Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13119 del 28/05/2010

Cassazione civile sez. II, 28/05/2010, (ud. 07/04/2010, dep. 28/05/2010), n.13119

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Ennio – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

DUE COLLI SRL, in persona del legale rappresentante Presidente C.

A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI RIZZO 36,

presso lo studio dell’avvocato CARRIERI CARLO, rappresentata e difesa

dall’avvocato COLLI FRANCO;

– ricorrente –

contro

B.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato

ANTONINI MARIO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUGGIOLI

GIULIANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1954/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 02/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2010 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 17.5.99 la Due Colli srl citava B. S. (cementista – decoratore) avanti al tribunale di Vigevano e, premesso che quest’ultimo aveva fornito svariati materiali in cemento, lamentava il parziale inadempimento contrattuale del convenuto a causa di una fornitura di materiali difettosi, per cui chiedeva la condanna di quest’ultimo alla restituzione della somma di L. 6.6000.000 oltre IVA, indebitamente corrisposta per la merce contestata e non accettata, oltre al risarcimento del danno. Si costituiva il convenuto eccependo preliminarmente la prescrizione ovvero la decadenza dell’azione proposta per intempestività della denuncia, chiedendo nel merito il rigetto della domanda. L’adito tribunale, accogliendo la domanda stessa, condannava il B. al pagamento della somma di Euro 3.408,62 oltre IVA ed interessi, per le somme percepite per il materiale difettoso oltre Euro 1000,00 a titolo di danni liquidati in via equitativa.

Proponeva appello avverso tale sentenza il B., insistendo sulle precedenti ragioni e deduzioni; l’adita Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 1954 del 2004, in accoglimento dell’impugnazione, rigettava le domande proposte dalla srl Due Colli, che condannava al pagamento delle spese processuali. Il giudice a quo, in accoglimento del 2 motivo dell’impugnazione, riteneva la domanda infondata nel merito, in quanto il materiale fatturato e pagato non riguardava le 24 colonnine che erano state contestate e restituite, ma soltanto la “balaustra in cemento senza colonnine” di cui alla prodotta fattura; aggiungeva inoltre che la parte non aveva provato che la merce suddetta fosse affetta da vizi (di cui non era stata precisata nè la natura, nè la tipologia) per cui non era stato provato l’inadempimento del B..

Ricorre per cassazione avverso tale decisione la Due Colli sulla base di un unico motivo; resiste con controricorso il B..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Occorre in via preliminare affermare che appare priva di fondamento l’eccezione – sollevata dal controricorrente – d’inammissibilità del ricorso in quanto la procura alle liti non sarebbe stata conferita con specifico riferimento alla fase di legittimità, atteso che nel mandato a margine del ricorso stesso sono contenute espressioni che si riferiscono solo al giudizio di merito.

L’eccezione è infondata. La S.C. ha più volte statuito che “Il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione, essendo per sua natura speciale, non richiede ai fini della sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso, sicchè risultano irrilevanti sia la mancanza di uno specifico richiamo ai giudizio di legittimità sia il fatto che la formula adottata faccia cenno a poteri e facoltà solitamente rapportabili a giudizio di merito.” (Cass. n. 26504 del 17/12/2009; Cass. n. 10539/2007).

Passando all’esame del ricorso, con l’unico motivo l’esponente denuncia l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione, assumendo che la Corte d’Appello ha deciso in base all’errato presupposto che l’importo richiesto di L. 6.600.000 di cui alla fattura del B., si riferisse al materiale non contestato dalla Due Colli. Invero la Corte ha confuso le “colonnette” contestate dalla Due Colli facenti parte integrante della balaustra, con le “colonnine” di cui alla fattura che invece riguarderebbero un altro ordine e dunque non il materiale contestato, reso e ciononostante pagato da essa ricorrente. In realtà le colonnette contestate e rese sarebbero proprio quelle costituenti la balaustra, per cui il giudice avrebbe “confuso i termini colonnine e colonnette”, “molto simili ma riferibili a materiali ben diversi”.

La doglianza è infondata sotto molteplici aspetti. Intanto la supposta confusione del giudice d’appello, tra “colonnine” e “colonnette” sembra configurare non tanto un (imprecisato) vizio motivazionale quanto piuttosto un vizio revocatorio, come tale non denunciabili nel giudizio di cassazione (Cass. n. 2463 del 01/02/2008). in realtà il giudice a quo ha espresso in proposito in modo chiaro il proprio pensiero, con motivazione condivisibile, immune di vizi logici e giuridici, peraltro neppure individuati nella censura in esame. Ha infatti precisato che la somma richiesta non era riferibile alle “colonnette” non accettate, come era chiaramente ricavabile dal tenore stesso della fattura “in cui il materiale di cui si chiede il pagamento è indicato in “ml. 5 davanzali in cemento e ml. 22 balaustra in cemento senza colonnine”.

D’altra parte, la contraria tesi dell’esponente non è supportata da una precisa e dettagliata esposizione dei fatti di causa nonchè dall’indicazione dei documenti e degli atti processuali posti a base del ricorso, che dunque, sotto tale profilo, appare non conforme ai criterio dell’autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c.. La S.C. ha più volte precisato al riguardo che, ” ai fini della sussistenza del requisito della “esposizione sommaria dei fatti di causa”, prescritto, a pena di inammissibilità, per il ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate Cass. n. 15808 del 12/06/2008).

Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato, le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 700,00 di cui Euro 500,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2010

 

 

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