Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13125 del 14/05/2021

Cassazione civile sez. I, 14/05/2021, (ud. 18/02/2021, dep. 14/05/2021), n.13125

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2854/2019 R.G. proposto da:

I.K., rappresentato e difeso dall’avv. Clementina Di

Rosa, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Mario Barbati,

sito in Roma, via dei Carraresi, 4/B;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Salerno, n. 3944/2018, depositato

il 17 dicembre 2018.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 18 febbraio

2021 dal Consigliere Dott. Paolo Catallozzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– I.K. propone ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Salerno, depositato il 17 dicembre 2018, di reiezione dell’opposizione dal medesimo proposta avverso il provvedimento della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Salerno, che aveva respinto la sua domanda per il riconoscimento della protezione internazionale ovvero la protezione sussidiaria e, in via subordinata, il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari;

– dall’esame del decreto impugnato emerge che a sostegno della domanda il richiedente aveva allegato che era originario della Nigeria, città di Benin City, ma di aver vissuto nel villaggio di (OMISSIS), e che era stato costretto a lasciare il suo paese a causa di minacce, rivolte anche a sua moglie, e aggressioni subite da soggetti appartenenti a una setta segreta che lo ritenevano responsabile della morte di un membro della setta medesima e che, per tale motivo, avevano ucciso sia i genitori, sia la sorella;

– il giudice ha disatteso l’opposizione evidenziando che non sussistevano le condizioni per il riconoscimento delle protezioni internazionale e umanitaria richieste, in quanto il racconto del richiedente si presentava confuso, incoerente e non adeguatamente articolato e che la situazione del paese di provenienza non era tale da poter ritenere sussistente un conflitto armato o internazionale;

– il ricorso è affidato a quattro motivi;

– il Ministero dell’Interno non spiega alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3, 5, 6, 7, 8 e 14, per aver il decreto impugnato escluso il riconoscimento delle diverse forme di protezione richieste senza tenere nel debito conto la vicenda persecutoria narrata in sede di audizione e l’attuale peggioramento del quadro socio-politico del paese di origine;

– con l’ultimo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, per aver il Tribunale omesso di compiere un’esatta e compiuta disamina, anche attraverso l’attivazione dei propri poteri officiosi, del quadro socio-politico di riferimento e della vulnerabilità della popolazione nigeriana;

– i motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili;

– le doglianze si rivolgono, in parte, in una generica contestazione della valutazione del Tribunale in ordine credibilità del richiedente, esclusa in ragione di una pluralità di elementi di inverosimiglianza, puntualmente indicati e non chiariti nel corso del giudizio attesa la mancata comparizione del richiedente dinanzi al Tribunale all’udienza fissata per la sua audizione;

– non considera, infatti, l’articolato giudizio di non credibilità offerto dal collegio di merito al fine di escludere la verosimiglianza delle circostanze di fatto poste a base della domanda presentata;

– la proposizione di una doglianza priva di censure specifiche avvero il decisum del provvedimento impugnato è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), con la conseguente inammissibilità della stessa (cfr. Cass., ord., 7 settembre 2017, n. 20910);

– dall’altra parte, le censure vertono sulla valutazione, asseritamente errata o, comunque, omessa, della situazione del Paese di origine, quale risultante dalle Country of Origin Information aggiornate;

– anche sotto questo diverso profilo, l’esame delle critiche non può trovare ingresso, in quanto, una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo alla luce di riscontrate contraddizioni, lacune e incongruenze, non deve procedersi al controllo della credibilità estrinseca – che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del Paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito – poichè tale controllo assolverebbe alla funzione meramente teorica di accreditare la mera possibilità astratta di eventi non provati riferiti in modo assolutamente non convincente dal richiedente (cfr. Cass., ord., 4 novembre 2020, n. 24575; Cass., ord., 11 agosto 2020, n. 16925);

– in ogni caso, si evidenzia che il Tribunale, all’esito di un approfondito esame delle più aggiornate e autorevoli fonti internazionali – tra cui il rapporto E.A.S.O. sulla Nigeria del 2018 -, ha escluso che nella zona di provenienza del richiedente sussista una situazione di conflitto armato interno o internazionale idoneo a costituire una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente medesimo in caso di rimpatrio;

– con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, per aver il Tribunale negato il permesso di soggiorno per motivi umanitari senza aver adeguatamente apprezzato la condizione di peculiare vulnerabilità del richiedente, avuto riguardo alla sua giovane età, alle tensioni sociali di natura politica ed etnica del paese di origine, interessato da una situazione di inquinamento ambientale causato dall’industria petrolifera, nonchè all’avvenuta integrazione nel tessuto socioculturale Europeo;

– il motivo è inammissibile, risolvendosi, anch’esso, in una generica contestazione della decisione del decreto impugnato che ha escluso la ricorrenza di situazioni di particolare vulnerabilità del richiedente;

– con il terzo motivo il ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto controverso e decisivo del giudizio, nella parte in cui ha escluso che nel paese di origine del richiedente vi fosse un clima di violenza generalizzata e diffusa contro la comunità cristiana in tutto il territorio nigeriano a causa del dilagante fenomeno del fondamentalista islamico jihadista, rilevante ai fini del riconoscimento delle protezioni richiesta;

– il motivo è inammissibile, risolvendosi in una critica della valutazione delle risultanze probatorie effettuata dal Tribunale, che ha escluso che ricorresse una siffatta situazione nella regione di provenienza del richiedente;

– una siffatta critica non può trovare ingresso in questa sede in quanto la Corte di Cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale e non può riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa (cfr. Cass. 28 novembre 2014, n. 25332; Cass., ord., 22 settembre 2014, n. 19959);

– il ricorso, pertanto, non può essere accolto;

– nulla va disposto in ordine al governo delle spese del giudizio, in

assenza di attività difensiva della parte vittoriosa.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2021

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