Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13157 del 24/06/2016

Cassazione civile sez. lav., 24/06/2016, (ud. 23/03/2016, dep. 24/06/2016), n.13157

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15632-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 154, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.F., (OMISSIS); elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA CAVOUR 221, presso lo studio dell’avvocato FABIO

FABBRINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

AGNESE GUALTIERI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2817/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 03/06/2012 R.G.N. 9870/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2016 dal Consigliere Dott. SPENA FRANCESCA;

udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega verbale Avvocato

FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione, in subordine rinvio.

Fatto

Con sentenza dell’8 aprile – 3 giugno 2010 la Corte d’appello di Napoli, in parziale accoglimento dell’appello proposto da P. F. nei confronti di POSTE ITALIANE spa avverso la sentenza del 22.11.2005 del Tribunale di Avellino – che aveva respinto la domanda proposta dal lavoratore nei confronti della s.p.a. Poste Italiane – dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti di causa all’1-2-2002 al 30-4-2002 in ragione di “esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè alla attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11.12.2001, 11 gennaio 2002”.

La Corte territoriale riteneva non essere stato assolto l’onere, cadente a carico del datore di lavoro, di provare la effettività delle ragioni addotte nel contratto, in quanto gli accordi prodotti dimostravano la ricorrenza di quelle esigenze su scala nazionale ma non anche la loro incidenza sulla necessità di assumere il P..

La prova articolata dalla società nella memoria difensiva di primo grado era generica e dunque inammissibile in quanto non idonea ad attestare la ricorrenza del nesso causale sotto il profilo individuale.

Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione POSTE ITALIANE, articolato in quattro motivi.

Resiste con controricorso P.F..

Diritto

1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1; D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, commi 1 e 2; D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, art. 12 preleggi; art. 1362 c.c. e ss., art. 1325 c.c. e ss..

Lamenta che erroneamente la Corte di merito aveva ritenuto la genericità della causale, assumendo una incompatibilità tra la pluralità della ragioni giustificative del termine e l’obbligo di specificità di cui D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1.

Richiama le pronunzie di questa Corte con le quali è stato chiarito che l’onere di specificazione delle ragioni del termine può essere assolto anche attraverso il rinvio ad atti esterni accessibili alle parti, quali gli accordi sindacali sulla mobilità del personale.

Deduce la contrarietà della statuizione anche alle regole di ermeneutica contrattuale fissate dagli artt. 1362 e 1363 c.c..

In particolare evidenzia che nelle disposizioni finali dell’accordo del 17 ottobre 2001, richiamato nei successivi accordi collettivi, veniva affermato che a conclusione della procedura di messa in mobilità le parti avevano sottoscritto accordi – in data 17 e 23 ottobre 2001 – relativi, tra l’altro, alla definizione dei processi di mobilità interaziendale, autorizzando la società a ricorrere, durante la fase di realizzazione di detti processi di mobilità, alla attivazione di contratti a tempo determinato per sostenere il livello del servizio di recapito e di sportelleria.

Gli accordi collettivi successivi a quello del 17.10.2001, richiamati nel contratto di assunzione, disciplinavano il processo di riallocazione territoriale e professionale delle risorse a tempo indeterminato e davano prova sul piano sostanziale della sussistenza delle ragioni del termine.

2. Con il secondo motivo la società ricorrente denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, – omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio. Lamenta la mancanza di motivazione in ordine alla asserita inidoneità degli accordi sindacali a specificare la causale giustificatrice del termine.

3. Con il terzo motivo Poste Italiane denunzia omessa e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo.

Censura la mancanza di motivazione del rigetto delle istanze istruttorie articolate (sin dal primo grado di giudizio – come capitolo di prova numero 11) in ordine alla esistenza di squilibri nella distribuzione del personale sul territorio, che avevano determinato situazioni di temporanea carenza di personale incidenti sulla unità produttiva alla quale il lavoratore era stato assegnato.

Censura, altresì, il mancato esercizio dei poteri istruttori d’ufficio onde colmare una eventuale ritenuta carenza delle allegazioni dei capitoli di prova.

9. Con il quarto motivo si denunzia la violazione degli artt. 1206, 1207, 1217 e 1219 c.c., sulla messa in mora in relazione alla pronunzia di condanna del datore di lavoro al pagamento delle retribuzioni dalla data di notifica del ricorso di primo grado.

La società assume che le retribuzioni sarebbero dovute solo dalla data di effettiva ripresa del servizio.

Da ultimo si denunzia la contrarietà della statuizione sul danno allo ius superveniens di cui L. n. 183 del 2010, art. 32.

Il primo, il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati.

Deve premettersi che questa Corte di legittimità, con riferimento a fattispecie nelle quali erano state adoperate clausole giustificatrici di contenuto analogo a quello utilizzato nel caso in esame, ha affermato che la specificazione delle ragioni giustificative del termine può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro attraverso il riferimento “per relationem” ad altri testi scritti accessibili alle parti giacche, “seppure nel nuovo quadro normativo… non spetti più un autonomo potere di qualificazione delle esigenze aziendali idonee a consentire l’assunzione a termine, tuttavia, la mediazione collettiva ed i relativi esiti concertativi restano pur sempre un elemento rilevante di rappresentazione delle esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli interessi dei dipendenti, con la conseguenza che gli stessi debbono essere attentamente valutati dal giudice ai fini della configurabilità nel caso concreto dei requisiti della fattispecie legale” (Cass. Sez. Lav., 23/02/2016, n. 3995 22/02/2016, n. 3412; 1 febbraio 2010 n. 2279; 27 aprile 2010 n. 10033; 25 maggio 2012 n. 8286; 3.10.2014 n. 20996; 9.7.2015 n. 14336).

In altri termini, è necessario che di fronte ad una complessa enunciazione delle ragioni addotte a legittimare l’apposizione del termine l’esame del giudice di merito si estenda a tutti gli elementi di specificazione emergenti dal contratto, allo scopo di acclararne l’effettiva sussistenza, ivi comprendendo l’analisi degli accordi collettivi sopra indicati (cfr. la giurisprudenza già richiamata, cui adde Cass. nn. 2279 e 16303 del 2010, Cass. 25 maggio 2012, n. 8286, Cass. 23 maggio 2013 n. 16102 e Cass. 16.4.2015 n. 7772).

Nella fattispecie in esame la Corte territoriale ha omesso di esaminare funditus il contenuto degli accordi richiamati nel contratto individuale e di valutare la loro concreta idoneità ad assolvere alla funzione di specificazione della causale; ha operato inoltre una sovrapposizione tra il profilo formale, relativo alla specificità della clausola contrattuale- da valutare ex ante ed in astratto – e quello sostanziale, della allegazione e della prova in giudizio della effettiva inerenza al singolo rapporto di lavoro delle esigenze richiamate in contratto.

Ed infatti la Corte afferma che la prova articolata dalla società nella memoria difensiva di primo grado era “del tutto generica e quindi inammissibile, in quanto non idonea a dimostrare quel profilo individuale del nesso causale, sopra evidenziato, che deve sussistere tra esigenze indicate in contratto e singola assunzione a tempo determinato”.

Tale giudizio omette di considerare il fatto oggetto del capitolo di prova nr. 11 della memoria di Poste Italiane ovvero che i processi organizzativi richiamati negli accordi collettivi “hanno indotto numerosi squilibri nella distribuzione sul territorio del personale e situazioni di temporanea carenza di organico incidenti sul regolare funzionamento dei servizi che hanno investito la stessa unità produttiva cui l’istante è stato addetto”.

La mancata ammissione della prova ha dunque determinato l’omesso esame di un fatto potenzialmente decisivo.

Sussiste altresì il vizio di contraddittorietà della motivazione giacchè il giudice del merito pone a carico di Poste Italiane spa le conseguenze del mancato assolvimento dell’onere della prova dopo avere respinto la istanza di ammissione dei mezzi di prova all’uopo articolati dalla società.

Resta assorbito il quarto motivo.

La sentenza deve essere, pertanto, cassata in relazione alle censure accolte con conseguente rimessione della causa ad altro giudice, indicato in dispositivo, che provvederà sulla base dei principi di diritto sopra richiamati, oltre che sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2016

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