Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13114 del 28/05/2010

Cassazione civile sez. II, 28/05/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 28/05/2010), n.13114

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2341-2009 proposto da:

R.A.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA FABIO MASSIMO 72, presso lo studio dell’avvocato PICCOLO

ANTONIO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.M.T. (OMISSIS), M.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PANAMA

110, presso lo studio dell’avvocato MERLA GIOVANNI, che li

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4549/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2010 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito l’Avvocato PICCOLO Antonio, difensore della ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MERLA Giovanni, difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 53/07 il Tribunale di Velletri, in accoglimento del domanda proposta dalla promittente venditrice R.A.M. dichiarava rescisso per lesione ultra dimidium il contratto preliminare di vendita immobiliare dalla medesima stipulato in data (OMISSIS) con i promissari acquirenti M.M. e P. M.T.; 2) condannava questi ultimi a restituire l’appartamento oggetto del preliminare entro e non oltre il 15.2.2007; 3) ed a corrispondere alla R., previa compensazione con la somma da questa ricevuta in forza di detto contratto, la somma di Euro 93.683,00 dovuta a titolo di equo indennizzo per l’occupazione dell’immobile dal (OMISSIS); 4) rigettava la domanda riconvenzionale ex art. 2932 cod. civ. proposta dai convenuti.

Con sentenza dep. il 6 novembre 2008 la Corte di appello di Roma, in riforma della decisione impugnata dai convenuti, respingeva la domanda di rescissione proposta dall’attrice ed accoglieva quella riconvenzionale dai medesimi avanzata trasferendo, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., la proprietà dell’immobile promesso in vendita.

Secondo i giudici di appello erroneamente il Tribunale, nell’accogliere la domanda di rescissione, aveva ritenuto la lesione ultradimidium lamentata dall’attrice in relazione al prezzo pattuito di L. 310.000.000. In particolare, la Corte di appello non condivideva il convincimento del primo giudice che aveva considerato ingiustificato il coefficiente di deprezzamento dell’immobile per la mancanza di un garage o di un posto macchina alla stregua della clausola contrattuale che ne prevedeva la realizzazione, sul rilievo che doveva escludersi l’incremento di valore calcolato per la presenza della richiamata clausola in quanto non era stata fornita prova della fattibilità amministrativa e tecnica relativa alla realizzazione del garage; veniva escluso, altresì, l’aumento di valore stimato in considerazione della attribuzione a favore degli acquirenti del diritto di prelazione del diritto di sopraelevare sull’area sovrastante l’ultimo piano ove la R. avesse inteso alienarla a terzi, posto che non risultava da nessuna parte del contratto che le parti avessero inteso riservare alla venditrice la proprietà esclusiva del lastrico solare che è di proprietà comune ai sensi dell’artt. 117 cod. civ. e il diritto di sopraelevare spetta ai proprietari dell’ultimo piano (nella specie gli acquirenti);

inoltre, era risultato che il costo dei lavori di costruzione era stato determinato negli anni 1989-1991 in L. 213.00.000 da cui andava detratto l’importo per difetti costruttivi, per cui non era ipotizzabile una lievitazione dei prezzi nell’arco temporale considerato in misura superiore al triplo; d’altra parte, la R. aveva messo in vendita l’intero fabbricato per L. 600.000.000 e l’appartamento in oggetto per L. 360-370.00.000. In realtà, la stima compiuta dal consulente tecnico d’ufficio con metodo sintetico e priva di idonea documentazione, doveva ritenersi superiore al reale valore dell’immobile. Peraltro, era escluso che l’attrice versasse in uno stato di grave difficoltà economica posto che, mentre la documentazione al riguardo prodotta risaliva al 1994 e al 1996, la medesima era risultata titolare di conti correnti e libretti di risparmio ed in grado di pagare le rate di mutuo ed inoltre percepiva un canone di locazione mensile di L. 3.000.000. Infine, dal complessivo esame delle deposizioni escusse andava escluso che fosse emersa, al momento del conclusione del preliminare, la consapevolezza da parte degli acquirenti dello stato di bisogno dell’attrice.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la R. sulla base di sei motivi.

Resistono con controricorso gli intimati.

Le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va dichiarata inammissibile la produzione depositata dalla ricorrente il 12 e il 23 febbraio 2010 ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ. che non consente il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo che non riguardano la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso o del controricorso.

Con il primo motivo la ricorrente, lamentando omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza gravata che, nel riformare la decisione di primo grado laddove aveva ritenuto ingiustificato il coefficiente di deprezzamento determinato dal consulente tecnico d’ufficio per la mancanza di garage o posto macchina, aveva escluso la fattibilità amministrativa e tecnica della realizzazione di un’autorimessa e ciò in contrasto con quanto era emerso dalla documentazione prodotta e dagli accertamenti compiuti dallo stesso consulente tecnico d’ufficio. Il reale prezzo di mercato, stimato dal consulente in L. 608.000.000, avrebbe avuto un incremento di oltre 30.000.000 così da configurare la lamentata lesione ultra dimidium.

Il motivo è fondato.

La sentenza ha ritenuto ingiustificato l’incremento di valore dell’immobile in oggetto derivante dalla clausola contrattuale che prevedeva la possibilità per il promissario acquirente di realizzare un garage o un posto macchina, così accogliendo le conclusioni del consulente.

Deve ritenersi sussistente il vizio di motivazione che è configurabile, ex art. 360 c.p.c., n. 5, quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, atteso che senza chiarire le ragioni del proprio convincimento attraverso un’analisi critica di quanto emerso dalla stessa consulenza, i Giudici si sono limitati alla apodittica affermazione che mancava ogni prova della effettiva possibilità amministrativa e tecnica della fattibilità di un’autorimessa sotterranea, così riformando la decisione di primo grado che aveva invece ritenuto ingiustificato il deprezzamento calcolato dal consulente. La Corte non ha esaminato e valutato le circostanze pure riferite dal consulente tecnico il quale, malgrado avesse applicato un coefficiente di deprezzamento del 5% per la mancanza del posto auto, aveva comunque riferito che, per quel che concerneva la possibilità amministrativa, era stata rilasciata concessione per la realizzazione di un garage seminterrato, mentre per quanto riguardava la fattibilità tecnica, era risultato che la superficie era solo in parte utilizzabile per la realizzazione di un box auto: quanto meno, avrebbe dovuto indicare la ragioni per le quali non avrebbero potuto assumere rilievo gli elementi emersi dall’indagine del consulente.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza laddove aveva negato l’incremento di valore dell’immobile conseguente al diritto di prelazione attribuito agli acquirenti in caso di vendita da parte della R. della proprietà del lastrico solare:

in tal modo aveva interpretato tale clausola, con cui le parti avevano inteso riservare alla venditrice proprietà del lastrico solare in violazione dell’art. 1362 cod. civ. alla stregua del chiaro tenore letterale, facendo erronea applicazione dell’art. 1117 cod. civ. che attribuisce la proprietà comune dei beni ivi elencati, salvo riserva a favore dell’originario unico proprietario all’atto della costituzione del condominio. Il motivo è fondato.

Preliminarmente va rilevato che l’intitolazione del motivo, eventualmente erronea, non potrebbe determinarne l’inammissibilità tenuto conto che, ai fini di stabilire l’oggetto della censura e se la stessa rientri nel paradigma dell’art. 360 cod. proc. civ., occorre fare riferimento alla complessiva esposizione del mezzo in modo da verificare il contenuto della doglianza che la parte ricorrente ha inteso formulare: nella specie, il motivo censura la violazione degli artt. 1117 e 1362 cod. civ. in relazione al contenuto della clausola contrattuale de qua.

La sentenza, nel ritenere priva di rilievo la pattuizione che prevedeva a favore degli acquirenti il diritto di prelazione sull’area sovrastante il lastrico solare per non essere stata prevista nel contratto di acquisto la riserva dello stesso a favore della venditrice, non ha verificato se il titolo contrario alla presunzione di comproprietà di cui all’art. 1117 cod. civ. non potesse ricavarsi proprio dall’interpretazione logica di tale clausola: al riguardo, sarebbe stato necessario accertare se l’attribuzione agli acquirenti del diritto di prelazione per l’acquisto dell’area sovrastante l’ultimo piano, ove la R. avesse inteso venderla a terzi, non postulasse logicamente che la predetta R., proprietaria dell’intero immobile, si fosse riservata il diritto di proprietà sul lastrico solare; in sostanza, avrebbe dovuto verificare se, proprio in considerazione del significato logico attribuibile alle pattuizioni contenute nell’atto di acquisto, la volontà delle parti fosse necessariamente da interpretare nel senso che le stesse avessero in tal modo inteso escludere, ai sensi dell’art. 1117 cod. civ., la comproprietà del lastrico solare (la presunzione legale di comunione delle cose ivi elencate opera salvo il titolo contrario); l’indagine, peraltro, rendeva necessario verificare se la clausola di riserva della proprietà del lastrico solare a favore della R. fosse inserita in quello che era da considerarsi il primo atto di vendita delle unità immobiliari del fabbricato dell’attrice e che, come tale, era da considerarsi l’atto costitutivo del condominio, dovendo ricordarsi che in caso di frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento, dall’originario unico proprietario ad altri soggetti, di alcune unità immobiliari, si determina una situazione di condominio per la quale vige la presunzione legale di comunione “pro indiviso” di cui all’art. 1117 cod. civ..

Con il terzo motivo la ricorrente, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza laddove, nel determinare le spese sostenute per l’esecuzione dei lavori di ripristino, non aveva tenuto conto di quanto al riguardo il consulente tecnico aveva accertato, avendo verificato lo stato di manutenzione dell’appartamento in relazione alla qualità dei materiali adoperati con riferimento ai lavori effettuati prima delle migliorie apportate dai convenuti.

Il motivo è fondato.

La sentenza ha genericamente affermato che la R. non aveva provato alcunchè in relazione alle spese sostenute per l’esecuzione di lavori di ripristino senza prendere in esame e valutare quanto constatato al riguardo dal consulente tecnico che pure aveva fatto riferimento a lavori effettuati dalla R. prima delle opere di miglioria eseguite dai convenuti: il che avrebbe dovuto portare i giudici ad analizzare se potesse tenersi conto essere del coefficiente di apprezzamento del 5% stimato in proposito dal consulente.

Con il quarto motivo la ricorrente, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza laddove, nel negare lo stato di bisogno in cui versava la R., aveva fatto riferimento alla disponibilità di somme di denaro che invece era da escludersi alla stregua delle risultanze processuali, posto che le uniche somme liquide erano state oggetto di pignoramento, così come pignorata era stata la somma relativa al canone di locazione di L. 3.000.000 al mese al quale i giudici avevano fatto riferimento.

La censura è fondata.

La sentenza, nell’escludere lo stato di bisogno, ha fra l’altro fatto riferimento in modo apodittico alla disponibilità da parte dell’attrice – le cui difficoltà economiche erano pure menzionate – di somme liquide su conti correnti e libretti bancari, non meglio individuati nè ha precisato la consistenza di tali fondi, mentre nessuna verifica in ordine all’avvenuto pignoramento del canone mensile è stata compiuta.

Con il quinto motivo la ricorrente, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza che, nell’escludere la consapevolezza negli acquirenti dello stato di bisogno dell’attrice, non aveva in alcun modo esaminato le deposizioni al riguardo rese dai testi V. e I..

Il motivo è fondato.

La sentenza ha analizzato criticamente unicamente le deposizioni rese dai testi M., S., G. e C., osservando che le circostanze riferite dai primi due testimoni – i quali avevano riferito dei colloqui intercorsi fra le parti in cui l’attrice aveva dichiarato di essere costretta a vendere perchè versava in gravi difficoltà con le banche – erano state smentite dal G. e dal C., mentre, d’altra parte, secondo quanto riportato dal M., il colloquio intercorso con il Santoni sarebbe avvenuto dopo la conclusione del preliminare.

Orbene, i Giudici non hanno minimamente esaminato le deposizioni dei testi V. e I., di cui non si fa alcun cenno in sentenza, pur essendo state dai medesimi riferite circostanze che avrebbero potuto rivestire carattere decisivo, e ciò tanto più se si considera che la sentenza ha ritenuto non provato lo stato di bisogno in considerazione dell’incertezza degli elementi probatori acquisiti derivante dal contrasto emerso fra le deposizioni escusse:

al riguardo va sottolineato che qualora il ricorrente in sede di legittimità denunci l’omessa valutazione di un documento ovvero di una prova testimoniale, il vizio di motivazione può ritenersi sussistente nel caso di totale obliterazione del documento o di elementi deducibili dal documento, oppure dalla deposizione, che si palesino idonei a condurre – secondo una valutazione che la Corte di cassazione esprime sul piano astratto e in base a criteri di verosimiglianza – ad una decisione diversa da quella adottata dal giudice di merito (Cass. 4405/2006; 3920/2007).

Con il sesto motivo la ricorrente, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza impugnata laddove aveva affermato che la stima dell’immobile venduto, operata dal consulente tecnico d’ufficio, non era corredata da idonea documentazione, quando invece l’ausiliare aveva verificato presso le principali agenzie immobiliari di Nettuno i prezzi di vendita di immobili simili o assimilabili, tenendo conto della distanza dal centro e della dotazione di servizi.

Il motivo è fondato.

La sentenza ha ritenuto che la stima operata dal consulente, non corredata da idonea documentazione, fosse superiore al reale valore dell’immobile: il convincimento con cui i Giudici hanno disatteso le conclusioni dell’ausiliare è privo di alcuna argomentazione che consenta di comprendere le ragioni per le quali non è stata condivisa la valutazione dal medesimo effettuata, posto che non sono state criticamente analizzate le modalità e la documentazione in base alle quali è stata compiuta da parte dell’ausiliare la verifica del valore di mercato dell’immobile de quo. La sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese della presente fase, al ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia,anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2010

 

 

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