Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13131 del 24/06/2016

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2016, (ud. 18/05/2016, dep. 24/06/2016), n.13131

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21769/2015 proposto da:

SOCIETA’ MACCHIA COOP. AGRICOLA SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

IPPOLITO NIEVO 61, presso la studio dell’avvocato ENNIO MAZZOCCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO PANCALLO, giusta

delega in calce;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO DI BONIFICA DI BRADANO E METAPONTO, in persona del

Commissario Straordinario, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

GIUNIO BAZZONI 5, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO CLAUDIO

CIRIGLIANO, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SUD SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 273/2015 della COMM. TRIB. REG. di POTENZA,

depositata il 07/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato MANCINELLI per delega

dell’Avvocato PANCALLO che si riporta al ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato CIRIGLIANO che si riporta

al controricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

La società Macchia coop. a r.l. propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 273/1/15 del 7 aprile 2015 con la quale la commissione tributarla regionale di Potenza, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittima la cartella di pagamento notificatale dall’agente della riscossione per il pagamento al Consorzio di Bonifica Bradano e Metaponto di contributi di bonifica idrica (art. 862 c.c.; R.D. n. 215 del 1933; L.R. Basilicata n. 33 del 2001) per gli anni 2010-2011.

Resiste con controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c., il consorzio;

memoria è stata depositata anche dalla ricorrente. Nessuna attività difensiva è stata invece svolta da Equitalia Sud spa, anch’essa intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso la società cooperativa deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione e falsa applicazione della L.R. Basilicata n. 33 del 2001, art. 9; nonchè omesso esame di circa un punto decisivo della controversia. Ciò perchè la commissione tributaria regionale aveva ritenuto legittima la cartella di pagamento in contestazione, assumendo che i contributi consortili richiesti dovessero essere versati per il solo fatto dell’inclusione dei terreni entro il perimetro del comprensorio di bonifica. Violando con ciò il principio in base al quale tale inclusione non impediva al soggetto consorziato di fornire la prova della mancata fruizione, in concreto, di alcun vantaggio o beneficio fondiario. Tale prova era stata da essa cooperativa fornita; anche mediante produzione in giudizio di una relazione tecnica attestante la mancata pulizia e manutenzione, da parte del consorzio, delle opere di canalizzazione e bonifica relative ai propri fondi. La commissione territoriale non aveva però preso in considerazione tali elementi, ritenendo che il vantaggio di bonifica (e dunque l’obbligo di pagamento dei contributi) discendesse di per sè dalla inclusione dei terreni nel piano di intervento.

2.1 Il motivo è inaccoglibile in entrambe le sue articolazioni.

La commissione tributaria regionale ha correttamente ritenuto che, in assenza di specifica impugnativa del piano di classifica, fosse onere del soggetto consorziato fornire la prova del fatto che i propri fondi, inseriti nel comprensorio di intervento, non fruissero in concreto di alcun vantaggio specificamente e causalmente riconducibile alle opere di bonifica.

Va considerato che l’attività di bonifica idraulica del territorio in oggetto (comprensiva anche della manutenzione e dello sviluppo delle opere infrastrutturali di mantenimento) muove – L.R. Basilicata n. 33 del 2001, ex art. 9 – dalla previa approvazione da parte della Giunta Regionale di un piano di classifica, individuante i benefici derivanti agli immobili dei consorziati, con l’elaborazione dei relativi indici di quantificazione. La ripartizione dei contributi tra i vari consorziati è poi fatta oggetto dell’approvazione di un piano di riparto che tiene conto della concreta incidenza delle opere di bonifica in ciascuna dei sub-comprensori nei quali è suddiviso l’intero territorio affidato al consorzio; ed al cui interno si collocano gli immobili del singoli consorziati, i quali vengono autonomamente in rilievo sulla base delle caratteristiche fondamentali di ciascuno (ubicazione; superficie; destinazione ecc…).

Orbene, su tale premessa, va qui richiamato quanto già stabilito da questa corte di legittimità, secondo cui: – l’adozione di tali strumenti, segnatamente del piano di classifica, ingenera una presunzione di vantaggiosità dell’attività di bonifica svolta dal consorzio per i fondi ricompresi nell’area di intervento; – qualora il piano di classifica venga specificamente impugnato dal consorziato, la suddetta vantaggiosità deve essere provata ad onere del consorzio che la deduca, secondo la regola generale di cui all’art. 2697 c.c.; – qualora, invece, non vi sia stata impugnativa del piano di classifica, la presunzione in oggetto (di natura non assoluta, ma juris tantum) deve essere superata con onere della prova a carico del consorziato.

Già le SSUU hanno avuto modo di affermare, in particolare, che:

“quando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi di bonifica sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, la contestazione di tale piano da parte di un consorziato, in sede di impugnazione della cartella, impedisce di ritenere assolto da parte del Consorzio il proprio onere probatorio, ed il giudice di merito deve procedere, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato stesso situati all’interno del perimetro di contribuenza; in quanto, se la (verificata) inclusione di uno (specifico) immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione dell'”an” del contributo, determinante ai fini del “quantum” è l’accertamento della legittimità e congruità del “piano di classifica” con la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio (SSUU n. 11722 del 14/05/2010).

Tale principio si pone nel solco di SSUU n. 26009 del 30/10/2008 (richiamata nella sentenza qui impugnata), secondo cui: “in tema di contributi consortili, allorquando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi medesimi sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, è onere del contribuente che voglia disconoscere il debito contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, nessun ulteriore onere probatorio gravando sul consorzio, in difetto di specifica contestazione. Resta ovviamente ferma la possibilità da parte del giudice tributario di avvalersi dei poteri ufficiosi previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, ove ritenga necessaria una particolare indagine riguardo alle modalità con le quali il Consorzio stesso è in concreto pervenuto alla liquidazione del contributo”.

Cass. 17066/10 ha altresì osservato che il contribuente è sempre ammesso a provare in giudizio – anche in assenza di impugnativa diretta in sede amministrativa del piano di classifica –

l’insussistenza del beneficio fondiario; sia sotto il profilo della sua obiettiva inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei confronti dell’onerato. Con la conseguenza che – soddisfatto l’onere probatorio così posto a carico del contribuente – spetterà al giudice tributario di disapplicare, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7, comma 5, il piano di classifica medesimo, in quanto illegittimo.

Questo principio è poi stato più recentemente ribadito da Cass. n. 20681/14 e da Cass. n. 21176/14, secondo cui: “in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del consorzio), che riguardano l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del consorzio. In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente”.

Questo orientamento richiama direttamente quanto osservato –

esattamente in termini con la presente fattispecie, relativa ad eccezione di malfunzionamento e carente manutenzione delle opere di bonifica – da Cass. 9104/12, secondo cui: “(…) occorre rilevare che la “contestazione” formulata dal consorziato non investe vizi di legittimità del piano di classificazione o del provvedimento di perimetrazione nè attiene ad inesattezze del contenuto di tali provvedimenti (come ad es. nel caso in cui si contesti la inclusione del fondo nella delimitazione del territorio del comprensorio), ma concerne esclusivamente il malfunzionamento degli impianti e la omessa manutenzione della rete idrica, da cui deriverebbe la mancata realizzazione del presupposto impositivo (nesso di derivazione causale dalle opere di bonifica del concreto e diretto vantaggio per il fondo di proprietà del contribuente). Ne segue che, non essendo stata contestata dal consorziato la corrispondenza tra atto presupposto (Piano di classificazione e riparto) ed atto consequenziale (atto impositivo), persiste l’attuale presunzione di legittimità della pretesa tributaria avanzata dal Consorzio, fondata sul presupposto impositivo del conseguimento o della conseguibilità del vantaggio per il fondo incluso nella perimetrazione R.D. n. 215 del 1933, ex art. 10 (come valutato nel Piano), non dovendo l’ente pubblico fornire ulteriori elementi probatori del credito, trasferendosi l’onere della prova contraria sul consorziato il quale, ove contesti la inesistenza dei fatti costitutivi del diritto di credito (come nella specie, per assenza di un concreto vantaggio conseguito dal fondo per mancato funzionamento degli impianti di bonifica) è tenuto ad assolvere compiutamente all’onere di allegazione, formulando la contestazione in modo specifico, nonchè all’onere di indicare ed esperire i relativi mezzi di prova”; in termini anche Cass. 9099/12 (richiamata dalla sentenza qui impugnata).

Tutto ciò premesso, si osserva come la sentenza della commissione tributaria regionale In esame, contrariamente a quanto affermato dalla parte ricorrente, abbia fatto buon governo di tali principi;

ammettendo effettivamente il Consorziato a provare l’insussistenza di vantaggiosità. Ed è sulla base di tale regola – correlata al carattere relativo, e non assoluto, della presunzione di legittimità scaturente dall’inserimento del fondo nel piano di classifica non contestato – che essa è poi addivenuta al proprio convincimento circa il non raggiungimento, in concreto, di tale prova.

Pur in presenza di talune affermazioni iniziali apparentemente non del tutto univoche (ma in realtà non contraddittorie con il decisum, in quanto riferibili alla natura meramente “relativa” della presunzione di vantaggiosità scaturente dall’inserimento del fondo nel perimetro di bonifica) lo sviluppo della motivazione offerta dalla commissione tributaria regionale è indubbiamente nel senso (corretto) di ritenere che la prova della insussistenza di vantaggiosità delle opere di bonifica “grava sul contribuente”;

sempre ammesso “a provare in giudizio l’insussistenza del beneficio”.

Il ragionamento risulta del resto corroborato con richiamo a precedenti giurisprudenziali di legittimità attestanti, appunto, tale regola di ripartizione dell’onere probatorio, come sopra evidenziato.

2.2 Nemmeno, il motivo in esame potrebbe trovare accoglimento sotto il profilo del vizio motivazionale, risultando anzi in proposito finanche inammissibile alla luce del disposto di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), come risultante a seguito della riforma di cui al D.L. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012; qui applicabile ratione temporis.

E’ stato in proposito ritenuto (Cass. Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) che: “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 139, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cosi, in seguito, Cass. n. 12928 del 09/06/2014; Cass. ord. n. 21257 del 08/10/2014 ed altre).

La stessa sentenza SSUU 8053/14 cit. ha affermato l’applicabilità della nuova disciplina del vizio di motivazione anche al ricorso per cassazione avverso sentenza della commissione tributaria regionale, non presentando il giudizio di legittimità in materia tributaria specialità di sorta.

Orbene, nel caso di specie la motivazione offerta dalla commissione tributaria regionale in sede di valutazione probatoria, quand’anche reputata insufficiente, non potrebbe integrare il vizio qui dedotto.

Ciò perchè, diversamente di quanto sostenuto dalla ricorrente, la commissione territoriale ha dimostrato di aver preso in esame il fatto decisivo di causa (prova dell’insussistenza di un beneficio fondiario causalmente ricollegabile alle opere di bonifica), esplicitando poi il proprio convincimento in ordine al non raggiungimento di tale prova.

E ciò in ragione del fatta che gli elementi a tal fine addotti dalla cooperativa non risultavano tali da integrare una effettiva ed adeguata contestazione di inesistenza dei benefici; con la conseguenza che i fondi, pacificamente inseriti nel perimetro di contribuenza, si avvantaggiavano delle opere consortili in quanto idonee a consentire la migliore fruizione dei suoli, anche ai fini irrigui.

In altri termini: stabilito il principio che l’inserimento dei fondi nel perimetro di bonifica ingenera una presunzione di vantaggiosità delle opere di bonifica, e che tale presunzione, avendo carattere relativo, può essere superata a seguito di contestazione specifica e comprovata ad onere del contribuente-consorziato, la commissione tributaria regionale ha poi – nella concretezza della fattispecie –

ritenuto non superata tale presunzione. E ciò, pur dopo aver dato atto del tenore delle contestazioni mosse dalla società: per il “pessimo stato manutentivo delle opere consortili”, e sulla base di una “perizia stragiudiziale riferita ad anni pregressi”.

Si tratta di un ragionamento – qui non sindacabile – certamente non qualificabile in termini di omesso esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) cit.; e pertanto, non integrante i caratteri di rilevanza del nuovo vizio motivazionale, così come definito dal suddetto orientamento giurisprudenziale.

Sgombrato il campo dal vizio in oggetto, resta che la censura mira in realtà ad ottenere una diversa valutazione attuale e probatoria in sede di legittimità; il che già inammissibile sotto il vigore della pregressa formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – è ora ancor più radicalmente escluso dal mutato e più restrittivo tenore della norma in oggetto; incentrato, come si è già evidenziato, sull’obiettivo di contenere il sindacato sulla motivazione asseritamene affetta da “omesso esame circa un fatto decisivo” al “minimo costituzionale” (SSUU cit.).

Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento a favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 700,00, oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge;

– v.to D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 18 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2016

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