Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13124 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 30/06/2020), n.13124

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8183/13 R.G., proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis

Ricorrente

Contro

Impresa Edile RAT di T.L., F.A.,

F.A., T.L., R.M., A.F., tutti

rappresentati e difesi dall’avv.to Massimino Luzzi, giusta mandato

in atti, ed elettivamente domiciliati in Roma, alla Via Beneco n. 5,

presso lo studio dell’avv.to Maria Chiara Morabito.

Controricorrenti

avverso la sentenza n. 3/5/12 della Commissione tributaria regionale

delle Marche, depositata in data 31.01.2012, non notificata;

Udita la relazione svolta dal Consigliere Rosita d’Angiolella nella

camera di consiglio del 30 gennaio 2020.

Fatto

RILEVATO

che:

Con avviso di accertamento, per l’anno 2004, l’Agenzia delle entrate accertava, in capo all’Impresa Edile RAT di T.L. & C. s..n. c., maggiori imposte ai fini Ires, Irap ed Iva, relative a maggiori redditi d’impresa rispetto a quelli dichiarati; l’accertamento traeva origine da una verifica fiscale che rilevava difformità, discordanze e carenze della contabilità dell’impresa oltre che un’evidente antieconomicità dell’attività svolta per il periodo d’imposta oggetto di accertamento.

Dalla rideterminazione del reddito d’impresa scaturivano distinti avvisi di accertamento, ai fini Irpef, in capo a ciascuno dei cinque soci ( A.F., An.Fr., T.L., M.R., A.F.) in virtù del principio di trasparenza ex art. 5 t.u.i.r. n. 917 del 1986.

L’Impresa Edile RAT di T.L. & C. s.n.c. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno, deducendo l’illegittimità e l’erroneità dell’avviso, in quanto basato su di una serie di presunzioni e prove logiche infondate. Anche i tre soci, T.L., M.R. e A.F., impugnavano l’avviso emesso nei loro confronti. La Commissione provinciale, riuniti i ricorsi e disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri soci (che tuttavia non son si costituivano a seguito dell’integrazione effettuata, nei loro confronti, dalla società), accoglieva parzialmente il ricorso della società e disponeva il parziale annullamento degli avvisi emessi nei confronti dei soci costituiti in giudizio.

L’Impresa Edile RAT di T.L. & C. s.n.c. e tutti i soci, impugnavano la predetta sentenza innanzi alla Commissione Tributaria regionale delle Marche che, con la sentenza in epigrafe, accoglieva integralmente gli appelli.

L’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per Cassazione avverso tale sentenza deducendo due motivi.

Resistono con controricorso l’Impresa Edile RAT di T.L. ed i cinque soci.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente Amministrazione erariale deduce la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992, artt. 14 e 21, in relazione alla posizione dei soci A.F. e Fr. che, in quanto parti chiamate in giudizio in conseguenza dell’ordine di integrazione del contraddittorio, non avrebbero potuto impugnare autonomamente l’avviso di accertamento in quanto era già decorso il termine di decadenza per l’impugnazione di tale atto.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. E’ principio consolidato di questa Corte (da

Sez. U, Sentenza n. 14815 del 04/06/2008, Rv. 603330-01,

richiamata a sostegno del motivo di ricorso) che “l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali – sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio” (conf. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15116 del 11/06/2018, Rv. 649266-01; Sez. 5 14/12/2012 n. 23096; sez. 5-6, Ord. 28/11/2014 n. 25300; Sez. 5, Ord.20/04/2016 n. 7789).

1.3. In un passaggio della sentenza delle Sezioni unite sopra richiamata (v. p.2.6 di Sez. U, Sentenza n. 14815 del 2008) è specificamente affermato che “Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 6, stabilisce che le parti chiamate in causa non possono impugnare autonomamente l’atto, se per esse al momento della costituzione è già decorso il termine di decadenza. Il fatto che non sia più possibile il ricorso autonomo, e tuttavia la parte possa essere chiamata in causa legittimamente, deve far ritenere che la sentenza favorevole al contribuente possa essere opposta all’ufficio (nonostante la definitività dell’accertamento nei suoi confronti), ad esempio per impugnare la cartella esattoriale e gli atti successivi della riscossione, con il solo limite dell’irripetibilità di quanto già pagato (v. Cass. 19850/2005). Se così non fosse, la chiamata in causa e l’eventuale partecipazione al giudizio del contribuente si risolverebbero in una inutile attività processuale”.

1.4. Nella specie, dunque, non v’è dubbio che la parte sia stata chiamata in causa legittimamente, nonostante decorso il termine di decadenza non avrebbe reso possibile il ricorso autonomo, così come non v’è dubbio che la sentenza favorevole al contribuente, con tale chiamata, sia opponibile all’Ufficio.

2. Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 14, 15 e art. 39, comma 1, lett. d) e del D.P.R. n. 570 del 16 settembre 1996, art. 1, deducendo un vizio di ricognizione “generale” della decisione di appello che avrebbe ritenuto l’inconfigurabilità dei presupposti per l’effettuazione dell’accertamento “sintetico induttivo”, ai sensi del D.P.R. cit., art. 39, comma 2, lett. c) e d), nonchè un vizio di ricognizione più specifico per aver i secondi giudici omesso di valutare la gravità dell’incompletezza documentale afferente alla Impresa Edile RAT di T.L. & C. s.n.c., nonostante gli obblighi sanciti dall’art. 14 del decreto cit., e dal D.P.R. n. 570 del 1996, che prescrive, tra l’altro, di indicare nella nota integrativa o nel libro degli inventari, la valutazione delle rimanenze, valutazione in concreto non indicata dalla società contribuente. Rinvia, poi, agli elementi ed ai dati raccolti in sede di accertamento (v. pagg. 13 e 14 del ricorso) per censurare la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto inidonei tali elementi a legittimare l’Ufficio a porre in essere l’accertamento presuntivo dei redditi del contribuente. L’esposizione della censura, è conclusa con la richiesta di affermazione del seguente principio di diritto: “Anche alla luce di quanto previsto dal D.P.R. n. 570 del 1996, art. 1, le irregolarità delle scritture contabili degli esercenti attività d’impresa si considerano gravi, e rendono inattendibile la contabilità ordinaria di tali soggetti, con legittimo ricorso all’accertamento sintetico- induttivo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, quando non risulta regolarmente tenuta la documentazione contabile prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973 cit., art. 14, con le modalità di cui al successivo art. 15, e quando in particolare i criteri adottati per la valutazione delle rimanenze non sono indicati nella nota integrativa o nel libro degli inventari”.

2.1. Tale doglianza riguarda, dunque, essenzialmente (v. pag. 12,14,15 del ricorso) l’irregolare tenuta dell’inventario delle rimanenze di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 14 e 15.

2.2. La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto legittimo il ricorso all’accertamento del reddito d’impresa con metodo induttivo del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, lett. d), qualora l’inventario ometta di indicare e valorizzare adeguatamente le rimanenze (es. con raggruppamento per categorie omogenee), così violando la prescrizione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 15, comma 2, (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 5995 del 08/03/2017, Rv. 643305-01);ed infatti, l’omissione delle rimanenze nelle scritture, generando un impedimento alla corretta analisi dei contenuti dell’inventario e, di conseguenza, alla possibilità di ricostruire analiticamente i ricavi di esercizio, determina l’inattendibilità complessiva delle scritture contabili che costituisce presupposto normativamente previsto ai fini del ricorso alla modalità induttiva dell’accertamento (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 24015 del 24/11/2016, Rv. 641996-01).

2.3. Il corretto computo delle rimanenze è ritenuto essenziale nelle imprese che eseguono lavori ultrannuali (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 4393 del 21/02/2008, Rv. 602033-01; Sez. 5, Ordinanza n. 23692 del 01/10/2018, Rv. 650521-01, secondo cui la valutazione delle giacenze relative a commesse ultrannuali deve essere effettuata con il criterio della percentuale di completamento che determina la suddivisione dell’utile totale che scaturisce dall’operazione nei vari esercizi di svolgimento della stessa ed in proporzione ai lavori eseguiti per ciascun periodo, al fine di evitare la concentrazione dell’imponibile nell’ultimo esercizio).

3. Nella specie, l’avviso riprodotto nel ricorso in conformità del principio di cd. autosufficienza, indica chiaramente le omissioni delle rimanenze nelle scritture. Tuttavia, a fronte delle specifiche causali dell’accertamento e delle successive speculari difese dell’appellata Agenzia dell’entrate, la Commissione regionale, per accogliere l’appello dei contribuenti, si limita ad affermare che “il dettaglio delle rimanenze era stato regolarmente riportato nel libro degli inventari”.

3.1. Tale decisione non fa buon governo dei principi richiamati, laddove nulla dice in ordine alla assunta regolarità del riporto delle rimanenze nel libro giornale, trascurando di dare significato (e, quindi, dimostrazione), dell’espressione “regolarmente” che, nella motivazione della sentenza impugnata, assume quasi una valenza “anapodittica”.

4. La censura della ricorrente amministrazione va dunque accolta e, conseguentemente, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Commissione regionale delle Marche, in diversa composizione, affinchè proceda ad un nuovo esame della controversia adeguandosi ai principi di diritto su riportati ed in particolare verificando se le rimanenze siano state computate dalla società contribuente nelle modalità di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 14 e 15.

5. Il giudice di rinvio è tenuto a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il primo motivo di ricorso. Accoglie il secondo motivo di ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione regionale delle Marche, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile della Corte di Cassazione, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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