Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13124 del 15/06/2011

Cassazione civile sez. II, 15/06/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 15/06/2011), n.13124

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso proposto da:

A.O., rappresentato e difeso dall’Avvocato GRECO

Antonio, domiciliato per legge in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte Suprema di Cassazione;

– ricorrente –

avverso l’ordinanza del Presidente della Corte d’appello di Salerno,

depositata in data 16 giugno 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25 novembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che l’Avvocato Antonio Greco, quale difensore di fiducia di A.O. ha proposto, nelle forme previste dal codice di procedura penale e non notificato ad alcuno, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Presidente della Corte d’appello di Salerno, depositata in data 16 giugno 2005, con la quale è stata confermata la revoca dell’ammissione del suo assistito al patrocinio a spese dello Stato ed è stata quindi rigettata l’istanza di liquidazione dei compensi;

che l’impugnato provvedimento si fonda sul rilievo che, successivamente all’ammissione dell’ A. al patrocinio a spese dello Stato, nei suoi confronti è divenuta definitiva una condanna per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sul valore aggiunto;

che il ricorrente, con un primo motivo di ricorso, lamenta violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 91, 99 e 112, dolendosi che sia stata applicata una disposizione di carattere eccezionale ad una fattispecie diversa da quella contemplata dalla disposizione stessa, atteso che l’ A. era imputato per il delitto di furto, pur se in passato aveva riportato condanne per reati commessi in violazione delle norme in materia di evasione dell’imposta sul valore aggiunto;

che, con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 citato e vizio di motivazione, sostenendo che erroneamente la Corte d’appello avrebbe riesaminato d’ufficio il precedente provvedimento di ammissione, che ha natura giurisdizionale;

che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., che è stata comunicata alle parti e al Pubblico Ministero;

che all’esito della adunanza camerale, la trattazione del ricorso è stata rinviata dalla Sezione Prima civile alla Sezione Seconda Civile per competenza interna;

che ravvisatesi nuovamente le condizioni per la trattazione in camera di consiglio, il relatore designato, nella relazione depositata il 2 agosto 2010 e comunicata alle parti e al Pubblico Ministero, ha formulato la seguente proposta di decisione:

(…) “Si osserva che l’orientamento largamente prevalente della giurisprudenza di questa Corte al momento della introduzione del presente ricorso per cassazione – formatosi sia nel vigore della L. 8 luglio 1980, n. 319 (Compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria) e della L. 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), che dopo l’entrata in vigore del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – era basato sulla natura secondaria e collaterale del procedimento di opposizione rispetto a quello principale nel quale è emesso il provvedimento di liquidazione, con la conseguenza che, se la liquidazione era effettuata dal Pubblico Ministero o dal giudice penale, l’opposizione doveva essere trattata in sede penale ed il ricorso per cassazione proposto nelle forme e secondo i termini del rito penale, mentre se la liquidazione era fatta dal giudice civile l’opposizione doveva essere proposta in sede civile e decisa con provvedimento suscettibile di ricorso per cassazione da proporre in base alle regole procedurali proprie del rito civile (Cass., sez. un. pen,, 26 maggio 1989-11 luglio 1989, Medea; Cass., sez. un. pen., 24 novembre 1999-6 dicembre 1999, Di Dona; Cass., sez. un. civ., 14 giugno 2000, n. 434; Cass., sez. 2^ civ., 25 maggio 2001, n. 7136;

Cass., Sez. 2^ civ., 26 novembre 2001, n. 14934; Cass., Sez. 1^ civ., 15 novembre 2003, n. 15377; Cass., Sez. 3^ civ., 28 febbraio 2008, n. 5301; Cass., sez. 4^ pen., 17 febbraio 2009-7 aprile 2009, Caminiti).

Successivamente alla proposizione della presente impugnazione, le Sezioni unite civili di questa Corte (sentenza 3 settembre 2009, n. 19161), chiamate a risolvere un contrasto di giurisprudenza in ordine alla qualificazione del vizio derivante dal mancato rispetto della sede civile della decisione dell’opposizione, hanno stabilito che qualora l’ordinanza che decide l’opposizione sia stata adottata da un giudice addetto al servizio penale, si configura una violazione delle regole di composizione dei collegi e di assegnazione degli affari, che non determina nè una questione di competenza nè una nullità, ma può giustificare esclusivamente conseguenze di natura amministrativa o disciplinare; ed hanno inoltre affermato, innovando il precedente orientamento, che (a) spetta sempre al giudice civile la competenza a decidere sulle opposizioni nei confronti dei provvedimenti di liquidazione dell’onorario del difensore del soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato (o di persone ammesse al programma di protezione), dei compensi agli ausiliari dei giudici e delle indennità ai custodi, anche quando emessi nel corso di un procedimento penale, e che (b) l’eventuale ricorso per cassazione avverso il provvedimento che decide sull’opposizione va proposto, nel rispetto dei termini e delle forme del codice di rito civile, dinanzi alle sezioni civili della Corte;

In relazione a fattispecie analoga, si è affermato il seguente principio di diritto: “Alla luce del principio costituzionale del giusto processo, va escluso che abbia rilevanza preclusiva l’errore della parte la quale abbia fatto ricorso per cassazione facendo affidamento su una consolidata, al tempo della proposizione dell’impugnazione, giurisprudenza di legittimità sulle norme regolatrici del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, e che la sua iniziativa possa essere dichiarata inammissibile o improcedibile in base a forme e termini il cui rispetto, non richiesto al momento del deposito dell’atto di impugnazione, discenda dall’ overruling; il mezzo tecnico per ovviare all’errore oggettivamente scusabile è dato dal rimedio della rimessione in termini, previsto dall’art. 184 bis cod. proc. civ. (ratione temporis applicabile), alla cui applicazione non osta la mancanza dell’istanza di parte, dato che, nella specie, la causa non imputabile è conosciuta dalla Corte di cassazione, che con la sua stessa giurisprudenza ha dato indicazioni sul rito da seguire, ex post rivelatesi non più attendibili” (Cass., ord. n. 14627 del 2010).

In base a tale principio, quindi la parte va, d’ufficio, rimessa in termini.

Il ricorso può quindi essere trattato in camera di consiglio perchè in detta sede venga disposta, con ordinanza interlocutoria, la rimessione in termini del ricorrente”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il proposto ricorso per cassazione ha ad oggetto un provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, emesso nell’ambito di un procedimento penale, e, per effetto di tale revoca, di diniego della liquidazione degli onorari al difensore dell’imputato ammesso al patrocinio;

che, ad avviso del Collegio, nella specie non viene in considerazione la competenza delle sezioni civili della Corte a giudicare sui ricorsi in tema di spese di giustizia;

che, in forza di quanto statuito da Cass., sez. un., 3 settembre 2009, n. 19161, detta competenza è stata infatti riconosciuta esclusivamente in ordine ai ricorsi che nascono dal procedimento di opposizione, ex art. 170 del citato testo unico, al decreto di liquidazione dei compensi ai custodi ed agli ausiliari del magistrato (oltre che ai decreti di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori nominati nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato), indipendentemente dalla circostanza che il decreto di liquidazione sia stato pronunciato in un giudizio penale;

che, nella impugnazione suindicata, invece, ciò di cui si discute è, non l’opposizione al decreto di liquidazione, bensì la legittimità del provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento penale;

che questa materia, ad avviso del Collegio, rientra nell’ambito delle competenze delle sezioni penali della Corte di Cassazione (cfr. Cass. pen., sez. 4^, 14 luglio 2010, n. 32057; Cass. pen., sez. 4^, 22 giugno 2010, n. 34668; Cass., sez. 4^, 29 aprile 2010, n. 20087).

P.Q.M.

La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione ad una sezione penale della Corte di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, a seguito di riconvocazione, il 20 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2011

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