Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13152 del 28/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/05/2010, (ud. 12/04/2010, dep. 28/05/2010), n.13152

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – rel. Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

IMM. RIVIERA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA NOMENTANA 263, presso lo studio

dell’avvocato MATTIA MICHELANGELO, rappresentato e difeso

dall’avvocato TADDEO LUIGI, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI NAPOLI in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA A. CATALANI 26, presso lo studio

dell’avvocato D’ANNIBALE ENRICO, rappresentato e difeso dagli

avvocati TARALLO GIUSEPPE, BARONE EDOARDO, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 12 9/2 006 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 09/11/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2010 dal Presidente e Relatore Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di istanza di rimborso dell’imposta ICI pagata dalla S.r.l.

Immobiliare Riviera per gli anni dal 1997 al 2001, il Comune di Napoli con atto notificato il 4 agosto 2003 disponeva il rimborso delle somme versate per gli anni 1999, 2000 e 2001 e per il saldo del 1998, ritenendo invece prescritto il diritto agli importi pagati per l’anno 1997 e per l’acconto dell’anno 1998, in quanto la domanda di rimborso era stata presentata solo con atto ricevuto il 24 ottobre 2001 e quindi – per tali somme – dopo la scadenza del termine triennale previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13.

Tale provvedimento e’ stato impugnato dalla societa’ contribuente con ricorso respinto dalla C.T.P.. La decisione e’ stata confermata in appello dalla C.T.R. di Napoli con la sentenza oggi impugnata, secondo cui la prescrizione del diritto al rimborso non era stata interrotta, prima della scadenza del termine, da un atto di interpello precedentemente presentato alla Agenzia delle Entrate.

Avverso tale sentenza, depositata il 9 novembre 2006, la S.r.l.

Immobiliare Riviera propone ricorso per Cassazione affidato a due motivi. Il Comune di Napoli resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La societa’ contribuente, premesso di aver presentato in data 22 maggio 2001 alla Agenzia delle Entrate e al Comune di Napoli istanza di interpello L. n. 212 del 2000, ex art. 11 con la richiesta di un parere circa l’identificazione del soggetto tenuto al pagamento dell’imposta ICI relativa ad un immobile della societa’, e di aver perfezionato la richiesta di rimborso con successiva istanza del 24 ottobre 2001 diretta al Comune, deduce che “il Comune compulsato dall’istanza di interpello” avrebbe dovuto rivolgere la pretesa impositiva al soggetto acquirente dell’immobile.

Propone pertanto il seguente quesito di diritto – “viola il principio del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3 la sentenza che non ristabilisce l’evidente titolarita’ passiva del pagamento del tributo?” 2. Con il secondo motivo, denunciando la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la ricorrente deduce l’insufficienza e contraddittorieta’ della motivazione della sentenza impugnata, “quando sostiene che nel caso specifico lo scopo dell’atto di interpello non era quello di richiedere il rimborso dell’imposta dovuta”.

Propone quindi il seguente quesito di diritto: “viola il principio del diritto al rimborso – violazione D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la sentenza che nega il diritto al rimborso davanti ad un atto dove la volonta’ di richiederlo e’ evidente?” 3. Entrambi i motivi sono inammissibili, perche’ la formulazione dei quesiti posti a conclusione di ciascuno di essi non presenta i requisiti previsti dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile al ricorso avverso provvedimento pubblicato dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.

L’ammissibilita’ di censure, con cui si denunzino in un unico motivo d’impugnazione vizi di violazione di legge e di motivazione in fatto, (come nella specie, con il richiamo sia alla norma di legge che si assume violata sia al disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) richiede che il motivo si concluda con una pluralita’ di quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto (Cass. Sez. Un. n. 7770 del 31/03/2009).

Tale requisito non e’ assolutamente ravvisabile nel caso di specie;

la formulazione di entrambi i quesiti, poi, e’ del tutto inidonea, sotto il secondo profilo, ad assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla controversia, in quanto prescinde del tutto dalla fattispecie concreta rilevante nella lite, si’ da non porre il giudice di legittimita’ in condizione di comprendere l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e di rispondere al quesito medesimo enunciando una regula iuris (cfr. Cass. Sez. Un. 27 marzo 2009 n. 7433).

Le stesse considerazioni valgono per la denuncia di vizio di motivazione, mancando nei quesiti una chiara indicazione, come richiesto dalla norma richiamata, del fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ne’ delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione mediante lo specifico riferimento ai fatti rilevanti.

Il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile.

Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 12 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2010

 

 

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