Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13113 del 24/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/05/2017, (ud. 09/02/2017, dep.24/05/2017),  n. 13113

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6143/2016 proposto da:

C.G., G.D., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dagli avvocati CESARE GASBARRI, ANDREA GASBARRI;

– ricorrenti –

contro

FEBRA SNC, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato SEVERO BRUNO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7105/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 09/02/2017 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

G.D. e C.G. propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 7105/2015, depositata in cancelleria il 22.12.2015 dalla Corte d’Appello di Roma, notificata il 20.1.2016 e regolarmente depositata in copia notificata, nei confronti di Febra s.n.c..

Resiste la Febra con controricorso.

Con la sentenza impugnata, la corte d’appello, sovvertendo l’esito del giudizio di primo grado, rigettava la domanda dei due ricorrenti volta ad ottenere la cessazione dell’attività di immissione di fumi e rumori provenienti dalla cava gestita dalla Febra, e la domanda di risarcimento del danno.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., su proposta del relatore, in quanto ritenuto inammissibile.

Il Collegio, all’esito della Camera di consiglio, preso atto delle argomentazioni contenute nella memoria dei ricorrenti, ritiene di condividere la soluzione proposta dal relatore.

Tanto perchè il ricorso solo apparentemente denuncia una violazione di legge: esso non contiene in effetti una segnalazione degli errori di diritto in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, ma piuttosto contesta sotto vari profili l’accertamento in fatto sul quale si fonda la negazione della responsabilità a carico della società proprietaria della cava, attraverso una valorizzazione di alcune risultanze istruttorie, in particolare di passi della c.t.p., non adeguatamente considerati, nella ricostruzione dei ricorrenti, dalla c.t.u..

In tal modo, i ricorrenti contrappongono quindi, inammissibilmente, all’apprezzamento in fatto delle risultanze probatorie contenuto nella sentenza impugnata un proprio diverso apprezzamento in fatto, tentando di indurre la Corte ad un riesame del materiale probatorio, attività estranea all’oggetto del giudizio di cassazione.

Denunciano poi la presenza di un vizio di motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria, facendo riferimento ad una nozione di vizio di motivazione non più vigente al momento della proposizione del ricorso.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza della ricorrente, la Corte, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Pone a carico dei ricorrenti le spese di giudizio sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre contributo spese generali ed accessori.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2017

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