Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1313 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 22/01/2021), n.1313

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7435-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.G. E FIGLI S.R.L.;

– intimata –

E contro

B.P. IN PROPRIO E N. Q. DI SOCIO DELLA PREDETTA SOCIETA’,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAZIO 20/C, presso lo studio

dell’avvocato CLAUDIO COGGIATTI, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati NICOLA BIANCHI, GAETANO CIANCIO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 322/2016 della COMM. TRIB. REG. EMILIA

ROMAGNA, depositata il 08/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2020 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Commissione tributaria regionale (CTR) dell’Emilia – Romagna, con sentenza depositata l’8 febbraio 2016, non notificata, rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della società B.G. e figli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, e di B.P., in proprio e quale socio della predetta società, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Parma, che aveva accolto il ricorso dei contribuenti avverso i rispettivi avvisi di accertamento dei quali erano destinatari, quello riguardante la società per il recupero a tassazione per l’anno 2004 delle maggiori IRES, IRAP ed IVA dovute, oltre sanzioni ed interessi, nonchè quello nei confronti del socio per l’IRPEF dovuta in relazione al maggior reddito da partecipazione nella società di cui era titolare della quota del 51%.

La vicenda traeva origine da processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza (Comando Nucleo di Polizia Tributaria di Parma) che aveva contestato il coinvolgimento, tra gli altri, del B.P., legale rappresentante della società sopra indicata, in frodi carosello, riguardo all’interposizione fittizia di alcune società o ditte fornitrici, aventi natura di cartiere, quanto all’acquisto di autovetture da parte della B.G. e figli S.r.l., con riferimento agli anni 2003 e 2004, con rettifica induttiva del reddito d’impresa per l’anno 2004 qui in contestazione anche per la mancata esibizione del libro giornale e recupero a tassazione dell’IVA indebitamente detratta.

La CTR, nel dare atto che alla controversia in grado di appello era ormai estranea l’altra socia B.D., anch’essa destinataria di avviso di accertamento per l’anno in questione, che aveva definito la propria posizione con l’adesione alla definizione agevolata di cui al D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, convertito, con modificazioni, nella L. n. 111 del 2011, condivise l’assunto della pronuncia gravata d’appello, che aveva ritenuto che l’avviso di accertamento notificato nei confronti della società fosse privo d’idonea motivazione, essendosi limitato a recepire, senza alcuna valutazione autonoma, le risultanze del processo verbale di constatazione (pvc) redatto dalla Guardia di Finanza, pur essendo lo stesso già noto alla società medesima, ciò determinando di conseguenza, secondo la sentenza in esame, anche l’annullamento dell’atto impositivo notificato al socio, che, oltre al richiamo al predetto pvc, faceva riferimento alla presunzione della distribuzione di utili extracontabili ai soci di società a ristretta base partecipativa in presenza dell’accertamento di maggiori ricavi a carico della società, rispetto a quanto dichiarato.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

La società è rimasta intimata.

Il socio B.P., che non aveva depositato tempestivo controricorso, ha depositato dapprima memoria, chiedendo la sospensione del giudizio, avendo proposto nelle more domanda di definizione agevolata della controversia, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. n. 136 del 2018, cui ha fatto seguire altra memoria, chiedendo dichiararsi nei suoi confronti la cessazione della materia del contendere, non avendo opposto l’Amministrazione diniego entro la data del 31 luglio 2020.

La difesa erariale ha a sua volta depositato istanza di parziale estinzione del giudizio nei confronti del sig. B.P., allegando attestazione di regolarità da parte della Direzione provinciale di Parma della definizione agevolata della lite richiesta da detto contribuente, chiedendo pronunciarsi nel resto sul ricorso riguardo alla posizione della società, che non ha presentato domanda di definizione agevolata delle liti tributarie pendenti nei suoi confronti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5, della L. n. 212 del 2000, art. 7 e dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando come la decisione impugnata, senza esaminare il merito della vicenda, laddove ha ritenuto che gli atti impositivi fossero nulli per difetto di motivazione, essendosi limitati a richiamare per relationem il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, di cui i contribuenti erano a conoscenza, essendo stato esso regolarmente notificato il 10 ottobre 2005 al legale rappresentante B.P., si sia posta in chiaro contrasto con la giurisprudenza di questa Corte in materia richiamata in ricorso.

2. Con il secondo motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria, in subordine, denuncia omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo la sentenza impugnata omesso di rilevare che ciascun atto impositivo fondava il recupero delle rispettive pretese altresì in relazione alla sentenza penale n. 18 del 2 febbraio 2006 del Tribunale di Parma, che, tra gli altri, aveva condannato il sig. B.P. per il reato di illecito utilizzo di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti.

3. Infine, con il terzo motivo, l’Agenzia delle Entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), anche con riferimento all’art. 53 Cost., falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando che sebbene la sentenza impugnata nel riferirsi, al singolare, allo “avviso di accertamento” impugnato, sembri far riferimento al solo atto impositivo emanato nei confronti della società, abbia poi di fatto ricondotto l’annullamento anche dell’avviso di accertamento notificato al socio alla stessa identica motivazione, quantunque la posizione del socio di società di capitali a ristretta base partecipativa avesse una propria autonomia, ciò comportando la violazione o falsa applicazione delle norme indicate in rubrica.

4. In via preliminare va dato atto, così come confermato dalla stessa Amministrazione finanziaria, che è stata ritenuta regolare la domanda di definizione agevolata della lite pendente presentata nei termini dal sig. B.P., con attestazione del pagamento della prima rata di quanto a tal fine dovuto, per cui, su concorde richiesta delle parti, può dichiararsi l’estinzione parziale del giudizio limitatamente al rapporto processuale tra l’Agenzia delle Entrate ed il sig. B.P., con contestuale declaratoria di cessazione della materia del contendere, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. n. 136 del 2018, quanto al rapporto processuale in oggetto, restando, in parte qua, le spese del giudizio, a carico della parte che le ha anticipate.

5. Il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria nei confronti della società, che non ha presentato alcuna domanda di definizione agevolata della lite pendente, va invece accolto in relazione al primo motivo, che è manifestamente fondato.

5.1. La sentenza impugnata non risulta, infatti, aver fatto corretta applicazione, nel confermare la sentenza di primo grado che aveva accolto i ricorsi dei contribuenti avverso gli avvisi di accertamento impugnati, del principio di diritto più volte espresso in materia dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “(i)n tema di provvedimento impositivo, la motivazione “per relationem” alle conclusioni degli atti di polizia tributaria noti al contribuente è legittima, essa indicando semplicemente che l’ufficio ha inteso realizzare un’economia di scrittura, la quale non reca pregiudizio allo svolgimento del contraddittorio” (cfr. Cass. sez. 5, 21 dicembre 2016, n. 26542; Cass. sez. 5, 5 ottobre 2012, n. 16976; Cass. sez. 5, 21 marzo 2012,

n. 4523), non ostando la mancanza di autonoma valutazione critica degli elementi istruttori da parte dell’ufficio, che vale anzi come adesione alle conclusioni tratte dai verbalizzanti (cfr. Cass. sez.5, 20 dicembre 2017, n. 30560; Cass. sez. 5, 13 ottobre 2011, n. 21119), essendo incontroverso in fatto che il processo verbale di constatazione cui fanno riferimento entrambi gli atti impositivi impugnati dai rispettivi destinatari sia stato notificato il 10 ottobre 2005 al sig. B.P., legale rappresentante della società e destinatario in proprio dell’avviso di accertamento ai fini IRPEF quanto al maggior reddito non dichiarato da partecipazione nella società, di cui detiene la quota del 51%.

6. La sentenza impugnata va dunque cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso, restando assorbiti gli altri, con rinvio, limitatamente alla lite ancora pendente tra la società e l’Amministrazione finanziaria, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna in diversa composizione, che, nell’attenersi al principio di diritto come innanzi trascritto, procederà a nuovo esame nel merito della controversia.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Dichiara estinto il giudizio e cessata la materia del contendere ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. n. 136 del 2018, limitatamente al rapporto processuale tra Agenzia delle Entrate e B.P..

Accoglie il ricorso della ricorrente Agenzia delle Entrate nei confronti della società B.G. e figli S.r.l. in relazione al primo motivo, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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