Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1315 del 22/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2020, (ud. 22/10/2019, dep. 22/01/2020), n.1315

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

su ricorso 15362-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona de rettore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.A., FALLIMENTO (OMISSIS) SNC;

– intimati –

avverso la sentenza n. 101/2012 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

CATANIA, depositata il 23/04/2012;

udita relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2019 dal Consigliere Dott. VENEGONI ANDREA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

A seguito dell’accertamento n. (OMISSIS) effettuato a fini iva ed irap nei confronti della società (OMISSIS) s.n.c., e notificato al socio L.A., quest’ultimo lo impugnava ai fini iva ed irap, deducendo che l’avviso era tardivo, perchè notificato oltre il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, non essendo applicabile la proroga di cui al L. n. 289 del 2002, art. 10.

La CTP accoglieva il ricorso del contribuente, ritenendo l’accertamento tardivo.

La CTR rigettava l’appello dell’ufficio per la medesima ragione.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre l’ufficio sulla base di un motivo.

Il contribuente non si è costituito.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con l’unico motivo l’ufficio deduce violazione di legge per erronea e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 10 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La sentenza ha errato laddove ha ritenuto che la proroga di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 10 si applichi ai contribuenti che non si avvalgono delle disposizioni di cui agli artt. 7, 8 e 9 per l’esistenza di un motivo ostativo, e non anche a chi, pur potendo rimuovere la causa ostativa, ha scelto di non farlo.

Va preliminarmente osservato che la presente controversia fa parte di una vicenda più ampia, che prende avvio da una verifica nei confronti della società (OMISSIS) s.n.c., che aveva portato all’emissione di un avviso di accertamento nei confronti della società, e dei conseguenti atti, consistenti in singoli avvisi di accertamento ai soci, trattandosi di società di persone, e degli atti di irrogazione di sanzioni.

Laddove le pronunce di merito erano state favorevole alla società ed ai soci, l’Agenzia ricorreva davanti a questa Corte, originando una serie di procedimenti distinti.

All’udienza del 10 aprile 2019 emergeva l’esistenza di un ulteriore procedimento, relativo ad uno dei soci, non chiamato in quella sede, e per questo, per integrare il contraddittorio, i procedimenti chiamati erano stati rinviati all’udienza odierna per la trattazione contestuale.

Tuttavia, in quella sede, poichè in alcuni procedimenti instaurati dall’Agenzia davanti a questa Corte non vi era la prova della rituale notifica del ricorso e nulla che inducesse a doverne disporre la rinnovazione, i relativi ricorsi venivano dichiarati inammissibili.

Ciò, però, ha comportato il passaggio in giudicato della sentenza della CTR che, nel caso del procedimento avente n. 14815/12, definito con sentenza di questa Corte n. 15212 del 2019, relativo alle sanzioni a carico di un socio, aveva rigettato l’appello dell’ufficio, confermando la sentenza della CTP che, come emerge dagli atti, aveva annullato l’atto impugnato.

Quest’ultimo, dalla lettura degli atti, era inequivocabilmente l’avviso di accertamento (OMISSIS), relativo a società e singoli soci, impugnato da uno di essi al quale era stato notificato anche il conseguente atto di contestazione delle sanzioni, oggetto specifico di quel procedimento. Questo era, in sostanza, l’atto da cui sono poi derivati tutti i conseguenti, e cioè gli atti di contestazioni di sanzioni nei confronti della società e dei singoli soci, tra cui quello oggetto del presente procedimento, e gli avvisi di accertamento dei redditi delle persone fisiche a carico dei singoli soci.

Orbene, la sentenza della CTP che, come riportato in epigrafe, riguardava specificamente il suddetto avviso di accertamento, concludeva per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’atto impugnato, poichè ritenuto tardivo.

In sostanza, quindi, tale atto è stato annullato e la sentenza che ha così disposto è passata in giudicato.

Questo, allora, non può non riverberarsi sui giudizi discendenti dall’accertamento principale, tutti relativi allo stesso anno di imposta.

Nel caso di specie, l’atto impugnato è lo stesso già oggetto del procedimento in cui la sentenza è divenuta definitiva.

Trattandosi di giudicato esterno, per di più dipendente da una decisione di questa Corte, non solo è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, per rispondere alla finalità d’interesse pubblico di eliminare l’incertezza delle situazioni giuridiche e di rendere stabili le decisioni, sicchè il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti e non è subordinato ai limiti fissati dall’art. 345 c.p.c. per le prove nuove in appello (Sez. II, ord. n. 27161 del 2018; sez. IV, n. 16847 del 2018; sez. IV, n. 8607 del 2017), ma lo è a maggior ragione in quanto formatosi a seguito di una sentenza di questa Corte.

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto per sopravvenuto giudicato esterno che ha annullato l’avviso di accertamento, da cui dipende l’atto oggetto della presente causa, sempre relativo al medesimo anno di imposta, il 1999.

Non essendo il contribuente costituito, non vi è da provvedere sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 22 gennaio 2020

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