Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13134 del 24/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13134 Anno 2015
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: PETITTI STEFANO

amministrative

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PIETRELLA Claudio (PTR CLD 45C18 L8140), rappresentato e
difeso, per procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avvocato Leandro Bombardieri, presso lo studio del
quale in Roma, via Premuda n. 2, è elettivamente
domiciliato;

ricorrente

contro
COMUNE DI VITERBO,

in persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso, per procura speciale in

calce al

controricorso, dall’Avvocato Gesualdo Antonio Pala,
elettivamente domiciliato in Roma, via C. Fracassini n.
18,presso lo studio dell’Avvocato Roberto Vhnettoni;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 24/06/2015

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Viterbo
n. 493/2013, depositata il 22 aprile 2013.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di

consiglio del 21 maggio 2015 dal Consigliere relatore

sentito l’Avvocato Gesualdo Antonio Pala.
Ritenuto

che il precedente relatore designato alla

trattazione del ricorso ha depositato la seguente
relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:
«[_] l. Pietrella Claudio con ricorso del 13/7/2011
chiedeva l’annullamento di una ordinanza ingiunzione con
la quale era stato intimato il pagamento di una sanzione,
inflitta a lui e ad altri comproprietari di un terreno
perché, in violazione di un’ordinanza comunale del 2010,
in periodo di alta pericolosità di incendi, non avevano
rimosso il “seccume”dalla loro proprietà.
Il ricorrente deduceva la nullità dell’ingiunzione in
quanto nel Novembre del 2010 la sanzione era stata pagata
(_) da uno dei comproprietari e, a dire del ricorrente, il
pagamento in misura ridotta aveva l’effetto di arrestare
il procedimento

sanzionatorio

anche nei confronti del

responsabile in solido.
In primo grado il Comune si era difeso con un funzionario
delegato.

Dott. Stefano Petitti;

Il Giudice di Pace con sentenza del 14/11/2011 in parziale
riforma dell’ingiunzione, riduceva la sanzione al minimo
edittale e per il resto confermava l’ingiunzione rilevando
che dell’illecito commesso doveva rispondere ogni singolo

L’appello del Pietrella era rigettato dal Tribunale di
Viterbo con sentenza del 22/4/2013; il Tribunale riteneva
assorbente, al fine del rigetto dell’appello la
circostanza che vi era concorso nell’illecito
amministrativo e che il concorso escludeva il vincolo di
solidarietà.
Il Tribunale, inoltre, accoglieva l’appello incidentale
del Comune quanto all’illegittimità della riduzione della
sanzione operata dal primo giudice senza che vi fosse la
domanda della parte; infine il Tribunale condannava
l’appellante soccombente al pagamento delle spese dei due
gradi del giudizio liquidando un compenso di 600,00 euro
per il primo grado e di 800,00 euro per il secondo grado.
Pietrella Claudio ha proposto ricorso affidato a quattro
motivi.
Il Comune di Viterbo ha resistito con controricorso.
2. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce la
violazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 23 coma 11 L.
689/1981 e lamenta che il giudice di appello non poteva
liquidare i compensi per il primo grado in quanto il

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comproprietario.

Comune si era fatto assistere dal funzionario delegato e,
ai sensi dell’art. 23 cit., potevano essere liquidate le
sole spese vive, nella specie non documentate.
2.1 il motivo è fondato in quanto l’autorità

sanzionatorio, quando sta in giudizio personalmente o
avvalendosi di un funzionario appositamente delegato (come
è consentito dall’art. 23, quarto comma, della legge 24
novembre 1981 n. 689), non può ottenere la condanna
dell’opponente, che sia soccombente, al pagamento dei
diritti di procuratore e degli onorari di avvocato,
difettando le relative qualità professionali nel
funzionario amministrativo che sta in giudizio; laddove
l’Amministrazione stia in giudizio con il funzionario
delegato, ha diritto solo alla rifusione delle spese,
diverse da quelle generali (di organizzazione del servizio
per la difesa della singola amministrazione nei giudizi di
opposizione a sanzione amministrativa) che abbia
concretamente affrontato per lo svolgimento della difesa
(come ad esempio le spese di cancelleria e per il deposito
della memoria di costituzione nella cancelleria del
giudice adito, ovvero per il trasporto del funzionario
presso l’ufficio giudiziario competente) e che devono
indicarsi in apposita nota (cfr. ex multis Cass. 9/2/2007
n. 2872 e, in precedenza Cass. n. 12232 del 2003, Cass. n.

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amministrativa che ha emesso il provvedimento

7597 del 2001, Case. n. 6898 del 1998, Cass. n. 9365 del
1997; Case. n. 8678 del 1993); in tal caso (ossia nel caso
di presentazione di specifica nota) sono liquidabili in
favore dell’ente le spese che l’Amministrazione abbia

alla discrezionalità del giudice del merito la
determinazione dell’importo liquidabile, che può
limitarsi ad una valutazione di congruità in rapporto alla
tipologia dell’attività indicata nella nota (cfr. Cass.
24/5/2011 n. 11389).
Nella specie, il Tribunale decidendo sull’appello non ha
liquidato le spese, ma i compensi (liquidati in euro
600,00) che, invece, per le ragioni sopra esplicitate, non
potevano essere liquidati in quanto l’Amministrazione in
primo grado stava in giudizio con il funzionario delegato
3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di
ultrapetizione e la violazione del principio di
corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112
c.p.c. in quanto il Giudice di appello ha liquidato
compensi del primo grado che non erano stati richiesti,
neppure con appello incidentale.
3.1. Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo
motivo.
4. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione
o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. perché il

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concretamente affrontato in quel giudizio e appartiene

Giudice di appello non avrebbe considerato che vi era
prova del pagamento dell’oblazione da parte di altro
comproprietario, con effetto liberatorio.
4.1 Il motivo è inammissibile in quanto non attinge la

la quale non v’è solidarietà tra i concorrenti
nell’illecito amministrativo, ma tutti sono assoggettati
pro capite alle relative sanzioni, il che sta a
significare, inequivocabilmente, che l’oblazione (il
pagamento in misura ridotta ex art. 16 L. 689 del 1981)
di uno non

estingue

la sanzione amministrativa dovuta

dagli altri concorrenti nell’illecito amministrativo; non
rileva l’erroneo riferimento all’art. 6 della L. 681/1981
(che, al contrario, disciplina i casi di responsabilità
solidale) invece che all’art. 5 (che appunto disciplina il
concorso di persone nella violazione ed esclude il vincolo
di solidarietà), in quanto è assolutamente chiaro il
fondamento giuridico della decisione del Giudice di
appello che ha escluso che l’appellante potesse giovarsi
del pagamento effettuato da altro comproprietario
(Scalzini Mauro, indicato come comproprietario nel ricorso
introduttivo dal Pietrella: v. pag. 2 del ricorso per
Cassazione) perché l’obbligo di pagamento della sanzione
gravava individualmente su ognuno.

ratio decidendi espressa nella sentenza impugnata secondo

5. Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione
e falsa applicazione dell’art. 16 L. 689/1981 e dell’art.
1292 c.c. e lamenta nuovamente che il Giudice di Appello
non ha applicato l’art. 16 L. 681/1981 che prevede

5.1 Anche questo motivo è inammissibile in quanto non
attinge le ragioni (l’insussistenza della solidarietà) per
le quali è stato escluso l’effetto liberatorio del
pagamento in misura ridotta effettuato dal concorrente
nella violazione amministrativa.
Va al riguardo ricordato il principio, di cui è fatta
applicazione nella sentenza di appello, pur con sintetica
motivazione, che in tema di sanzioni amministrative,
l’art. 5 della legge 24 novembre 1981 n. 689, che
contempla il concorso di persone, recepisce i principi
fissati in materia dal codice penale e rende così
applicabile la pena pecuniaria non soltanto all’autore o
ai coautori dell’infrazione, ma anche a coloro che abbiano
comunque dato un contributo causale, pure se
esclusivamente sul piano psichico (Cass. 22/9/2006 n.
20696); ne discende che, mentre il pagamento in misura
ridotta produce effetto anche nei confronti degli
obbligati solidali, tale conseguenza non si estende nei
confronti degli altri soggetti che hanno concorso nella
commissione della violazione e ciò in sintonia con il

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l’estinzione della sanzione.

principio della natura afflittiva della sanzione
amministrativa che deve essere pagata da tutti i
trasgressori, mentre il principio di solidarietà e la sua
applicazione risponde alla diversa esigenza di garantire

L’art. 5 cit. (“quando più persone concorrono in una
violazione amministrativa ciascuna di esse soggiace alla
sanzione per questa disposta, salvo che sia diversamente
stabilito dalla legge”) dunque, stabilisce un principio di
carattere generale che può essere derogato solo in
presenza di una specifica disposizione legislativa che non
può ravvisarsi nel successivo art. 6 (che prevede) non il
concorso di persone, ma la solidarietà con l’autore
dell’illecito del soggetto

extraneus,

ossia di quel

soggetto che non ha concorso nella violazione.
6. In conclusione il ricorso può essere trattato in camera
di consiglio, in applicazione degli artt. 380

bis e 375

c.p.c. per essere dichiarato manifestamente infondato
quanto al terzo e quarto motivo e manifestamente fondato
quanto al primo, con assorbimento del secondo ed
eliminazione della liquidazione dei compensi del primo
grado».
Considerato che il Collegio condivide la proposta di
decisione, alla quale, del resto, non sono state rivolte
critiche di sorta;

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il pagamento della sanzione unica.

che, dunque, deve essere accolto il primo motivo di
ricorso, assorbito il secondo, mentre vanno rigettati il
terzo e il quarto;
che la sentenza impugnata deve conseguentemente essere

che, tuttavia, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc.
civ., con la eliminazione della condanna alle spese del
giudizio di primo grado, ferme le altre statuizioni;
che, quanto alle spese del giudizio di cessazione, le
stesse, in considerazione del limitato accoglimento del
ricorso, possono essere interamente compensate tra le
parti.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte

accoglie

il primo motivo di ricorso,

assorbito il secondo; rigetta il terzo e il quarto motivo;
cassa

la sentenza impugnata in relazione alla censura

accolta e, decidendo la causa nel merito, elimina dalla
sentenza impugnata la condanna al pagamento delle spese
del giudizio di primo grado;

compensa

le spese del

giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Vi – 2 Sezione civile della Corte suprema di cessazione,

cessata in relazione alla censura accolta;

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