Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13139 del 24/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13139 Anno 2015
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 4413-2013 proposto da:
GAVAZZI ANNA ROSA GVZNRS58B49B3940, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA UGO OJETTI 114, presso lo studio
dell’avvocato FRANCESCO ANTONIO CAPUTO, rappresentata e
difesa dall’avvocato ELVIRA DI MEZZO giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente contro
EQUITALIA NORD SPA, – società con socio unico, soggetta
all’attività di direzione e coordinamento di Equitalia Spa, in persona del
suo amministratore delegato e legale rappresentante pro tempore,
quale incorporante della soc. Equitalia Esastri Spa, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO MORDINI 14, presso lo
studio dell’avvocato ANTONINO SPINOSO, rappresentata e difesa

1512

5-rs-

Data pubblicazione: 24/06/2015

dall’avvocato CARLO DALL’ASTA giusta procura speciale in calce al
controricorso;

controricorrente

avverso la sentenza n. 50/68/2012 della COMMISSIONE

DISTACCATA di BRESCIA del 22/12/2011, depositata il
20/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.

Ric. 2013 n. 04413 sez. MT – ud. 07-05-2015
-2-

TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO SEZIONE

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria

..

Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

letti gli atti depositati,

osserva:
La CTR di Milano ha respinto l’appello di Gavazzi Anna Rosa -appello proposto
contro la sentenza n.141/16/2010 della CTP di Brescia che aveva già respinto il
ricorso della contribuente- ed ha così confermato l’intimazione di pagamento emessa
da Equitalia Nord spa nei confronti della Gavazzi per effetto di omesso pagamento
delle somme portate da cartella esattoriale concernente IRPEF ed accessori.
La predetta CTR ha motivato la propria decisione evidenziando che anche nel corso
del secondo grado di giudizio la contribuente non aveva “proposto formale querela di
falso riguardo alla sottoscrizione dell’avviso di ricevimento attestante la regolare
notifica della cartella di pagamento a suo tempo effettuata, limitandosi ad esprimere
una riserva in tal senso”, senza che possa avere rilievo la denuncia-querela proposta
in sede penale ai fini della sospensione richiesta ai sensi dell’art.39 del
D.Lgs.54611992, con conseguente tardività dell’impugnazione della cartella
medesima. Le ragioni di impugnazione dell’avviso erano poi infondate, siccome esso
era congruamente motivato con riferimento ad un atto (la cartella) già conosciuto e
nel difetto di una espressa sanzione per la mancata indicazione del responsabile del
procedimento.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
La concessionaria si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo ed il secondo motivo di impugnazione (entrambi centrati sulla
violazione dell’art.39 del D.Lgs.546/1992, anche in relazione agli art.295 cpc; 654
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la seguente relazione:

cpp; nonché 221 e 295 cpc) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudice di
appello abbia omesso di sospendere il processo nonostante fosse pacifico che essa
ricorrente aveva proposto denuncia-querela (penale) di falso con riferimento alla
sottoscrizione dell’avviso di ricevimento della raccomandata relativa alla
notificazione della cartella di pagamento di cui qui si tratta.

riferimento alla ragione della chiesta sospensione del processo) appaiono entrambi
infondati.
L’art.39 menzionato prevede infatti la sospensione del processo tributario
allorquando “è presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale
una questione sullo stato o capacità delle persone”. Da parte della ricorrente non è
stata né prospettata né comprovata l’esistenza di una di dette due ipotesi.
Per significare che si tratta di ipotesi tassative, rispetto alle quali non è dato alcun
procedimento di interpretazione estensiva o di applicazione analogica, basta qui
menzionare Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 11140 del 26/05/2005, secondo la quale:”In
tema di contenzioso tributario, la norma di cui all’art. 39 del D.Lgs. n. 546 del 1992
… attiene ai rapporti tra giurisdizione tributaria e ogni altra giurisdizione, ordinaria o
amministrativa, e pone una deroga – in ipotesi predeterminate – al criterio secondo cui
le questioni pregiudiziali sono risolte, “incidenter tantum”, dal giudice munito di
giurisdizione sulla domanda. Ne consegue che il processo tributario non può essere
sospeso in ragione della ritenuta necessità della risoluzione di questioni (diverse da
quelle correlate a presentazione di querela di falso, ovvero concernenti lo stato o la
capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio) ravvisate
pregiudiziali, da intendersi devolute, di norma, alla cognizione del giudice ordinario o
di quello amministrativo, dovendo, invece, il giudice tributario dare, comunque, corso
alla definizione della controversia sottoposta al suo esame, previa risoluzione,
“incidenter tantum”, delle questioni in argomento”.
Quanto alla prima delle dette ipotesi di deroga al principio generale, essa attiene —
appunto, tassativamente- all’azione disciplinata dall’art.221 cpc (atteso che lo stesso
4

I motivi (da esaminarsi contestualmente per la loro correlata prospettazione, in

titolo del paragrafo 5 della sezione terza del titolo primo del libro secondo del CPC
si intitola alla “querela di falso”), sicché ogni altro assunto prospettato dalla parte
ricorrente in difformità da detta tassativa previsione normativa è manifestamente
sfornito di fondamento.
Con il terzo ed il quarto motivo di impugnazione (entrambi centrati sul vizio di

appello sia motivata con “generico richiamo alla soluzione adottata dal giudice di
primo grado” ed ancora si duole che nessuna motivazione il giudicante abbia dato alla
censura proposta circa l’inesistenza della notificazione della cartella esattoriale, per
quanto l’avviso di ricevimento di detta cartella (pur esistente in atti) non potesse
avere “alcun valore…se non accompagnato dalla cartella di pagamento”, “in quanto
nulla dimostra in merito alla spettanza del credito tributario o meno” ed atteso che la
concessionaria è onerata di conservare per cinque anni la cartella (ai sensi dell’art.26
comma 5 del DPR n.60211973) appunto perché quest’ultima deve essere prodotta in
giudizio in una con la cartolina di ricevimento.
Il primo di detti motivi appare manifestamente infondato, avendo il giudicante dato
conto del tutto adeguatamente delle ragioni del proprio convincimento, integralmente
autonomo rispetto a quello del giudice di primo grado.
Il secondo di detti motivi appare inammissibilmente proposto, per violazione
dell’archetipo del vizio valorizzato. Nella sua ambigua formulazione, infatti, la
censura oscilla tra la doglianza di omessa pronuncia (che la parte ricorrente avrebbe
potuto valorizzare soltanto avvalendosi dell’art.112 cpc) e la doglianza circa la
violazione dell’art.26 da ultimo menzionato, sull’assunto che quest’ultimo imponga
una prova della notifica avvenuta per raccomandata a mezzo della contestuale
produzione sia della cartolina di ricevimento sia dell’atto alla cui notifica la cartolina
di ricevimento si riferisce. In entrambi i casi, l’archetipo prescelto dalla parte
ricorrente (che infatti non identifica alcun fatto storico decisivo in ordine al quale il
giudicante avrebbe inadeguatamente motivato) è stato inconsultamente prescelto, con
conseguente inammissibilità del mezzo.
5

motivazione della sentenza impugnata) la parte ricorrente si duole che la pronuncia di

Con il quinto motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art.7 comma 2
della legge n.212/2000) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante abbia
ritenuto non viziata di nullità o annullabilità l’avviso di cui si tratta, nonostante la
manifesta violazione dell’art.7 anzidetto, nella parte in cui impone che anche gli atti
dei concessionari per la riscossione siano provvisti dell’indicazione del responsabile

Ai fini di argomentare l’infondatezza della tesi su cui si regge il motivo qui in esame,
basta menzionare l’insegnamento di Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4516 del 21/03/2012
secondo il quale:”La cartella esattoriale che ometta di indicare il responsabile del
procedimento, se riferita a ruoli consegnati agli agenti della riscossione in data
anteriore al 10 giugno 2008, pur essendo in violazione dell’art. 7, comma 2, lett. a)
della legge 27 luglio 2000, n. 212, non è affetta né da nullità, atteso che l’art. 36,
comma 4-ter, del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito dalla legge 28 febbraio
2008, n. 31, ha previsto tale sanzione solo in relazione alle cartelle riferite ai ruoli
consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 10 giugno 2008, né da
annullabilità, perché, essendo la disposizione di cui all’art. 7 della legge n. 212 del
2000 priva di sanzione, e non incidendo direttamente la violazione in questione sui
diritti costituzionali del destinatario, trova applicazione l’art. 21 octies della legge 7
agosto 1990, n. 241, il quale, allo scopo di sanare con efficacia retroattiva tutti gli
eventuali vizi procedimentali non influenti sul diritto di difesa, prevede la non
annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o
sulla forma degli atti, qualora, per la natura vincolata del provvedimento, come nel
caso di cartella esattoriale, il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere
diverso da quello in concreto adottato”.
Identico argomento vale per la tipologia dell’atto qualificabile come intimazione di
pagamento, per il quale resta pur sempre valido il principio che —in difetto di espressa
sanzione- la disciplina dell’art.7 della legge n.212/2000 non impedirebbe la sanatoria
a termini dell’art.21 della legge n.241/1990, attesa la natura strettamente vincolata
dell’avviso in questione.
6

del procedimento.

Con il sesto motivo, infine (rubricato al vizio di motivazione) la parte ricorrente si
duole di una pluralità del tutto promiscua di violazioni imputate più
all’Amministrazione che al giudice del merito, sicchè il motivo appare per molti versi
inammissibile, vuoi per violazione del criterio di attinenza, vuoi per violazione del
canone di autosufficienza, vuoi per violazione del principio di linearità dei motivi di

ed indistinte; vuoi perché non appare identificato il “fatto decisivo” in ordine al quale
sarebbe stato violato il canone di adeguatezza della motivazione.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità e manifesta infondatezza.
Roma, 30 luglio 2014

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che la sola ricorrente ha depositato memoria illustrativa, il cui contenuto (anche in
riferimento al secondo motivo di impugnazione, in relazione al quale la parte
ricorrente insiste ad equivocare sul fatto che la querela di falso non è “proponibile”
avanti al giudice tributario, al quale non si applica la disciplina dell’art.221 cpc-65
disp.att. cpc, ma solo avanti al giudice civile, con conseguente obbligo di sospensione
del processo tributario solo ove la “querela” sia già stata antecedentemente proposta
rispetto all’istanza di sospensione; per conferma, si veda Cass. sez 6-5 Ordinanza
n.5036 del 28.3.2012) non induce la Corte a rimeditare le ragioni su cui è fondata la
proposta di decisione contenuta nella relazione;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite
di questo giudizio, liquidate in € 3.000,00 oltre accessori di legge ed oltre € 100,00
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impugnazione, che non possono essere frutto di affastellamento di questioni multiple

per esborsi.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del DPR 11.115 del 2002, la Corte dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13.

111~0 Giadbitib

Così deciso in Roma il 7 maggio 2015

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