Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1312 del 19/01/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1312 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IANNELLO EMILIO

11 ?- z 4,
SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 9073/2013 R.G. proposto da
Prevosti Giovanni Battista, rappresentato e difeso dall’Avv. Cataldo
D’Andria, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Regina
Margherita, 262-264;

ricorrente

contro
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale
dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12
presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– controricorrente e contro

Data pubblicazione: 19/01/2018

Equitalia Nord S.p.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Luciana Clerici e
dall’Avv. Laura Cella Bandirola, con domicilio eletto in Roma, via Rodolfo
Lanciani, n. 7, presso lo studio dell’Avv. Monica De Pascali;

controricorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
se-r -re-figg-E

Lombardia, n. 146/36/12 depositata il 27 raar-zD 2012.

Consigliere Emilio Iannello;
udito l’Avv. Cataldo D’Andria per il ricorrente;
udito l’Avvocato dello Stato Emma Damiani;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Immacolata Zeno, che ha concluso chiedendo il rigetto.
FATTI DI CAUSA
1. Giovanni Battista Prevosti impugnava avanti la C.T.P. di Varese la
cartella esattoriale n. 117 2009 004789844 con la quale Equitalia Esatri
S.p.A. (ora Equitalia Nord S.p.A.), con riferimento ad anteriori iscrizioni a
ruolo, impugnate con ricorso avanti la stessa C.T.P., recuperava gli
importi dovuti a titolo di interessi e compensi di riscossione (per un
totale di C 64.718,93) per il periodo (novembre 2007 – settembre 2008)
di sospensione cautelare della esecutività disposta provvisoriamente
dall’adita C.T.P. che, successivamente, aveva rigettato il ricorso.
La Commissione tributaria provinciale accoglieva parzialmente il
ricorso, ritenendo fondato il motivo concernente l’illegittimità
dell’applicazione dei compensi di riscossione.
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Commissione tributaria
regionale della Lombardia rigettava l’appello principale del contribuente
e accoglieva quello incidentale proposto da Equitalia Nord S.p.A.,
ritenendo legittimo il recupero sia degli interessi decorsi durante il
periodo di sospensione, sia dei compensi di riscossione.
2.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il

contribuente sulla base di due motivi, cui è anteposta la prospettazione
di questione di legittimità costituzionale.

2

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 ottobre 2017 dal

Resistono l’Agenzia delle entrate ed Equitalia Nord S.p.A.
depositando controricorsi.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente propone, in via pregiudiziale, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 17, comma 3, d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, nel

lett. a), d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre
2006, n. 286,

per violazione degli artt. 3, 25, 53 e 97 Cost.; dubbio

prospettato perché la nuova norma, onerando il contribuente sempre e
comunque dell’onere di corrispondere l’aggio esattoriale, sia in caso di
pagamento tempestivo che di pagamento tardivo, in quest’ultimo caso in
misura integrale (così innovando rispetto alla precedente formulazione
che poneva l’aggio a carico del debitore soltanto in caso di mancato
pagamento entro la scadenza della cartella di pagamento e solo in
misura percentuale), introdurrebbe una misura sostanzialmente
sanzionatoria o, comunque, una vera e propria nuova tassa con effetti
retroattivi, in violazione dell’art. 25 Cost. oltre che dei principi di
ragionevolezza e di uguaglianza ex art. 3 Cost., di capacità contributiva
ex art. 53 Cost., di buon andamento della pubblica amministrazione ex
art. 97 Cost. (di quest’ultimo in quanto la norma prevede la
corresponsione di un aggio pari al 4,65% a fronte della mera notifica
della cartella di pagamento e in assenza di qualsiasi ulteriore attività).
2.

Il primo motivo di ricorso ruota poi attorno alla medesima

questione denunciandosi con esso violazione e falsa applicazione dell’art.
17, comma 3, d.lgs. n. 112 del 1999, ove costituzionalmente
interpretato nel senso di ritenere addebitabile l’aggio esattoriale al
debitore solo in caso di inadempimento, nella specie non configurabile.
3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce poi violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 47 d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione alla ritenuta
legittimità del recupero degli interessi maturati durante il periodo di
sospensione cautelare.

3

testo vigente ratione temporis, come modificato dall’art. 2, comma 3,

Sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dai giudici a quibus,
in conseguenza della sentenza di rigetto del ricorso introduttivo e a far
data dalla sua pubblicazione, l’ordinanza di sospensione cessa dì
produrre effetti ex nunc e non ex tunc, in linea con la natura e la
funzione del procedimento cautelare.
4.

La prospettata questione di costituzionalità è manifestamente

motivo.
Come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, la natura
retributiva e non tributaria dell’aggio, né tantomeno sanzionatoria,
esclude la pertinenza del parametro della capacità contributiva nonché
degli altri invocati dalla parte e lascia alla discrezionalità del legislatore la
fissazione dei criteri di quantificazione del compenso, non essendo
irragionevole che una parte del compenso dell’organizzazione esattoriale
sia comunque posta a carico del contribuente il quale pure abbia
osservato il termine di pagamento della cartella (Cass. 28/02/2017, n.
5154).
Non può dubitarsi poi che la disciplina applicabile ratione temporis
vada individuata con riferimento non già all’anno cui si riferiscono i
tributi recuperati e le relative sanzioni, quanto a quello in cui ha inizio
l’azione di riscossione, alla cui remunerazione sono finalizzati i compensi
di che trattasi.
5. È infondato anche il secondo motivo.
A norma dell’art. 47, comma 7, d.lgs. n. 546 del 1992 «gli effetti
della sospensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza di
primo grado».
La tesi del ricorrente secondo cui tale cessazione di efficacia non può
comunque comportare il recupero degli interessi decorsi durante il
periodo di sospensione muove dall’implicito assunto che tale sospensione
abbia comunque di per sé determinato la sterilizzazione della pretesa,
con riferimento ai suoi accessori, e ciò indipendentemente dal successivo
esito del giudizio di merito e dunque da ogni definitiva valutazione sulla

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infondata e va disattesa, discendendone il rigetto anche del primo

fondatezza della stessa.
Tale premessa è priva di fondamento e risulta ascrivibile ad una
lettura erronea della finalità e, conseguentemente, degli effetti della
sospensione cautelare di cui alla citata norma.
Questa infatti, per la funzione cautelare e non decisoria che le è
propria, non incide sull’efficacia del provvedimento impugnato, il quale

esclusivamente sulla esecutività della stessa, con la sola conseguenza
che, se e fin quando permane il provvedimento di sospensione, non
potrà procedersi alla riscossione coattiva né dei tributi né degli interessi
relativi, ma non anche che la dovutezza nel merito di questi ultimi debba
ritenersi definitivamente esclusa sia pure per il solo intervallo temporale
della sospensione.
È per questo che può affermarsi, secondo comune definizione, che la
cessazione degli effetti della sospensione in conseguenza della sentenza
di primo grado reiettiva del ricorso determina la «caducazione» o il
«travolgimento» degli effetti medesimi, comportando essa la possibilità
di procedere a riscossione coattiva per l’intero credito dei relativi
accessori accertati nel merito in sentenza.
In tal senso questa Corte ha già affermato che qualora il ricorso del
contribuente sia accolto solo parzialmente e la sentenza di merito
confermi la legittimità del titolo impugnato, l’intervenuta sospensione
giudiziale della riscossione di cartelle di pagamento non determina la
necessità di una nuova iscrizione a ruolo per gli interessi intanto
maturati sull’importo dell’imposta dovuta, fondandosi tale pretesa sul
principio generale di cui all’art. 1282, primo comma, cod. civ. secondo
cui i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di
pieno diritto in misura del tasso legale, salvo che la legge o il titolo
dispongano diversamente (Cass. 11/07/2014, n. 15970).
Nella medesima prospettiva va evidentemente letto anche il principio
costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte secondo
cui «in tema di contenzioso tributario, non vìola il diritto di difesa del

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conserva nelle more del giudizio i suoi effetti e la sua validità, ma

contribuente il giudice che, senza ritardo, decida il merito della causa
senza pronunciarsi sull’istanza di sospensione dell’atto impugnato; gli
effetti della sospensione cessano infatti alla data di pubblicazione della
sentenza di primo grado, sicché non è ipotizzabile alcun pregiudizio per
la mancata decisione sull’istanza cautelare che, pur se favorevole,
sarebbe comunque stata travolta dalla decisione di merito» (Cass.

È appena il caso di chiosare che tale irrilevanza della mancata
decisione su un’istanza di sospensione cautelare non sarebbe
ovviamente predicabile ove si accedesse alla tesi del ricorrente circa gli
effetti sia pur limitati ma duraturi del provvedimento di sospensione,
senza dire dei dubbi di illegittimità costituzionale cui si esporrebbe in tal
caso la relativa disciplina nella parte in cui prevede (comma 4) la non
impugnabilità dell’ordinanza.
Non può condurre a diversa conclusione l’introduzione nell’art. 47
d.lgs. n. 546 del 1992, ad opera dall’art. 9, comma 1, lett. r), num. 4),
d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156 (Misure per la revisione della disciplina

degli interpelli e del contenzioso tributario), di un comma 8-bis a mente
del quale «durante il periodo di sospensione cautelare si applicano gli

interessi al tasso previsto per la sospensione amministrativa».
Tale novella, oltre a non essere applicabile alla fattispecie ratione

temporis (la stessa infatti trova applicazione a decorrere dal 1 gennaio
2016, ai sensi di quanto disposto dall’art. 12, comma 1, del medesimo
decreto legislativo), non può nemmeno costituire argomento per una
ricostruzione della disciplina previgente nei sensi proposti dal ricorrente.
L’innovazione introdotta da tale disposizione non consiste infatti
nell’aver essa previsto l’applicazione, durante il periodo di sospensione
cautelare, di interessi che prima, in mancanza di espressa previsione,
andavano esclusi, ma solo nell’aver parificato — per evidenti esigenze di
razionalità e parità di trattamento — il tasso di interesse applicabile nel
detto periodo a quello che sarebbe stato da applicare laddove, anziché di
sospensione giudiziale, si fosse trattato di sospensione amministrativa,

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30/10/2013, n. 24448; Cass. 09/04/2010, n. 8510).

ossia disposta, ai sensi dell’art. 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
6. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle

entrambe, in euro 3.800 per compensi, oltre alle spese prenotate a
debito in favore dell’Agenzia delle entrate e oltre alle spese forfettarie
nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge in favore di
Equitalia Nord S.p.A..
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso il 26/10/2017

controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità liquidate, per

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