Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1314 del 22/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 1314 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 1697-2010 proposto da:
ROCCO GIORGIO, SCICUTELLA ANTONIO, NICOLINI ENRICO
C.F. NCLNRC39D05A852A, tutti elettivamente domiciliati
in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio
dell’avvocato BOER PAOLO, che li rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrenti –

2013
3079

contro

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA A FAVORE
DEI DOTTORI COMMERCIALISTI;
– intimata –

Data pubblicazione: 22/01/2014

avverso la sentenza n. 12/2009 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 12/01/2009 R.G.N. 943/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/10/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO ) che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

udito l’Avvocato BOER PAOLO;

Svolgimento del processo
La Cassa Nazionale di Previdenza dei Dottori Commercialisti
appellava la sentenza del Tribunale di Milano che, accogliendo i
ricorsi proposti dagli odierni ricorrenti, aveva riconosciuto
l’illegittimità del “contributo di solidarietà” di cui all’art. 22 del
regolamento di Disciplina del Regime Previdenziale, approvato
con d.m. 14 luglio 2004, alla pensione dei ricorrenti, con

titolo per l’anno 2004, determinato in E.6.436,80 per Nicolini,
E.3.475,42 per Rocco ed E. 3.294,98 per Scicutella, nonché le
successive somme trattenute sino alla pronuncia.
Il Tribunale aveva ritenuto che l’art. 3 comma 12 della legge n.
335/1995 avesse attribuito alla Cassa soltanto il potere di
intervenire sui criteri di determinazione della misura dei
trattamenti pensionistici, con la rigida protezione della quota di
pensione già maturata in forza della contribuzione versata
secondo il regime precedente (criterio del “pro rata”).
L’autonomia in materia della Cassa poteva essere quindi
esercitata soltanto nell’ambito della scelta dei provvedimenti
indicati dall’art. 3, comma 12 cit., provvedimenti tipici e tassativi
non comprendenti l’introduzione del contributo di solidarietà, che
di fatto violava il principio del “pro rata”.
Lamentava l’appellante l’erronea interpretazione della normativa
di riferimento.
Deduceva infatti di essersi trasformata in associazione con
personalità giuridica di diritto privato dal gennaio 1995 ex d. Igs.
n. 509/1994 che, ai sensi dell’art. 2, conferisce a tali enti
autonomia gestionale organizzativa e contabile, a condizione che
non usufruiscano di finanziamenti o altri ausili pubblici; di avere
elaborato, utilizzando i poteri di cui all’art. 3 comma 12 legge n.
335/1995, bilanci attuariali a lungo termine in modo da
mantenere una posizione di equilibrio finanziario, non potendo
contare più sull’intervento dello Stato per coprire i deficit

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condanna della Cassa alla restituzione di quanto trattenuto a tale

contributivi e assicurare le pensioni future; di avere introdotto,
nel nuovo sistema contributivo con finanziamento a ripartizione, il
contributo di solidarietà sulle pensioni calcolate con il sistema
retributivo; che l’adozione di tali correttivi, spesso utilizzati anche
dalla previdenza pubblica, si giustificava anche sulla base di
principi costituzionali, artt. 2 ,3 e 38, comma 2, Cost.; che il
correttivo era temporaneo e non incideva in modo irreversibile

solo sul quantum; che incideva sulle pensioni o quote di pensione
liquidate con il sistema retributivo; che la misura era ragionevole
considerato che i commercialisti in attività, per garantire le
pensioni già maturate, sono gravati da contribuzioni con aliquote
elevate.
L’art. 3 della legge n. 335/1995, ad awiso della Cassa,
consentiva alla stessa di adottare tutte le misure necessarie,
incidendo anche sulla determinazione della misura dei trattamenti
pensionistici già liquidati.
Del pari avrebbe errato il primo giudice nel ritenere violato il
principio del “pro rata”, laddove la costante giurisprudenza
costituzionale affermava che in materia previdenziale il legislatore
può modificare la disciplina anche in senso peggiorativo, purché
venga rispettato il limite della ragionevolezza, testimoniato nella
specie dal carattere temporaneo e limitato del contributo.
La Cassa ha chiesto quindi la riforma della sentenza appellata con
il rigetto delle domande proposte.
Si costituivano gli appellati resistendo al gravame.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata il 12
gennaio 2009, in riforma della pronuncia impugnata, respingeva
le domande proposte in primo grado, compensando le spese.
Awerso la suddetta sentenza propongono ricorso per cassazione
Nicolini Enrico, Rocco Giorgio, Scicutella Antonio, affidato a tre
motivi, poi illustrati con memoria.
La Cassa è rimasta intimata.

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sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, ma

Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa
applicazione dell’art. 1, comma 763, della legge n.296\06 (legge
finanziaria per il 2007), ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Lamentano che la Corte di merito non considerò che la norma
invocata prevedeva sempre il rispetto del principio del “pro rata”
di cui alla L. n. 335\95 e comunque non poteva applicarsi ai

da date anteriori.
Formulano il seguente quesito di diritto: “Dica codesta S.C. che
per i pensionamenti attuati dal 1°.1.04 o da date anteriori, l’unica
norma di riferimento è l’art. 3, comma 12, della legge n. 335\95,
mentre il nuovo testo (arti., comma 763, della L. n. 296\06) è
inapplicabile ratione temporis”
2.-Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e
falsa applicazione del d.lgs. n. 509\94, artt. 2 e 3, nonché
dell’art. 3, comma 12, della L. n. 335\95, ex art. 360, comma 1,
n. 3, c.p.c.
Lamentano che la sentenza impugnata ritenne erroneamente che
l’art. 3, comma 12, cit. aveva attribuito alla Cassa il potere di
introdurre il contributo di solidarietà sulle pensioni ed altresì che
ciò non violava il principio del pro-rata, stante la funzione
pubblicistica esercitata, diretta a garantire, ex art. 38, comma 2,
Cost., i trattamenti pensionistici per le gestioni future.
Evidenziano chepna volta maturato il diritto alla pensione di
anzianità, l’ente debitore non può, con atto unilaterale,
regolamentare o negoziale, ridurne l’importo, tanto meno
adducendo generiche ragioni finanziarie, poiché ciò lederebbe
l’affidamento del pensionato tutelato dall’art. 3, comma 2, Cost.,
nella consistenza economica del proprio diritto soggettivo (Cass.
n. 11792\05). Ne conseguirebbe che gli enti previdenziali
categoriali privatizzati, né sotto il vigore del citato art. 3, comma
12, L. n. 335\95, né sotto il vigore del testo modificato dalla L.

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pensionamenti attuati, come nella specie, dal l’ogennaio 2004 o

n.296\06, potevano modificare

in peius

un trattamento

pensionistico in atto. Ed invero la norma che assicura la salvezza
del pro-rata è riferita esclusivamente alle pensioni in itinere, al
fine di garantire l’irriducibilità del trattamento virtualmente
conseguito ancor prima della maturazione del diritto a pensione,
mentre non vi era nulla da chiarire legislativamente per quanto
concerne le pensioni in essere, in quanto l’intangibilità dei diritti

necessario rispetto del principio del pro-rata contenuto nel
ricordato art. 3, comma 12, L. n. 335 del 1995, indica
chiaramente che i provvedimenti adottati dalle Casse di
previdenza “allo scopo di assicurare l’equilibrio di bilancio”
devono garantire l’intangibilità degli effetti derivanti, per gli
assicurati le cui prestazione pensionistiche non siano state ancora
acquisite, delle quote di contribuzione già versate e, quindi, della
misura delle prestazioni potenzialmente maturate in itinere; dal
che discende che, a fortiori, non possono essere incise le
prestazioni pensionistiche ormai in atto, siccome compiutamente
maturate ed erogate al momento degli interventi correttivi’ (Cass.
n.25029\09).
Tale il quesito di diritto: “Dica la S.C. che gli enti previdenziali
categoriali, stanti i limiti dell’autonomia ad essi attribuita dagli
artt. 2 e 3 del d.lgs n. 509\94, nonché dall’art. 3, comma 12, L.
n. 335\95, non possono adottare provvedimenti diretti a ridurre,
attraverso l’introduzione di un contributo di solidarietà, il livello
dei trattamenti pensionistici già liquidati in via definitiva”.
3.-Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa
applicazione del d.lgs. n. 509\94, artt. 2 e 3, dell’art. 3, comma
12, L. n. 335\95, ex art. 360, commal, n. 3 c.p.c.
Lamentano che la sentenza impugnata, ritenendo erroneamente
che i trattamenti pensionistici liquidati non sarebbero intangibili,
ove rispettati i requisiti di necessità e di ragionevolezza, che, se
costituiscono un limite per il legislatore, ben possono essere

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quesiti è garantita direttamente dall’art. 3 Cost. Ed invero ‘il

criterio di interpretazione nel caso in esame, non considerò il
principio di irriducibilità della pensione e che i limiti a tale
principio, alle condizioni dette, potevano valere solo per il
legislatore e non già per le Casse di previdenza categoriali.
Formulano il seguente quesito di diritto: “Dica la S.C. che gli enti
previdenziali categoriali, ai sensi del d.lgs. n. 509\94, artt. 2 e 3,
nonché dell’art. 3, comma 12, L. n. 335\95, anche nel caso in cui

previsionale di lungo termine, non possono imporre prestazioni
patrimoniali a carico dei (già) pensionati, attraverso l’introduzione
di un contributo di solidarietà per cui persiste la riserva di legge
ai sensi dell’art. 23 Cost.”.
4.- I motivi, che per la loro connessione possono essere
congiuntamente esaminati, sono fondati.
Questa Corte si è infatti più volte pronunciata in identiche
fattispecie, escludendo la legittimità del contributo di solidarietà
in esame (Cass. 25212\09, Cass. n. 25029\09, Cass. n.
25030\09, Cass. ord. nn. 2749 e 2750 del 2013).
In tali pronunce si è per un verso osservato che in materia di
trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati (nella
specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori
Commercialisti) non possono adottare – in funzione dell’obbiettivo
di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione atti o prowedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di
determinazione del trattamento pensionistico, impongano una
trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un
trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso
applicabili, dovendosi ritenere tali atti incompatibili con il rispetto
del principio del “pro rata” – che è stabilito in relazione “alle
anzianità già maturate”, le quali concorrono a determinare il
trattamento medesimo – e lesivi dell’affidamento dell’assicurato a
conseguire una pensione di consistenza proporzionale alla

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sia dimostrata l’esigenza di salvaguardare gli equilibri del bilancio

quantità dei contributi versati (Cass. n. 25212\09, Cass. n.
25030\09).
Si è inoltre affermato che la L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3,
comma 12, nella cui vigenza è stata emanata la disposizione
regolamentare per cui è causa e che ne costituisce quindi la base
giuridica e il parametro di legittimità, sanciva testualmente: “Nel
rispetto dei principi di autonomia affermati dal D.Lgs. 30 giugno

scopo di assicurare l’equilibrio di bilancio in attuazione di quanto
previsto dall’art. 2, comma 2, del predetto D.Lgs., la stabilità
delle rispettive gestioni è da ricondursi ad un arco temporale non
inferiore a 15 anni. In esito alle risultanze e in attuazione di
quanto disposto dall’art. 2, comma 2, del predetto decreto, sono
adottati dagli enti medesimi provvedimenti di variazione delle
aliquote contributive, di riparametrazione del coefficienti di
rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del
trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in
relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione
delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti”.
Risultano quindi richiamate – implicitamente o esplicitamente – le
disposizioni dettate dal D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2 secondo
cui: “1. Le associazioni o le fondazioni hanno autonomia
gestionale, organizzativa e contabile nel rispetto dei principi
stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dalle disposizioni del
presente decreto in relazione alla natura pubblica dell’attività
svolta. 2. La gestione economico – finanziaria deve assicurare
l’equilibrio di bilancio mediante l’adozione di provvedimenti
coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico da redigersi
con periodicità almeno triennale…”.
Il necessario rispetto del principio del “pro rata” contenuto nel
ricordato L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12 indica
chiaramente che i provvedimenti adottandi dalle Casse di
previdenza “allo scopo di assicurare l’equilibrio di bilancio”

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1994, n. 509, relativo agli enti previdenziali privatizzati, allo

devono garantire l’intangibilità degli effetti derivanti, per gli
assicurati le cui prestazione pensionistiche non siano state ancora
acquisite, delle quote di contribuzione già versate e, quindi, della
misura delle prestazioni potenzialmente maturate in itinere; dal
che discende che, a fortiori, non possono essere incise le
prestazioni pensionistiche ormai in atto, siccome compiutamente
maturate ed erogate al momento degli interventi correttivi.

(che per il lavoratore subordinato o autonomo matura quando si
verifichino tutti i prescritti requisiti) può essere limitato, quanto
alla proporzione fra contributi versati ed ammontare delle
prestazioni, dalla legge (la quale può disporre in senso
sfavorevole anche quando, maturato il diritto, siano in corso di
pagamento i singoli ratei, ossia quando il rapporto di durata sia
nella fase di attuazione), sempre che la legge soprawenuta non
oltrepassi il limite della ragionevolezza, ossia che non leda
l’affidamento dell’assicurato in una consistenza della pensione,
proporzionale alla quantità dei contributi versati; tale “…limite
costituzionale imposto al legislatore induce a maggior ragione a
ritenere contrario ai principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.,
comma 2) l’atto infralegislativo, amministrativo o negoziale, con
cui

l’ente previdenziale debitore riduca unilateralmente

l’ammontare della prestazione mentre il rapporto pensionistico si
svolge, ossia non si limiti a disporre pro futuro con riguardo a
pensioni non ancora maturate”; è stato pertanto enunciato il
principio secondo cui “una volta maturato il diritto alla pensione
d’anzianità, l’ente previdenziale debitore non può con atto
unilaterale, regolamentare o negoziale, ridurne l’importo, tanto
meno adducendo generiche ragioni finanziarie, poiché ciò
lederebbe l’affidamento del pensionato, tutelato dal capoverso
dell’art. 3 Cost., nella consistenza economica del proprio diritto
soggettivo” (cfr. Cass. n. 11792/2005, Cass.n. 25300\09).

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Deve del resto rimarcarsi che il diritto soggettivo alla pensione

A tali principi si è sostanzialmente attenuta la Corte territoriale,
onde i motivi all’esame vanno disattesi.
Quanto allo ius superveniens (L. n. 296 del 2006, art. 1, comma
763), deve osservarsi che essendo modificativo e non
interpretativo della normativa precedente, non può essere
invocato in relazione a provvedimenti che, come quello per cui è
causa, hanno inciso su pensioni già in essere al momento della

In ogni caso la previsione ivi contenuta, secondo cui “Sono fatti
salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati
dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministeri
vigilanti prima della data di entrata in vigore della presente
legge”, non sta ad indicare che tali atti, sol perché già adottati,
siano legittimi, ma si limita a garantirne la perdurante efficacia
anche alla luce delle modificazioni intervenute, sempreché gli
stessi siano stati assunti nel rispetto della legge; il che, quanto al
caso di specie, deve appunto essere escluso, poiché la L. n. 335
del 1995, art. 3, comma 12 permette agli enti previdenziali
privatizzati – attraverso la variazione delle aliquote contributive, la
riparametrazione dei coefficienti di rendimento e di ogni altro
criterio di determinazione del trattamento pensionistico – di
variare gli elementi costitutivi del rapporto obbligatorio che li lega
agli assicurati, ma non permette agli stessi di sottrarsi in parte
all’adempimento, riducendo l’ammontare delle prestazioni
attraverso l’imposizione di contributi di solidarietà. Pertanto la
salvezza degli atti e delle deliberazioni già adottati, disposta nella
L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, riguarda il primo genere
di provvedimenti, specificamente ed eventualmente difformi dalla
L. n. 335 del 1995, art. 3 ma non sana gli atti di riduzione delle
prestazioni in essere (cfr. Cass. n. 18556\12 ed ord. nn. 2749 e
2750 del 2013 di questa Corte).
5.- Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata
e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa viene

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loro emanazione.

decisa nel merito direttamente da questa Corte come da
dispositivo.
Le spese di lite dell’intero processo seguono la soccombenza e si
liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, condanna la Cassa a restituire ai ricorrenti

stabilito dal Tribunale di Milano.
Condanna la Cassa al pagamento delle spese del giudizio di
primo grado, che liquida in E.2.400,00, di cui E.200,00 per
esborsi, oltre accessori di legge; del giudizio di appello, che
liquida in E.2.800,00, di cui E.200,00 per esborsi, oltre accessori
di legge; nonché del presente giudizio di legittimità, che liquida in
E.100,00 per esborsi ed E.3.500,00 per compensi, oltre accessori
di legge.

Così deciso in Roma nella
2013

camera di consiglio del 29 ottobre

quanto trattenuto a titolo di contributo di solidarietà, così come

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