Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13160 del 25/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 25/05/2017, (ud. 19/04/2017, dep.25/05/2017),  n. 13160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3779/2015 proposto da:

TECNICO DIBI SRL, in persona dell’amministratore unico e legale

rappresentante sig. D.M.M., elettivamente domiciliata

in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 36-A, presso lo studio

dell’avvocato FABIO PISANI, che la rappresenta e difende giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Z.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA R.R. PEREIRA,

41/A, presso lo studio dell’avvocato GIADA BONGIOVANNI, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

ELECOSTRUZIONI SRL, in persona del suo Amministratore unico sig.ra

P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO

PASSAGLIA 14, presso lo studio dell’avvocato MARIA SARA MERLO, che

la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

CONSORZIO MANUTENZIONE SERVIZI OLGIATA, MEDIOCREDITO ITALIANO SPA,

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA, CASSA RISPARMIO ROMA,

M.T.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7238/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/04/2017 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato FABIO PISANI;

udito l’Avvocato MARIA SARA MERLO;

udito l’Avvocato ALESSANDRA CASSONE per delega non scritta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Tecnico Dibi s.r.l. ed Elecostruzioni s.r.l. proponevano distinte opposizioni avverso le esecuzioni immobiliari che avevano portato alla vendita di un immobile all'(OMISSIS), venduto dalla prima società alla seconda, assumendo che i debiti della società venditrice fossero stati soddisfatti dalla società acquirente, con rinuncia dei creditori di Dibi all’esecuzione e che quindi la prima esecuzione dovesse essere dichiarata estinta. Proponeva opposizione anche l’avv. Z.M., creditore intervenuto. Le opposizioni, riunite, venivano rigettate dal Tribunale di Roma.

L’appello proposto da Tecnico Dibi e da Elecostruzioni veniva dichiarato inammissibile dalla corte d’appello, sul rilievo che la sentenza impugnata avesse espressamente qualificato le opposizioni proposte come agli atti esecutivi e che pertanto, in applicazione del principio dell’apparenza, l’esame della impugnazione di esse fosse devoluta alla Corte di cassazione e preclusa al giudice di appello.

La Tecnico Dibi s.r.l. propone tempestivo ricorso per cassazione articolato in tre motivi nei confronti dell’avv. Z.M., del Consorzio manutenzione e Servizi Olgiata, del Mediocredito italiano s.p.a., della Elecostruzioni s.r.l, della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e della Cassa di Risparmio di Roma per la cassazione della sentenza n. 7238/2014, depositata dalla Corte d’Appello di Roma il 25 novembre 2014 (notificata il 15 dicembre 2014, regolarmente depositata in copia notificata).

L’avv. Z.M. e Elecostruzioni s.r.l. resistono con distinti controricorsi, entrambi illustrati da memoria.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 615 e 618 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Assume di aver contestato anche, con la sua opposizione, che il diritto dei creditori procedenti e intervenuti si fosse estinto per intervenuto pagamento, e quindi che fosse venuto meno il loro diritto di procedere esecutivamente nei suoi confronti: assume di aver proposto, quindi, anche una opposizione all’esecuzione, e non soltanto una opposizione agli atti esecutivi.

Aggiunge che la sentenza di primo grado non aveva mai esaminato il secondo profilo della proposta opposizione, e che non lo avesse neppure autonomamente qualificato. Sostiene pertanto che il richiamo al principio dell’apparenza e la declaratoria di inammissibilità dell’appello, contenuti nella sentenza impugnata, sono inesatti e illegittimi. Sostiene infatti che la sentenza di primo grado si sia limitata a ritenere inammissibile la sua opposizione per carenza di interesse, perchè, nelle more, la ricorrente aveva venduto il bene pignorato alla Elecostruzioni.

Sostiene anche di aver introdotto uno specifico motivo di appello sul punto (pur non chiarendo se in appello avesse riprodotto la domanda di primo grado o avesse impugnato la sentenza laddove non si era pronunciata su tale domanda), non esaminato nel merito attesa la pronuncia in limine di inammissibilità da parte del giudice di appello.

Anche con il secondo motivo, la società ricorrente deduce la nullità della sentenza, per violazione degli artt. 100, 112, 615, 618 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Denuncia l’omessa pronuncia sul primo motivo di appello, con il quale sarebbe stato denunciato l’errore contenuto nella declaratoria di inammissibilità dell’opposizione contenuta nella prima sentenza.

Con il terzo motivo, infine, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 24, 111, 113 Cost. e dell’art. 618 c.p.c., perchè la sentenza impugnata avrebbe negato il diritto della ricorrente di conseguire una pronuncia di merito sulle opposizioni proposte. Nell’eventualità che la Corte non ritenga fondato il ricorso, la società ricorrente propone questione di legittimità costituzionale degli artt. 327, 339 e 618 c.p.c., laddove non prevedono un termine per la prosecuzione della impugnazione dinanzi al giudice funzionalmente competente.

Il controricorso di Elecostruzioni è totalmente adesivo alle posizioni della ricorrente, mentre il controricorso dell’avv. Z. ne contraddice le premesse in fatto, affermando che nella sentenza di primo grado, conclusasi con un rigetto di tutte le opposizioni e non con una pronuncia di parziale inammissibilità, vi fosse la espressa qualificazione delle opposizioni introdotte in termini di opposizioni agli atti esecutivi, e che quindi sia stato correttamente dichiarato inammissibile l’appello della ricorrente.

I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi.

Essi sono inammissibili.

Sulla base del dispositivo della sentenza impugnata riportato nel ricorso e sulla base di quanto chiaramente affermato nella sentenza di appello, la sentenza del tribunale ha rigettato nel merito, e non dichiarato inammissibile, l’opposizione di DIBI, qualificandola espressamente, e nel suo complesso, come opposizione agli atti esecutivi.

Di conseguenza, la corte d’appello ha dichiarato inammissibile l’impugnazione, in legittima applicazione del principio dell’apparenza, secondo il quale l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va effettuata facendo esclusivo riferimento alla qualificazione data dal giudice all’azione proposta, con il provvedimento impugnato, a prescindere dalla sua esattezza e dalla qualificazione dell’azione data dalla parte, in base al principio dell’apparenza, e tanto al fine di escludere che la parte possa conoscere “ex post”, ad impugnazione avvenuta, quale era il mezzo di impugnazione esperibile. Ne consegue che, nel caso di sentenza emessa in sede di opposizione in materia esecutiva (a cui non si applica la modifica normativa sopravvenuta per effetto della L. n. 52 del 2006, art. 14, che ha comportato la sostituzione dell’art. 616 c.p.c.), la stessa è impugnabile con l’appello, se l’azione è stata qualificata come opposizione all’esecuzione, mentre è esperibile il ricorso per cassazione, qualora l’azione sia stata definita come opposizione agli atti esecutivi (tra le molte, Cass. n. 26294 del 2007).

La ricostruzione dei fatti e del pronunciamento di primo grado operata dalla ricorrente – che come si è detto è contraddetta non solo dal controricorrente ma anche dal tenore della sentenza impugnata – è carente sotto il profilo della completezza del motivo, ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in quanto, a fronte della affermazione ben precisa che apre la sentenza di appello (“Il giudizio riguarda le opposizioni proposte dalle società Tecnico Dibi, Elecostruzioni e dall’avv. Z.M., che il Tribunale, con la qui impugnata sentenza del 15.2.2013, ha espressamente qualificato quali opposizioni agli atti esecutivi”), non riporta i passi significativi della sentenza di primo grado idonei a smentire tale ricostruzione, nè tanto meno riproduce il proprio motivo di appello, con il quale avrebbe dovuto contestare l’omessa pronuncia sulla opposizione all’esecuzione che afferma di aver proposto.

Sia il terzo motivo, che la correlata questione di legittimità costituzionale sono manifestamente infondati.

Il diritto ad ottenere una pronuncia di merito deve pur sempre essere coordinato con il rispetto delle regole che disciplinano il sistema delle impugnazioni: se il legislatore esclude l’appello per un determinato tipo di controversie, quali le opposizioni agli atti esecutivi (ritenendo di privilegiare l’esigenza di speditezza nella definizione, a fronte di situazioni che generalmente presentano una semplice accertabilità in fatto in ordine all’avvenuto rispetto o meno delle regole procedurali da parte del giudice dell’esecuzione), ciò non può integrare una violazione del diritto di difesa. Questa Corte ha già da tempo ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 618 c.p.c., laddove esso non prevede la possibilità di proporre appello avverso la sentenza di primo grado che decide l’opposizione agli atti esecutivi, attesa la non costituzionalizzazione del principio del doppio grado di merito, con la precisazione che la questione, ove sollevata per la prima volta in questa sede si appalesa anche irrilevante, in quanto essa avrebbe dovuto essere proposta nel giudizio di appello (Cass. n. 2938 del 1998).

Inoltre, questa Corte ha già dichiarato manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., dell’art. 618c.p.c., comma 3, in relazione all’art. 323 c.p.c., nella parte in cui il combinato disposto delle due norme non consente il principio di convertibilità dei mezzi d’impugnazione, come invece previsto dall’art. 568 c.p.c., comma 5, atteso che l’impugnabilità della sentenza di primo grado pronunciata sull’opposizione agli atti esecutivi mediante il ricorso per cassazione “ex” art. 111 c.p.c., garantisce sufficientemente il diritto dell’opponente alla sua tutela per via giudiziale anche nel corso del processo esecutivo, in relazione alla regolarità formale e sostanziale degli atti di esecuzione e di quelli preliminari all’esecuzione vera e propria, come l’atto di precetto (Cass. n. 19693 del 2008).

Il ricorso va complessivamente rigettato.

Le spese del presente giudizio tra Dibi ed Elecostruzioni possono essere compensate, stante la sostanziale coincidenza delle posizioni, mentre nei confronti del controricorrente Z. esse seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza della ricorrente, la Corte, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese di giudizio tra Tecnico Dibi s.r.l. ed Elecostruzioni s.r.l.; pone a carico della ricorrente Tecnico Dibi s.r.l. le spese di giudizio sostenute dal controricorrente avv. Z.M., che liquida in complessivi Euro 7.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2017

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