Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13129 del 28/05/2010

Cassazione civile sez. II, 28/05/2010, (ud. 29/04/2010, dep. 28/05/2010), n.13129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5692-2005 proposto da:

D.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA ALCIDE DE GASPERI 35, presso lo studio dell’avvocato GRAZIAMI

GIANLUCA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PRINCIPE AMEDEO 94, presso lo studio dell’avvocato GIANGRECO MAROTTA

GIOVANNI, rappresentato e difeso dall’avvocato MATTRELLA LORIS;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 31/2005 del GIUDICE DI PACE di RIETI,

depositata il 14/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/04/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato Alessandro ROSATI del foro di Rieti, con delega

deposistata in udienza dell’Avvocato Gianluca GRAZIANI, difensore

della ricorrente che ha chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MATTRELLA Loris, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso e deposita nota spese;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avvocato G.M. chiedeva ed otteneva da Giudice di Pace di Rieti nei confronti di D.M. in data 9-11-2000 l’emissione di un decreto ingiuntivo di pagamento della somma di L. 1.010.394 a titolo di compenso dell’attività professionale da lui prestata in favore della suddetta cliente per l’esecuzione di un precetto nell’ambito di una procedura esecutiva instaurata nei confronti dell’INPS quale debitore e della Cassa di Risparmio di Rieti quale terzo pignorato.

L’ingiunta proponeva opposizione a tale decreto sostenendo di aver già corrisposto al professionista quanto dovutogli, ovvero L. 673.200, secondo la liquidazione effettuata dal Pretore quale giudice dell’esecuzione.

Con sentenza del 4-7-2001 il Giudice di Pace adito rigettava l’opposizione.

A seguito di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. da parte della D. cui resisteva il M. questa Corte con sentenza del 7-1- 2004 accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa anche per la pronuncia sulle spese all’Ufficio del Giudice di Pace di Rieti per un nuovo esame; la Corte, ritenendo fondato l’unico motivo di ricorso formulato, affermava che la sentenza impugnata, dovendo esaminare la fondatezza della domanda avanzata in sede monitoria dal professionista per un importo maggiore di quello che, alla stregua degli atti, era stato liquidato dal giudice della esecuzione con l’ordinanza del 3-7-1998 (ovvero L. 673.200) e, in secondo luogo, verificare la fondatezza dell’eccezione di avvenuto pagamento sollevata dall’opponente, non aveva in realtà tenuto conto del “thema dedicendum”, che vedeva controverso sia l'”an” che il “quantum”, ma, decidendo la causa in base a considerazioni prive di qualsiasi riscontro, anche logico (non essendosi in particolare avveduto che il compenso richiesto dal M. con la procedura monitoria era stato liquidato dal giudice dell’esecuzione in misura inferiore e senza attribuzione, e che in relazione a tali pregresse circostanze era stata sollevata dalla D. l’eccezione di avvenuto pagamento), aveva finito per privare la regola di equità di ogni ragionevolezza.

A seguito di riassunzione da parte della D. il Giudice di Pace di Rieti con sentenza del 14-1-2005 ha rigettato l’opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo sopra menzionato dalla D., ed ha condannato quest’ultima al pagamento in favore del M. della somma di Euro 521,82 oltre interessi legali a decorrere dal 24-10-2000.

Per la cassazione di tale sentenza la D. ha proposto un ricorso articolato in due motivi cui il M. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione dell’art. 393 c.p.c., assume che il Giudice di Pace di Rieti non si è attenuto al principio di diritto affermato da questa stessa Corte con la sentenza sopra richiamata nè ha svolto gli accertamenti ad esso demandati, non avendo tenuto conto come fosse controverso sia l'”an” che il “quantum” del credito preteso dal M., e che il compenso richiesto da quest’ultimo con la procedura monitoria era stato liquidato dal giudice dell’esecuzione in misura inferiore e senza attribuzione.

La D., rilevato che il M. non aveva provato e neppure aveva chiesto di provare alcunchè in ordine al credito preteso nei propri confronti, e che l’esponente aveva invece estinto il proprio debito verso il suddetto professionista versandogli la somma di L. 673.200 liquidata dal giudice della esecuzione con l’ordinanza del 3- 7-1998, evidenzia il comportamento contraddittorio del M. che, dopo aver lamentato con la lettera raccomandata del (OMISSIS) il mancato pagamento delle competenze liquidategli dal giudice della esecuzione con la suddetta ordinanza, aveva poi dedotto nel ricorso per decreto ingiuntivo che alla D. era stata corrisposta una somma comprensiva di spese legali del precetto, circostanza quest’ultima assolutamente non corrispondente al vero.

La censura è inammissibile.

La sentenza impugnata ha affermato che l’avvocato M. aveva provveduto al recupero del credito vantato dalla D. nei confronti dell’INPS per l’importo complessivo di L. 83.695.459, curando la predisposizione e la notifica dell’atto di precetto e di tutta la conseguente attività esecutiva; premesso poi che il compenso relativo a tale attività professionale doveva essere stabilito in base alle previsioni del D.M. n. 585 del 1994 e che la liquidazione compiuta dal giudice delle somme spettanti alla parte vittoriosa a titolo di spese di lite non vincola la determinazione degli onorari dovuti dalla parte medesima al proprio difensore, il Giudice di Pace, dichiarando anche di avvalersi del parametro equitativo derivante dall’applicazione dell’art. 113 c.p.c., comma 2, ha liquidato in favore del M. la complessiva somma di L. 1.693.594 dalla quale ha detratto l’importo già versato dalla D. di L. 673.200, cosicchè il credito residuo ammontava a L. 1.091.394 pari ad Euro 521,82.

Orbene tali statuizioni sono immuni dai profili di censura sollevati dalla ricorrente.

Premesso che, contrariamente a quanto sostenuto dalla D., la menzionata sentenza di questa stessa Corte, lungi dal l’afferma re un principio di diritto cui il giudice di rinvio avrebbe dovuto attenersi, ha demandato a quest’ultimo di effettuare un nuovo accertamento di fatto in ordine alla sussistenza del credito vantato dal M. nei confronti della controparte, considerando che tale credito era contestato sia l'”an” che nel “quantum”, si rileva che il Giudice di Pace di Rieti in sede di rinvio ha proceduto puntualmente in tal senso, ritenendo pacifica tra le parti l’assistenza del professionista alla cliente nella fase preesecutiva relativa al recupero del credito di quest’ultima nei confronti dell’INPS, e liquidando il compenso in favore del M. facendo espresso richiamo al criterio equitativo.

Da tali considerazioni discende l’inammissibilità del motivo in esame, atteso che in esso non si rinvengono i profili di ricorribifità in cassazione delle sentenze pronunciate dal Giudice di Pace secondo equità ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, consistenti come è noto nella violazione delle norme processuali, delle norme costituzionali e di quelle comunitarie, nonchè nella violazione dei principi informatori della materia e nel vizio della motivazione che sia assolutamente mancante o apparente, o fondata su affermazioni in radicale ed insanabile contraddittorietà.

Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo violazione dell’art. 394 c.p.c., afferma che, considerato il carattere “chiuso” del giudizio di rinvio, nel quale quindi è vietata ogni attività istruttoria o assertiva che non dipenda strettamente dalle statuizioni della Corte di Cassazione, il Giudice di Pace erroneamente ha preso in esame ed ha sostanzialmente accolto le argomentazioni: svolte dalla controparte nei punti 2) e 3) della comparsa di costituzione del 5-5-2004″.

La censura è inammissibile per la sua estrema genericità.

Invero la D. non solo non ha neppure accennato al tenore delle asserzioni difensive che il M. avrebbe effettuato in sede di rinvio e che dovrebbero essere ritenute esorbitanti rispetto all’ambito di tale giudizio, ma neppure ha minimamente dedotto e chiarito in quali termini ed in quale misura tali argomentazioni avrebbero inciso sulla sentenza impugnata.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di Euro 200.00 per spese e di Euro 500.00 per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2010

 

 

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