Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1312 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 22/01/2021), n.1312

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27455-2016 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, Piazza Cavour

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI FIANNACCA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, SEDE CENTRALE (OMISSIS), AGENZIA DELLE ENTRATE

DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 4306/2015 della COMM. TRIB. REG. SICILIA SEZ.

DIST. di MESSINA, depositata il 13/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2020 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Commissione tributaria regionale (CTR) della Sicilia – sezione staccata di Messina – con sentenza n. 4306/02/15, depositata il 13 ottobre 2015, non notificata, accolse l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del sig. B.S. avverso la sentenza di primo grado resa tra le parti dalla Commissione tributaria provinciale di Messina, che aveva invece accolto il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento per IRPEF e addizionale regionale relativamente all’anno d’imposta 1998, col quale l’Amministrazione finanziaria aveva rettificato il reddito dichiarato dal contribuente riguardo a detta annualità, in ragione di plusvalenza non dichiarata conseguita ad atto di cessione di azienda registrato a Messina il 26 novembre 1998 al n. 204, avendo l’Amministrazione quantificato la plusvalenza in ragione del valore venale dell’azienda, rapportato all’accertamento relativo all’imposta di registro (Lire 137.741.000 in luogo del prezzo dichiarato di cessione di Lire 40.000.000).

Avverso detta sentenza il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

In pendenza del giudizio è intervenuto atto di annullamento parziale in autotutela dell’avviso di accertamento oggetto dell’originaria impugnazione da parte del contribuente nel giudizio ora pendente dinanzi a questa Corte, ragione per la quale l’Agenzia delle Entrate ha chiesto pronunciarsi la parziale cessazione della materia del contendere nei limiti della concessa autotutela, insistendo nel resto per la conferma del minor importo rideterminato per effetto del suddetto provvedimento.

Con memoria trasmessa via PEC alla Cancelleria della Corte, il ricorrente ha dichiarato di rinunciare al ricorso in ragione dell’intervenuto provvedimento in autotutela da parte dell’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Messina, aderendo alla rideterminazione delle somme ancora dovute riguardo alla rideterminazione della plusvalenza, non indicata nella dichiarazione dei redditi dell’anno di riferimento, secondo il prezzo dichiarato nel rogito di cessione di azienda.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Avendo l’Agenzia delle Entrate, con il provvedimento in autotutela di annullamento parziale dell’avviso di accertamento impugnato dal contribuente, sostanzialmente riconosciuto la fondatezza del quinto motivo di ricorso del contribuente avverso la sentenza a lui sfavorevole della CTR della Sicilia – sezione staccata di Messina, col quale il contribuente aveva richiesto riconoscersi l’applicabilità, nel presente giudizio, del D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3, – di cui la giurisprudenza di questa Corte ha affermato la natura d’interpretazione autentica – che esclude, per quanto qui rileva, che l’Amministrazione finanziaria possa procedere ad accertare in via induttiva, al fine delle imposte sui redditi, la plusvalenza realizzata, anche per la cessione di un’azienda, solo sulla base del valore definito ai fini dell’imposta di registro, ed avendo a sua volta il ricorrente, con la dichiarazione di rinuncia al ricorso, espressamente prestato adesione alla rideterminazione della plusvalenza, di cui era stata omessa la dichiarazione nell’anno di riferimento, in base al prezzo dichiarato nell’atto di cessione in Lire 40.000.000, con il conseguente ricalcolo delle imposte dovute, sanzioni ed interessi secondo il succitato provvedimento in autotutela prot. (OMISSIS) della Direzione provinciale di Messina dell’Agenzia delle Entrate, è venuto meno l’interesse del ricorrente, così come dell’Amministrazione, all’esame dei restanti motivi di ricorso.

2. In difetto di notifica della rinuncia al ricorso all’Amministrazione controricorrente, può dunque dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse, alla stregua di quanto sopra osservato, sopravvenuta in pendenza del giudizio di legittimità per effetto dell’annullamento parziale in autotutela dell’atto impositivo da parte dell’Agenzia delle Entrate, ed adesione espressa del contribuente alla rideterminazione del minore importo per imposte, sanzioni ed interessi giusta il citato provvedimento in autotutela.

3. L’esito del giudizio nei termini sopra indicati giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

4. Deve, infine, ribadirsi, che in tema di impugnazioni, la ratio del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicchè tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame (nella specie, ricorso per cassazione) ma non per quella sopravvenuta, nella specie, per sopravvenuto difetto di interesse (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-2, ord. 2 luglio 2015, n. 13636; Cass. sez. 3, 10 febbraio 2017, n. 3542; Cass. sez. 5, ord. 7 dicembre 2018, n. 31732).

P.Q.M.

Dichiara l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto d’interesse.

Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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