Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13135 del 14/05/2021
Cassazione civile sez. I, 14/05/2021, (ud. 18/02/2021, dep. 14/05/2021), n.13135
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17710/2019 R.G. proposto da:
A.C., rappresentato e difeso dagli avv. Tiziana Aresi, e
Massimo Carlo Seregni, con domicilio eletto presso il loro studio,
sito in Milano, via Lorenteggio, 24;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso il decreto del Tribunale di Milano, n. 1152/2019, depositato
il 12 marzo 2019.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 18 febbraio
2021 dal Consigliere Dott. Paolo Catallozzi.
Fatto
RILEVATO
che:
– A.C. propone ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Milano, depositato il 12 marzo 2019, di reiezione dell’opposizione dal medesimo proposta avverso il provvedimento della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano, che aveva respinto la sua domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato o, in via subordinata, della protezione sussidiaria o, in via ulteriormente subordinata, del permesso di soggiorno per motivi umanitari;
– dall’esame del decreto impugnato emerge che a sostegno della domanda il richiedente aveva allegato che era cittadino nigeriano (imo State) e che si era determinato a lasciare il paese per ragioni di carattere economico, al fine di conseguire mezzi finanziari sufficienti ad aiutare la sua famiglia a vivere una vita migliore;
– il giudice ha disatteso l’opposizione evidenziando che non sussistevano delle condizioni per il riconoscimento delle protezioni internazionale e umanitaria richieste;
– il ricorso è affidato a due motivi;
– il Ministero dell’Interno non spiega alcuna attività difensiva.
Diritto
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 8, per aver il Tribunale omesso di acquisire informazioni precise e aggiornate sulla situazione generale esistente nella Libia, paese in cui il richiedente era transitati prima di giungere nel territorio nazionale;
– il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza;
– infatti, qualora una questione giuridica – implicante, come nel caso in esame, un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito e di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (cfr., ex multis, Cass., ord., 13 dicembre 2019, n. 32804; Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass., ord., 21 novembre 2017, n. 27568);
– con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e art. 14, lett. c), per aver il decreto impugnato escluso il riconoscimento delle forme di protezione richiesta, benchè la zona di provenienza del richiedente fosse soggetta ad attacchi terroristici e teatro di situazioni di violenza indiscriminata;
– il motivo è inammissibile, risolvendosi in una critica della valutazione delle risultanze probatorie effettuata dal Tribunale che non può trovare ingresso in questa sede in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale e non può riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa (cfr. Cass. 28 novembre 2014, n. 25332; Cass., ord., 22 settembre 2014, n. 19959);
– si evidenzia, in proposito, che con riferimento alla prospettata minaccia grave e individuale alla vita derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)), il giudicante è pervenuto alla affermazione in ordine all’insussistenza di tale situazione in base ad un esame delle fonti di conoscenza, le quali, pur dando atto del rischio di atti terroristici in alcune zone della Nigeria, evidenziano che tale rischio non interessa la regione di provenienza del richiedente, nella quale si registra “un’elevata attività criminale” legata all’esercizio dell’attività di estrazione e commercio del petrolio che, però, non presenta carattere tale da costituire una minaccia grave e individuale alle persone ivi residenti;
– il ricorso, pertanto, non può essere accolto;
– nulla va disposto in ordine al governo delle spese del giudizio, in
assenza di attività difensiva della parte vittoriosa.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021