Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13134 del 14/05/2021

Cassazione civile sez. I, 14/05/2021, (ud. 18/02/2021, dep. 14/05/2021), n.13134

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17654/2019 R.G. proposto da:

O.T.W., rappresentato e difeso dagli avv. Tiziana Aresi,

e Massimo Carlo Seregni, con domicilio eletto presso il loro studio,

sito in Milano, via Lorenteggio, 24;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Milano, n. 4208/2019, depositato

il 25 aprile 2019.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 18 febbraio

2021 dal Consigliere Dott. Paolo Catallozzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Oh.Em. propone ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Milano, depositato il 25 aprile 2019, di reiezione dell’opposizione dal medesimo proposta avverso il provvedimento della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano, che aveva respinto la sua domanda per il riconoscimento della protezione internazionale;

– dall’esame del decreto impugnato emerge che a sostegno della domanda il richiedente aveva allegato che era cittadino nigeriano e che si era determinato a lasciare il paese per timore di essere ucciso da membri del partito in cui aveva militato, in quanto ritenuto responsabile dell’appropriazione di fondi del partito, a lui accreditati in occasione di una campagna elettorale per ottenere dagli elettori voti in cambio di denaro;

– il giudice ha disatteso l’opposizione evidenziando che non sussistevano le condizioni per il riconoscimento delle protezioni internazionale e umanitaria richieste;

– il ricorso è affidato a due motivi;

– il Ministero dell’Interno non spiega alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 8, per aver il Tribunale omesso di acquisire informazioni precise e aggiornate sulla situazione generale esistente nella Libia, paese in cui il richiedente era transitati prima di giungere nel territorio nazionale;

– il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza;

– infatti, qualora una questione giuridica – implicante, come nel caso in esame, un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito e di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (cfr., ex multis, Cass., ord., 13 dicembre 2019, n. 32804; Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass., ord., 21 novembre 2017, n. 27568);

– con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e art. 14, lett. c), per avere il decreto impugnato escluso la credibilità del richiedente limitatamente alla parte del racconto relativa alle ragioni sottese all’abbandono del paese, pur ritenendo credibile la versione dei fatti avente ad oggetto quanto (voto di scambio) verificatosi in occasione della campagna elettorale svoltasi in vista delle elezioni del 2015, nonchè omesso l’acquisizione di informazioni aggiornate in ordine alla situazione generale della Nigeria;

– il motivo è inammissibile;

– la decisione in esame ha puntualmente illustrato le specifiche molteplici ragioni per cui il racconto del richiedente deve ritenersi inattendibile, indicando analiticamente gli elementi di non plausibilità e di incongruenza;

– orbene, in materia di protezione internazionale, la valutazione di affidabilità del richiedente è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici, indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di quelli generali di ordine presuntivo, idonei ad illuminare circa la veridicità delle dichiarazioni rese; sicchè, il giudice è tenuto a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, i cui esiti in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (così, Cass., ord., 19 giugno 2020, n. 11925);

– in particolare, la valutazione con cui il giudice di merito reputa attendibile od inattendibile quanto riferitogli dallo straniero che richieda la concessione della protezione internazionale, in tutte le sue forme; lo stabilire se questi sia incorso in contraddizioni; il valutare se tali contraddizioni riguardino elementi decisivi o di dettaglio, costituiscono altrettanti giudizi di fatto che sono sindacabili in sede di legittimità solo in tre casi: quando il giudice di merito abbia trascurato di valutare un fatto controverso e decisivo; quando non abbia in alcun modo motivato la propria decisione; quando abbia adottato una motivazione insanabilmente contraddittoria od assolutamente incomprensibile (così, Cass., ord., 16 dicembre 2020, n. 28782);

– nel caso in esame, nessuno di tali vizi è stato prospettato dal ricorrente, per cui in presenza di un articolato e puntuale giudizio di inattendibilità del racconto del richiedente, nella parte relativa alle ragioni sottese all’abbandono del paese (nella cui valutazione peraltro il tribunale non ha mancato di avvalersi anche dell’analisi delle risultanze di fonti di informazione), inammissibile è la censura del ricorrente che si limita a contestare le conclusioni cui è giunto il Tribunale;

– altrettanto deve dirsi della doglianza relativa alla omissione di informazioni relative alla situazione di conflitto generalizzato che esisterebbe in tutto il territorio della Nigeria, esclusa dal tribunale: doglianza che contrappone generiche critiche alle specifiche considerazioni esposte nel provvedimento in esame con riguardo, da un lato, alla nozione di violenza indiscriminata assunta dalla nota pronuncia C-465/07, Elgafaii della Grande Sezione della C.G.U.E., dall’altro con puntuali riferimenti alle concrete risultanze di molteplici fonti di informazione specificamente indicate nel provvedimento stesso;

– il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile;

– nulla va disposto in ordine al governo delle spese del giudizio, in

assenza di attività difensiva della parte vittoriosa.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021

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