Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13147 del 14/05/2021

Cassazione civile sez. III, 14/05/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 14/05/2021), n.13147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32091/2019 proposto da:

G.S.K., rappresentato e difeso dall’avv.to GIULIO

MARABINI, giusta procura in calce al ricorso

(giulio.marabini.ordineavvocatiforlicesena.eu) elettivamente

domiciliato in Roma piazza Cavour, presso la cancelleria civile

della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 977/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 21/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/03/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. G.S.K., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Bologna con la quale era stata confermata la pronuncia del Tribunale che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, proposta in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto era insorta una lite fra lo zio ed il capo del villaggio a seguito della quale la moglie di quest’ultimo rimaneva gravemente ferita e successivamente decedeva.

1.2. Ha aggiunto che era venuto a sapere che il capo villaggio lo riteneva ingiustamente responsabile della morte della moglie nonostante che fosse stato portato in ospedale per le lesioni riportate e, pertanto, temendo ritorsioni, era fuggito insieme allo zio, intraprendendo un lungo viaggio con transito in Libia, paese dal quale si era imbarcato per l’Italia.

2. Il Ministero dell’Interno non si é difeso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, lett. e, artt. 4, 9, 15 e 20 Direttiva 2004/83/CE e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. G e art. 14, ritenendo infondato l’appello in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria.

1.1. Lamenta l’omesso adempimento del dovere di cooperazione istruttoria; aggiunge che la Corte territoriale, quanto alla valutazione di attendibilità del racconto, pur non mettendo in dubbio la credibilità dei fatti narrati, aveva escluso apoditticamente che potessero costituire il presupposto della protezione sussidiaria richiesta.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 comma 6 e art. 19 T.U.I. laddove era stato ritenuto infondato l’appello in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria per omessa valutazione dell’inserimento sociale e lavorativo del richiedente, oltre che per le condizioni del paese di provenienza.

3. Con il terzo motivo, lamenta infine, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 5, comma 6 e art. 19 T.U.I. in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria sotto l’ulteriore profilo della assoluta carenza di istruttoria e l’omessa motivazione in relazione al suo prolungato soggiorno in Libia.

3.1. In ordine al primo motivo si osserva che, nonostante il vizio prospettato in rubrica venga definito come violazione di legge, le argomentazioni sottese alla complessiva censura denunciano l’illogicità ed apparenza della motivazione, prospettando la contraddittorietà fra l’assenza di valutazione critica dei fatti narrati e le conclusioni negative in ordine alla concessione della protezione invocata.

3.2. Tanto premesso, una corretta qualificazione del motivo (cfr. al riguardo Cass. 1370/2013; Cass. 24553/2013 e Cass. 23381/2017 secondo cui “Ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, non costituisce condizione necessaria la corretta menzione dell’ipotesi appropriata, tra quelle in cui é consentito adire il giudice di legittimità, purché si faccia valere un vizio della decisione astrattamente idoneo a inficiare la pronuncia; ne consegue che é ammissibile il ricorso per cassazione che lamenti la violazione di una norma processuale, ancorché la censura sia prospettata sotto il profilo della violazione di norma sostanziale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, anziché sotto il profilo dell'”error in procedendo”, di cui del citato art. 360, n. 4″) consente alla Corte di ricondurlo nell’alveo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, concernente le ipotesi di nullità della sentenza, fra le quali devono essere ricomprese quelle riferibili ad una motivazione inesistente, resa, cioé , attraverso una mera apparenza argomentativa o inficiata da illogicità e contraddittorietà.

3.3. Deve, infatti, richiamarsi l’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte che ha affermato, con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, che “ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. 9105/2017); e che “in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia.

3.4. In tal modo riqualificato, il primo motivo é complessivamente fondato.

3.5. Quanto alla credibilità del ricorrente, infatti, la Corte ha reso una motivazione apodittica ed illogica, in quanto da una parte non ha messo in dubbio i fatti narrati, dall’altra, ha ritenuto che non fossero stati fatti sforzi per circostanziarla, dall’altra ancora ha affermato che risultando una vicenda privata non ricorrevano i presupposti della misura richiesta. Nessuna specifica considerazione, volta logicamente ad escludere la configurabilità della fattispecie invocata, é stata formulata: sicché risultano violati i principi dell’art. 4 Direttiva 2004/83/CE (recepita dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3).

3.6. A ciò si aggiunge che non é stato adempiuto il dovere di cooperazione istruttoria predicato dalla stessa norma e del tutto ignorato dalla Corte che ha omesso di acquisire C.O.I. attendibili ed aggiornate in relazione alle condizioni del paese di origine con particolare riferimento – stante la natura privata della vicenda narrata – al sistema giudiziario ed alla tutela che le forze dell’ordine riuscivano a garantire (cfr. Cass. 26823/2019 ed ancor prima, in termini, Cass. 3758/2018; Cass. 23604/2017; Cass. 16356/2017; Cass. 15192/2015).

4. Il secondo ed il terzo motivo, strettamente connessi fra loro perché riguardanti entrambi la protezione umanitaria, rimangono logicamente assorbiti, non essendo inutile precisare che la motivazione della Corte territoriale che ha limitato la valutazione della fattispecie alla individuazione di esigenze meramente temporanee del ricorrente, ritenendole inesistenti, é gravemente insufficiente ed ha omesso di adempiere al dovere di cooperazione istruttoria attraverso la medesima carenza rilevata in ordine al primo motivo.

5. In conclusione, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione per il riesame della controversia alla luce dei seguenti principi di diritto:

“la valutazione della credibilità del racconto del cittadino straniero richiedente l’accertamento dei presupposti per la protezione internazionale, mentre costituisce, di regola, un apprezzamento di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice del merito, é censurabile in cassazione, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, come motivazione apparente, perplessa e obiettivamente incomprensibile anche in relazione alla contraddizione fra premesse e conseguenze: il giudice di merito, nel valutare la credibilità complessiva del richiedente asilo, ben potrà ritenere inattendibili le dichiarazioni rese da quest’ultimo sulla base del significato eloquente anche di una singola circostanza ritenuta di per sé assorbente rispetto alla considerazione di ogni altro elemento di valutazione, purché di detta circostanza se ne sottolinei – o ne emergano con evidenza – i caratteri di decisività, senza limitarsi al richiamo di formule di sintesi o di modelli argomentativi meramente stereotipati;”

“Tale valutazione non é affidata alla mera opinione del giudice ma é il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e, inoltre, tenendo conto “della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente” (di cui all’art. 5, comma 3, lett. c), del D.Lgs. cit.), con riguardo alla sua condizione sociale e all’età, non potendo darsi rilievo a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati quando si ritiene sussistente l’accadimento, sicché é compito del giudice di merito, svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorandosi dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario, mediante l’esercizio di poteri-doveri d’indagine officiosi e l’acquisizione di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente, al fine di accertarne la situazione reale”;

“”in tema di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, la condizione di “vulnerabilità” del richiedente deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, oltre che a quella vissuta nel paese di transito, non potendosi tipizzare le categorie soggettive meritevoli di tale tutela che é invece atipica e residuale, nel senso che copre tutte quelle situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dello “status” di rifugiato o della protezione sussidiaria, tuttavia non possa disporsi l’espulsione”;

“secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza che, tuttavia, non deve essere isolatamente ed astrattamente considerato; peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione che il giudice di merito deve acquisire”;

“il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di violazione di legge”;

“il riferimento alle fonti ufficiali aggiornate, attendibili e specifiche rispetto alla situazione individuale dedotta configura un dovere del giudice che giammai potrà determinare una inversione, a carico del richiedente, dell’onere postulato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3”.

6. La Corte di rinvio dovrà altresì provvedere in ordine alla decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte;

accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione per il riesame della controversia ed anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021

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