Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13128 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 30/06/2020), n.13128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1830/2014 proposto da

Y.L., rappresentata e difesa dall’avv. A. Jennifer Manca,

presso cui è elettivamente domiciliata in Cagliari alla via Freud

n. 2;

– ricorrente –

CONTRO

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e

difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, in

Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 110/44/2013 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, pronunciata in data 24/6/2013, depositata

in data 19/9/2013 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del l’11 febbraio

2020 dal Consigliere Andreina Giudicepietro.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Y.L. ricorre con tre motivi avverso l’Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza n. 110/44/2013 della Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito C.t.r.), pronunciata in data 24/6/2013, depositata in data 19/9/2013 e non notificata, che ha rigettato l’appello della contribuente, in controversia concernente l’impugnazione dell’avviso di accertamento per Irap ed Iva in relazione all’anno di imposta 2006;

con la sentenza impugnata la C.t.r. riteneva che l’Ufficio avesse dimostrato che la contribuente aveva avuto conoscenza del p.v.c. redatto dalla G.d.F., per cui il verbale poteva essere citato per stralcio nell’atto di accertamento a lei notificato in qualità di legale rappresentante della società;

inoltre, il giudice di appello rilevava che l’accertamento era basato sulle movimentazioni bancarie sul conto della società e della ricorrente, per le quali non era stata fornita adeguata giustificazione;

con riguardo alle sanzioni, la C.t.r. riteneva che trovasse applicazione l’art. 12, comma 3, secondo cui “nei casi previsti dai commi 1 e 2, se le violazioni rilevano ai fini di più tributi, si considera, quale sanzione base cui riferire l’aumento, quella più grave aumentata di un quinto”;

infine, il giudice di appello riteneva infondata anche la doglianza relativa alle spese, che la C.t.p. di Milano aveva diviso in onorari e spese;

a seguito del ricorso, l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio dell’11 febbraio 2020, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31.08.2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, dell’art. 24 Cost. e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 12, comma 5, dell’art. 111 Cost. e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione al D.M. 20 luglio 2012, n. 140, nonchè dell’art. 11l Cost. e dell’art. 132 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

preliminarmente si rinviene la violazione delle norme sul contraddittorio, in quanto il giudizio, che riguarda l’impugnazione degli avvisi di accertamento per Irap ed Iva in relazione all’anno di imposta 2006, si è svolto senza la necessaria partecipazione di tutti i soci e della società;

invero, secondo il consolidato indirizzo della Corte, “in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio” (Sez. U, Sentenza n. 14815 del 04/06/2008);

nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate accertava a carico della società, che aveva omesso la presentazione della dichiarazione Modello Unico, il reddito di impresa, da imputare ai soci ai sensi dell’art. 5 T.u.i.r., e maggiori Iva ed Irap dovute;

trattandosi, quindi, dell’impugnazione dell’avviso di accertamento, avente ad oggetto il reddito della società di persone in accomandita semplice, sussiste il litisconsorzio necessario tra la società ed i soci;

inoltre, va rilevato che l’accertamento nei confronti della società ai fini dell’Irap e dell’Iva è unico e fondato su elementi comuni, per cui anche “il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile IVA non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus per l’inscindibilità delle due situazioni, in quanto insuscettibile di autonoma definizione” (Sez. 5, Ordinanza n. 6303 del 14/03/2018); in conclusione, va dichiarata la nullità della sentenza impugnata e del giudizio relativo, con rimessione delle parti alla C.t.p. di Milano, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte dichiara la nullità della sentenza impugnata e del giudizio relativo; cassa la sentenza impugnata e rimette le parti innanzi alla C.t.p. di Milano, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il giorno 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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