora.

E ciò comporta l’applicazione del principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e,

quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; che, in riferimento al ricorso per Cassazione, tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (Cass. 11 gennaio 2005, n. 359; Cass. 12 marzo 2005, n. 5454; Cass. 29 aprile 2005, n. 8975; Cass. 22 luglio 2005, n. 15393; Cass. 24 gennaio 2006, n. 1315; Cass. 14 marzo 2006, n. 5444; Cass. 17 marzo 2006, n. 5895; Cass. 31 marzo 2006, n. 7607; Cass. 6 febbraio 2007, n. 2540; Cass. 28 agosto 2007, n. 18210; Cass. 28 agosto 2007, n. 18209; Cass. 31 agosto 2015, n. 17330).

3. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate, quanto ad ognuno di essi, in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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