Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13114 del 15/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 15/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 15/06/2011), n.13114

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11726/2010 proposto da:

S.A. rappresentato e difeso da FALBO Maria, c/o

cancelleria della Corte Suprema di Cassazione – Roma;

– ricorrenti –

e contro

PREFETTURA MESSINA;

– intimati –

avverso il decreto del GIUDICE DI PACE di MESSINA, depositata il

26/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/04/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p. 1. La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: “1.- S.A. ha proposto ricorso per cassazione – affidato a tre motivi – contro il decreto del Giudice di pace di Messina depositato in data 26.2.2010 con il quale è stata respinta la sua opposizione avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Messina in quanto entrato nel territorio dello Stato, dichiaratamente da due anni, sottraendosi ai controlli di frontiera.

2.- La Prefettura intimata non ha svolto difese.

3.- I motivi di ricorso appaiono manifestamente infondati per avere il giudice del merito correttamente applicato la giurisprudenza di legittimità e non essendo stati prospettati argomenti tali da indurre ad un mutamento di essa.

3.1.- La denunciata violazione della L. n. 40 del 1998, art. 11, comma 7, non sussiste perchè secondo la costante giurisprudenza della S.C., in tema di traduzione della copia del decreto di espulsione nella lingua conosciuta dall’interessato, a norma del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7, l’esplicita attestazione, contenuta nel medesimo decreto, che lo straniero comprende e parla la lingua italiana si riferisce a due fatti certamente percepiti dal pubblico ufficiale e quindi avvenuti in sua presenza, per cui l’attestazione fa fede fino a querela di falso (Sez. 1, Sentenza n. 23211 del 16/11/2005).

La motivazione in fatto – come tale incensurabile in sede di legittimità – con la quale il giudice del merito ha giustificato la decisione, quanto all’accertamento della concreta comprensione del decreto, non risulta impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

3.2- Il secondo motivo (violazione della CEDU) è inammissibile perchè relativo alla convalida, come già evidenziato dal giudice di pace.

3.3.- Il terzo motivo (violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. a e comma 3, vizio di motivazione) è manifestamente infondato perchè il ricorrente neppure invoca una delle fattispecie previste dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 (deduce soltanto che abita vicino ad una nipotina e al fratello) e, inoltre, il provvedimento impugnato è conforme al principio per il quale in tema di opposizione al decreto di espulsione amministrativa dello straniero, al fine di verificare la decorrenza del termine per la richiesta del titolo di soggiorno, di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 2 e art. 13, comma 2, lett. b), (“in parte qua” non modificato dalla L. 30 luglio 2002, n. 189), incombe sullo straniero, colto in Italia senza il permesso di soggiorno, l’onere di provare la data di ingresso nel territorio nazionale, la cui certificazione si ottiene, ai sensi del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, art. 7, comma 2, con previsione inderogabile, mediante l’apposizione sul passaporto del timbro di ingresso, specificativo della data, che il personale addetto ai varchi di frontiera è obbligato ad apporre a richiesta, al fine di consentire a chi entri legalmente nel territorio dello Stato (munito di passaporto e visto di ingresso) l’accertamento pubblico della data di tale ingresso (Sez. 1, Sentenza n. 25360 del 29/11/2006).

4. – Sussistono, pertanto, i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio”.

p. 2. – Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono al rigetto del ricorso.

Nulla va disposto in ordine alle spese per mancanza di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2011

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