Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13146 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. II, 30/06/2020, (ud. 03/10/2019, dep. 30/06/2020), n.13146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27236/2015 proposto da:

B.D.F.M., B.C.R.E.,

elettivamente domiciliati in ROMA, V. PINCIANA 25, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO SCIAUDONE, che li rappresenta e difende

unitamente agli avvocati MARIA SALA, CLAUDIO SALA;

– ricorrenti –

contro

C.F.L., F.F., F.G., F.L.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 101, presso lo

studio dell’avvocato MARCO MORGANTI, rappresentati e difesi dagli

avvocati ISIDORO DI GIOVANNI, MARCELLO BERNARDUZZI;

– controricorrenti –

e contro

CONDOMINIO (OMISSIS), SAN PRIMO SAS, CA.ED.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1629/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Clotilde Romagnoli, con delega depositata in udienza

dall’avvocato Claudio Sala, difensore dei ricorrenti, che si è

riportata agli atti depositati.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Con sentenza n. 9947/2012 il Tribunale di Milano rigettava le domande proposte da C.R.E. ed altri inerenti la declaratoria, nell’ordine: di annullamento e/o inefficacia della Delib. Assembleare del Condominio (OMISSIS); di accertamento del diritto di nuda proprietà e di usufrutto di porzione di lastrico solare condominiale; di accertamento della medesima titolarità anche in relazione a veranda realizzata dalle parti attrici; e, in subordine, di accertamento dell’uso esclusivo del medesimo lastrico solare in capo al B..

Con la stessa sentenza il medesimo Tribunale di prima istanza accoglieva, viceversa, le domande riconvenzionali proposte dai convenuti Condominio (OMISSIS) e dalla San Primo s.a.s. dichiarando celatai alla data del 1.10.2008 il contratto/convenzione stipulato, fra l’altro, da C.R.E. ed altri e di cui in atti, contratto/convenzione con cui -dietro pagamento di corrispettivo – veniva consentito, alla medesima la costruzione sulla terrazza di una veranda abitabile, della quale si ordinava la rimozione.

Avverso la suddetta sentenza del Tribunale di prima istanza le originarie parti attrici interponevano appello, resistito dalla San Primo s.a.s., dal suddetto Condominio e dalle altre parti appellate (eccezion fatta per il Ca.Ed., che rimaneva contumace nel giudizio di secondo grado).

L’adita Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 3877/2012, rigettava l’appello, con consequenziale condanna degli appellanti alle spese di lite del grado.

Per la cassazione della succitata sentenza della Corte distrettuale ricorrono la C.R. ed altri con atto affidato a cinque ordini di motivi e resistito con controricorso da F.L. ed altri.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si eccepisce, in via preliminare, la nullità della sentenza o del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e la violazione del principio del contraddittorio (ex art. 101 c.p.c., in relazione al principio di difesa di cui all’art. 24 Cost., comma 1 e art. 6 Convenzione EDU). Parti ricorrenti, già soccombenti nei precedenti gradi di giudizio, sostengono la nullità della gravata decisione della Corte territoriale in quanto la stessa avrebbe “deciso la controversia senza una completa valutazione degli atti di causa”.

In particolare parti ricorrenti adducono il preteso “mancato esame della memoria di replica”.

Il motivo è del tutto inammissibile in assenza di ogni e qualunque specificazione attinente alla decisività in concreto rivestita dalla suddetta memoria (che, per inciso e secondo espressa ammissione in ricorso) “puntualizzava aspetti di merito, di legittimità e – non ultimi – rilevanti aspetti correlati alla condotta processuale degli attuali resistenti (rectius: controricorrenti), correlati alle soluzioni conciliative auspicate dalla Corte d’Appello con ordinanza 12.03.2013 “…anche al fine di consentire nelle more alle parti di trovare soluzioni alternative”. La pretestuosità del motivo emerge, oltre che dalla sua stessa sintetizzata esposizione, dal fatto che le ragioni addotte dal Giudice in sentenza devono attenersi alla valutazione degli elementi ritenuti decisivi e non certo anche alla ipotesi “di consentire nelle more alle parti di trovare soluzioni alternative”.

2.- Il secondo motivo del ricorso è così rubricato: “violazione – falsa applicazione degli artt. 1350 e 1362 c.c. e segg., in relazione al contenuto del diritto di proprietà…..anche per mancato accoglimento richiesta CTU con violazione art. 61 c.p.c. (ex art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Il motivo è inammissibile.

Con lo stesso si insite in un aspetto relativo all’accertamento di fatto svolto, nell’ambito delle proprie precipue prerogative, dai Giudici del merito.

Peraltro col ricorso si contesta il solo risultato (che è apprezzamento di merito) e non il metodo dell’iter attraverso cui la Corte territoriale ha escluso la proprietà, in capo alla C., del lastrico solare per cui si controverte.

La Corte distrettuale ha, infatti, evidenziato – ritenendone la decisività – come, nel contesto della cennata convenzione con il Condominio del 2.11.1983, la C. “riconobbe espressamente di non essere titolare del diritto di proprietà del lastrico, sul quale ha costruito la veranda” e che, invece, pretende oggi di veder riconosciuto – in difetto di ogni altro idoneo titolo – da un atto di recesso soci di società in accomandita semplice.

3.- Con il terzo motivo parti ricorrenti deducono “la violazione – falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg. e artt. 1965 c.c. e segg., in relazione alle rinunce espresse nella scrittura transattiva in data 10.06.1994 (ex art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Il motivo attiene al risultato di una attività interpretativa di atti di rinuncia non più sindacabile in sede di giudizio di legittimità ed esplicazione, nel suo complesso di una funzione propria dei Giudici del merito.

Quest’ultimi, peraltro, hanno ben evidenziato che con la suddetta scrittura transattiva del 10.06.1994 avveniva una sola rinuncia (parziale) alla formulazioni di ulteriori eccezioni e non certo l’abbandono “di ogni questione relativa alla veranda”.

Il motivo deve, dunque, essere – nel suo complesso – rigettato.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di “violazione – falsa applicazione di norme di diritto ed in specie dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e segg..

Parti ricorrenti assumono oggi che la Corte di Appello avrebbe errato “per non aver come contratto costituivo di diritto di superficie (con applicazione delle relative norme disciplinatrici) il contratto, di cui in atti, in data 02.11.1983″ ovvero della citata convenzione stipulata col Condominio.

Quella posta col motivo qui in esame costituisce – allo stato degli atti – questione nuova (non risultante come già svolta nei pregressi gradi del giudizio) o che comunque, come tale, va ritenuta in difetto di ogni altra dovuta opportuna allegazione.

Il motivo è, pertanto, del tutto inammissibile.

Infatti ” i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito nè rilevabili d’ufficio.” (Cass. civ., Sez. Prima, Sent. 30 marzo 2007, n. 7981 ed, ancora e più di recente, Sez. 6-1, Ordinanza, 9 luglio 2013, n. 17041).

5.- Il quinto motivo è così rubricato: “violazione – falsa applicazione di norme di diritto ed in specie degli artt. 1592 e 1593 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver la Corte distrettuale qualificato il suddetto contratto come contratto di locazione, ma non averne applicato le relative norme che lo disciplinano, ordinando – secondo i ricorrenti – un erroneo ordine di abbattimento”.

Il motivo attiene, nella sostanza, alla qualificazione giuridica attribuita dai Giudici del merito all’atto stipulato inter partes nel novembre 1983.

Orbene la valutazione data nel giudizio di merito è consistita nell’attribuire a quel particolare contratto/convenzione la natura di contratto atipico ed è, pertanto, del tutto infondata la pretesa, di cui al motivo, di ritenere applicabili, nell’ipotesi, le norme relative ad altro contratto tipico ed insussistente la possibilità di ordine di abbattimento.

Anche al di là di tutto ciò e dei conformi esiti giudiziari avutisi in ambedue i pregressi gradi di giudizio non può, conclusivamente, non evidenziarsi come l’assunzione contrattuale di un obbligo di pagamento di corrispettivo nel 1983 non possa consentire la presa costituzione postuma di un di un diritto reale.

Il motivo deve, dunque, essere respinto.

6.- Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

7.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

8.- Sussistono l’presupposti per il versamento, da parte dei ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore delle parti controricorrenti delle spese del giudizio, determinate in Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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