Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13154 del 14/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/05/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 14/05/2021), n.13154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Anna Maria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9379-2019 proposto da:

G.M.M., rappresentata e difesa dagli avvocati

FILIPPO CALA’, MASSIMILIANO MARCO MARIA SCUZZARELLA e GIORGIO

BORGETTO e domiciliata presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

C.S., D.V., C.G., C.D. e

C.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 74/2018 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 14/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio del

20/01/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione ritualmente notificato C.S. e D.V., in proprio e quali rappresentanti legali dei figli minori C.D. e C.A., poi costituitisi personalmente al raggiungimento della maggiore età, evocavano in giudizio innanzi il Tribunale di Caltanissetta G.M.M. e la notaia P.G., esponendo di aver acquistato dalla prima, con rogito a ministero della seconda in data 26.11.1997, un immobile in Comune di Lascari, con obbligo, a carico della venditrice, di provvedere alla cancellazione di una ipoteca gravante sul bene compravenduto e ad assicurare il rilascio della concessione in sanatoria e del certificato di abitabilità dello stesso. Poichè entrambi i predetti adempimenti non erano stati adempiuti dalla G., gli attori invocavano la condanna dei convenuti al risarcimento del danno subito, ciascuno per quanto di ragione.

Si costituiva in giudizio la G. eccependo la non imputabilità del ritardo, tanto con riferimento alla cancellazione dell’ipoteca, quanto con riguardo al rilascio della concessione in sanatoria e del certificato di abitabilità.

Nel corso del giudizio di prime cure, a seguito della intervenuta cancellazione del gravame e del rilascio della concessione in sanatoria, gli attori abbandonavano la domanda proposta nei confronti del notaio, insistendo per la condanna della sola G. al risarcimento del danno.

Con sentenza n. 126/2010 la domanda veniva rigettata, quanto alla cancellazione dell’ipoteca, ma veniva invece accolta relativamente alla concessione in sanatoria, sul rilievo che la stessa, ancorchè tardiva, non aveva riguardato l’intero immobile compravenduto, ma soltanto parte di esso. Il Tribunale condannava quindi la G. al risarcimento del danno, quantificato in Euro 102.676, e al pagamento dei due terzi delle spese del grado, che compensava per il residuo terzo.

Interponeva appello avverso detta decisione la G. e si costituivano in seconda istanza gli originari attori, per resistere al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 74/2018, la Corte di Appello di Caltanissetta rigettava l’impugnazione.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione G.M.M. affidandosi a quattro motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,163 e 183 c.p.c., perchè la Corte di Appello non avrebbe rilevato che gli attori avevano operato in prime cure una inammissibile mutatio libelli, modificando la domanda, originariamente tesa ad ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata sanatoria del bene compravenduto, in domanda di risarcimento per diminuzione del valore del bere, per effetto dell’intervenuto rilascio della concessione in sanatoria solo per una parte dell’immobile.

La censura è infondata.

Va infatti ribadito il principio per cui “La modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (“petitum” e “causa petendi”), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità Difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali” (Cass. Sez. U. Sentenza n. 12310 del 15/06/2015, Rv. 635536). Nel caso di specie gli attori, a seguito di un fatto nuovo avvenuto in corso di causa – il rilascio della concessione in sanatoria per una parte soltanto dell’immobile compravenduto – hanno modificato la domanda originariamente proposta, limitandone la portata, senza tuttavia modificarne la natura. La richiesta di risarcimento del danno, in origine parametrata all’intero valore del bene, è stata infatti riconsiderata alla luce della nuova situazione di fatto venutasi a creare, e limitata pertanto alla sola diminuzione di valore dell’immobile derivante dalla sua non completa regolarizzazione urbanistica. Non si configura, pertanto, una mutano libelli non consentita dalla norma processuale, ma soltanto una mera emendatio libelli, non essendo in alcun modo stata modificata la natura risarcitoria della domanda.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè la Corte nissena avrebbe omesso di tener conto: a) da un lato, dell’esito della CTU esperita in prime cure, con violazione dell’art. 112 c.p.c.; b) dall’altro lato, dell’atto di compravendita inter partes, che prevedeva una vendita a corpo e non a misura; c) infine, della lettera inviata da C.S. all’odierna ricorrente in data 8.11.2005.

Ad avviso della G., la CTU avrebbe dimostrato che la parziale non abitabilità dell’immobile era dovuta ad una insufficiente altezza del sottotetto, fatto – questo – che non poteva essere considerato decisivo, poichè l’ausiliario aveva affermato che l’abitabilità, ove rilasciata, avrebbe riguardato l’intero immobile. Il fatto che la compravendita fosse stata stipulata a corpo e non a misura, invece, dimostrerebbe l’irrilevanza del fatto che la sanatoria sia intervenuta solo per parte, e non per tutto, il bene, posto che le parti avevano stabilito il prezzo di vendita in piena libertà e consapevoli della condizione non regolare del cespite compravenduto. La lettera delll’8.11.2005, infine, dimostrerebbe la consapevolezza della parte acquirente sul fatto che per il bene compravenduto era stata richiesta una concessione in sanatoria, poichè esso non era in regola con la normativa urbanistica.

La censura è, nelle sue diverse articolazioni, inammissibile, poichè la ricorrente non censura l’omesso esame di fatti, bensì la valutazione delle risultanze istruttorie svolta dal giudice di merito. Nè le risultanze della CTU nè il contenuto dell’atto di vendita, nè il testo della lettera di cui anzidetto, infatti, costituiscono fatti storici che la Corte di Appello ha omesso di considerare; si tratta, piuttosto, di elementi di prova acquisiti agli atti del giudizio di merito, che la Corte siciliana ha liberamente apprezzato. In particolare, la Corte nissena dà atto che l’atto di compravendita indicava un immobile articolato in seminterrato, piano terra e primo piano, senza menzionare alcun sottotetto, ed afferma che le tavole progettuali allegate in atti di causa indicavano che quello che la ricorrente indicava come sottotetto era in realtà il primo piano. Di conseguenza, secondo la Corte di Appello l’inabitabilità interessava direttamente l’appartamento oggetto della vendita, e non soltanto una sua pertinenza (cfr. pag. 3 della sentenza). Tale statuizione che si risolve in [n.d.r. testo originale non comprensibile] delle risultanze istruttorie non è neppure adeguatamente attinta dalla censura in esame, con la quale la G., sollecita una ricostruzione degli accordi intervenuti tra le parti diversa da quella fornita dalla Corte nissena ed invoca un apprezzamento alternativo delle risultanze istruttorie, da ritenersi preclusa in questa sede, ove risultino dalla decisione impugnata le ragioni del convincimento del giudice di merito (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2697 c.c., perchè la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere che l’abitabilità, anche ove fosse stata rilasciata, non avrebbe comunque potuto riguardare il primo piano, che non aveva le altezze necessarie.

Anche questa censura è inammissibile, da un lato per le medesime considerazioni già svolte in relazione al secondo motivo, posto che la ricorrente finisce per contestare l’apprezzamento delle risultanze istruttorie condotto dal giudice di seconde cure, e dall’altro lato in quanto la doglianza si risolve nella richiesta di revisione della valutazione condotta del giudice di merito, al fine di conseguire una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura e alle finalità del giudizio in Cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Con il quarto ed ultimo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte distrettuale avrebbe errato nell’affermare che l’appello proposto dalla G. avverso la decisione di prime cure era generico.

La censura è inammissibile per difetto di interesse concreto all’impugnazione.

La Corte territoriale infatti, dopo aver affermato che il gravame… si risolve in affermazione apodittiche prive di adeguata critica al pur puntuale ed articolato apparato motivazionale della sentenza impugnata” (cfr. pag. 3 della sentenza di secondo grado), ha comunque esaminato il merito dell’impugnazione, dando atto dei motivi per cui l’ha ritenuta infondata, pervenendo – tra l’altro – ad una pronuncia di rigetto dell’appello e di conferma della sentenza di primo grado.

La denunzia di un vizio processuale non è diretta a tutelare l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma a garantire l’eliminazione di un effettivo pregiudizio del diritto di difesa della parte denunciante, il che postula la possibilità per quest’ultima di ottenere, nel successivo giudizio di rinvio, una pronuncia diversa e più favorevole rispetto a quella cassata (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3024 del 07/02/2011, Rv. 616771). In mancanza di detto requisito, dev’essere escluso l’interesse concreto ad impugnare, con conseguente inammissibilità della censura.

A fronte del rigetto del primo motivo e dell’inammissibilità degli altri, il ricorso va in complesso rigettato.

Nulla per le spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte intimata nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta ii ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della sesta sezione civile, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021

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