Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13140 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 30/06/2020), n.13140

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6881/2012 R.G. proposto da:

S.C., rappresentato e difeso dall’avv. David Terracina,

con domicilio eletto presso lo studio BFS & Associati, in Roma,

via Latina n. 20.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

sezione 10, n. 38/10/2011, pronunciata il 27/01/2011, depositata il

1/02/2011;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 febbraio

2020 dal Consigliere Guida Riccardo.

Fatto

FATTO E DIRITTO

S.C., esercente attività di bed and breakfast e gestore di un bar-ristorante in Fregene, ha proposto ricorso, con due motivi, contro l’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio (indicata in epigrafe) che – in controversia concernente l’impugnazione dell’avviso di accertamento IRPEF e addizionali, IRAP, IVA, per il periodo d’imposta 2002, che recuperava a tassazione maggiori ricavi determinati sulla base dell’apposito studio di settore, dopo che, in sede di accesso, gli accertatori avevano trovato molte fatture non annotate e ricevute generiche per il prezzo di affitto delle camere – ha rigettato l’appello del contribuente;

la Commissione regionale, disattendendo le relative censure dell’appellante, innanzitutto, ha ritenuto che l’atto impositivo fosse sufficientemente motivato per relationem, per la sua natura di mera provocatio ad opponendum, avendo l’Amministrazione finanziaria posto il contribuente nella condizione di conoscere gli elementi costitutivi della pretesa impositiva, al fine di poterli contestare; d’altro canto, ha dato atto che, nel caso all’esame, si era trattato di un accertamento analitico-induttivo (testualmente) “ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, lett. d)”, ed ha negato la fondatezza delle censure di nullità dell’avviso, per l’allegata violazione dei criteri di riparto dell’onere della prova e delle disposizioni in tema di prova presuntiva, sulla base del principio per il quale l’ente impositore è autorizzato, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 37 e ss., ad avvalersi della prova per presunzioni ai fini dell’accertamento del reddito non dichiarato, con conseguente onere della prova contraria a carico del contribuente, il quale, nella fattispecie, non aveva prodotto documentazione idonea a supportare le proprie doglianze, ma si era limitato a contestare genericamente la pretesa erariale;

con ordinanza emessa all’esito della pubblica udienza del 17/01/2018, il Collegio ha rinviato la causa a nuovo ruolo, prendendo atto che il ricorrente aveva depositato istanza di definizione agevolata, ai sensi del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225, ed ha provveduto al pagamento degli importi comunicati dall’Agente della riscossione ai fini della definizione;

in presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata, con impegno a rinunciare al giudizio, ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6, (conv., con modif. dalla L. n. 225 del 2016), cui sia seguita la comunicazione dell’esattore, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo, il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto, ex art. 391 c.p.c., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia ricorrente, oppure perchè ricorre un caso di estinzione “ex lege”, qualora egli sia resistente o intimato; in entrambe le ipotesi, peraltro, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere quando risulti, al momento della decisione (ma non è ciò che è accaduto nel caso di specie) che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato (Cass. 3/10/2018, n. 24083);

non si deve provvedere sulle spese del giudizio di legittimità perchè il contenuto della definizione agevolata assorbe il costo del processo pendente (Cass. n. 24083/2018, cit.);

non sussistono i presupposti per la condanna del contribuente al pagamento del “raddoppio” del contributo unificato, di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, in quanto il presupposto della rinuncia è sopravvenuto alla proposizione del ricorso (Cass. 7/06/2018, n. 14782).

P.Q.M.

la Corte dichiara l’estinzione del processo, D.L. n. 193 del 2016 ex art. 6, per intervenuta rinuncia.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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